Il direttore del Decs è andato nel modo più nobile verso una sconfitta annunciata. Ricreazione finita per chi l’ha provocata, Plr in primis: ora riforme
La decisione del Gran Consiglio di affossare la sperimentazione per il superamento dei livelli in terza media è una sconfitta politica cocente per il direttore del Decs Manuele Bertoli, che negli ultimi anni si è impegnato e speso a più riprese su questo tema. Una sconfitta, quella segnata dalla risicata maggioranza del parlamento, che segue quella popolare sulla riforma di più ampio respiro de ‘La scuola che verrà’ nel settembre 2018. A Bertoli va concesso l’onore delle armi. Ha lottato con fermezza, cercato in ogni modo di far passare un progetto a lui caro e che avrebbe voluto con tutto se stesso rendere bandiera del suo periodo in Consiglio di Stato. Non è andata così. E ieri quei pugni picchiati forte sul suo banco davanti alle ‘velate’ accuse mosse al suo Dipartimento di aver allestito un rapporto bugiardo sulla consultazione hanno mostrato un uomo solitario, confrontato con la bocciatura di un progetto cui ha legato gli ultimi anni in Consiglio di Stato, ma non ‘triste’ come nel romanzo di Osvaldo Soriano. Fiero, semmai. Anche davanti alla sconfitta. Gliene va dato atto.
Lo stop definitivo all’idea del Decs di superamento dei livelli, è però il punto di partenza per una riforma che deve assolutamente avere al centro la politica. Politica che nella sua larghissima maggioranza, a parole, in mesi e mesi di dibattito si è dichiarata a favore di questo passo. Ma sempre con la postilla del ‘non come proposto dal Decs’. Ebbene, per smentire la percezione di aver votato contro per semplice sentimento ostativo nei confronti del direttore del Decs e/o del Dipartimento tutto - comprese, sulla trasparenza, illazioni che senza prove rimangono tali -, e per non far pensare che il tutto per qualcuno sia solo mirato a riprendersi il Decs, adesso devono seguire proposte concrete.
Per il Plr, tra i principali oppositori nella consultazione, è stato finora sufficiente spiegare la propria proposta alternativa con riferimenti a “una differenziazione di parte dell’insegnamento, tra chi vuole un insegnamento più pratico rivolto agli aspetti tecnologici e applicativi, e chi invece preferisce il percorso più generalista e di approfondimento delle discipline tradizionali” come fatto dal presidente Alessandro Speziali intervistato dalla ‘Regione’ la settimana scorsa. Fino a quando il tabellone dell’aula si è riempito di pallini colorati e il rosso ha prevalso sul verde poteva andare bene. Ora si entra in una fase nuova, e il Plr per primo ha il compito di mostrarsi non ideologico e di presentare qualcosa più di un’opinione e di un concetto: una proposta pratica e concreta che tramuti il pensiero in azione diretta. Il Plr e chi ieri si è opposto alla sperimentazione biennale deve comunque fare i conti con buonissima parte del mondo studentesco e con i docenti che sostenevano la sperimentazione voluta dal Decs, assieme a un organo importante come la Conferenza cantonale dei genitori. “Siamo una voce ben presente nella scuola”, ci disse sempre Speziali. Lo dimostri, lui e il Partito liberale radicale, con un passaggio dalla contestazione costruttiva alla proposta concreta che non può prescindere da un punto di partenza.
‘Inclusione’ non è una parolaccia. Se è vero che il mondo del lavoro sta vivendo cambiamenti drastici e che quindi è importante che un giovane che esce dalla scuola sia già pronto per un impiego, è altrettanto vero che quando si pensa a istruzione e sbocchi lavorativi deve valere un principio totalmente liberale: le opportunità di partenza devono essere pari per tutti.