Ticino

'Qui a Ginevra era come se si fosse vinto un Mondiale'

L'impresa della Nazionale. Il locarnese Marco Giugni: piazze piene, un entusiasmo mai visto. Manuele Bertoli: se il gruppo c'è, si ottengono risultati strabilianti

Il presidente del governo e capo del Decs Manuele Bertoli (Ti-Press)
29 giugno 2021
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«Ieri sera qui a Ginevra era come se la Svizzera avesse vinto un Mondiale. Entusiasmo alle stelle. Strade e piazze colme di gente, clacson, bandiere... Una fiera pazzesca. A un certo punto ho dovuto chiudere le finestre. C'è chi ha scritto sui social di non aver mai visto una città così. Confermo». Marco Giugni, nato e cresciuto a Locarno, a Ginevra risiede dal 1984, da quando ha cominciato gli studi universitari. Cinquantotto anni, Giugni è professore di scienze politiche, autore di studi sui movimenti di protesta in Svizzera. «Stavolta non c'era alcun motivo per protestare... C'era solo da festeggiare una serata di grande calcio, una serata indimenticabile, lo dico sia come tifoso sia come ginevrino d'adozione», racconta. «Francamente - continua Giugni - non mi aspettavo una reazione così gioiosa. Che però mi sorprende fino a un certo punto, considerata la mai sopita rivalità tra ginevrini e francesi, simile del resto a quella fra ticinesi e italiani». Già, ginevrini e ticinesi: ad accomunarli è il fatto di vivere in cantoni di frontiera. «Si confina con un Paese nella cui cultura e nelle cui mode non di rado ci si riconosce, ma poi quando gioca la Nazionale rossocrociata il senso di appartenenza alla Svizzera e ai suoi valori prevalgono nettamente. E il grande entusiasmo di queste ore è per aver battuto un vicino di casa che a volte si ammira e a volte si detesta e che sulla carta era decisamente più forte. Soprattutto per averlo battuto in quel modo. Ciò che sembrava impossibile è diventato possibile».  

Il direttore del Decs: lo sport come fattore di integrazione sociale 

Una missione che pareva impossibile. «Questa clamorosa vittoria - evidenzia il direttore del Dipartimento educazione cultura e sport Manuele Bertoli - è la dimostrazione che se c'è il gruppo, nel quale ognuno, tirando fuori il meglio di sé, fa la propria parte in funzione del conseguimento di un obiettivo, si possono ottenere risultati strabilianti. Certo, ci sono le imprese dei singoli, le occasioni colte e non colte, come può essere un rigore sbagliato..., ma alla fine ciò che conta è il gruppo. Credo che quello dato lunedì dalla Nazionale sia un esempio per tutti quei ragazzi e tutte quelle ragazze che praticano o intendono praticare uno sport di squadra». Lo sport di squadra inteso anche «come fattore di integrazione sociale: lo attesta la Nazionale di calcio, da tempo multietnica», ricorda il presidente del Consiglio di Stato: «Ed è un fattore molto importante in particolare nei Paesi che hanno conosciuto o conoscono una forte immigrazione».