I granconsiglieri diventano ‘giudici’. Una trentina le opposizioni dei Comuni che chiedono deroghe per le opere sovra regionali
La settimana prossima il Gran Consiglio si trasformerà in autorità giudicante e affronterà, tra le varie cose, le decisioni sui ricorsi contro le modifiche del Piano direttore cantonale nr. 12 del 2018. In particolare quelle che riguardano le schede R1 ‘Modello territoriale cantonale, la RS6 ‘Sviluppo degli insediamenti e gestione delle zone edificabili e la R10 ‘Qualità degli insediamenti’. Un dossier molto corposo che verrà discusso con la forma della procedura scritta. In pratica non ci sarà discussione, se non gli interventi dei soli relatori ed eventualmente di singoli deputati e del consigliere di Stato competente, il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali, se lo vorrà. Eppure si tratta di un tema cruciale per lo sviluppo territoriale del Ticino dei prossimi due decenni. Entro il 2040, per esempio, stando alle proiezioni dell’Ufficio di statistica, gli abitanti dovrebbero aumentare di 66mila unità.
«Il rapporto è stato sottoscritto all’unanimità in seno alla Commissione speciale per la pianificazione del territorio», spiega Giovanni Berardi (Ppd), uno dei relatori del rapporto. Il secondo relatore è Eolo Alberti (Lega). «Normalmente è così. La procedura scritta si chiede per rapporti non controversi, accettati da tutti i gruppi politici», continua il deputato popolare democratico che spiega: «Il Gran Consiglio in questa fase è anche autorità giudicante. Il rapporto contiene anche le proposte di decisione sui ricorsi di vari Comuni e associazioni. Anche solo ricordare in aula tutti gli estremi diventerebbe un lavoro estenuante e ridondante», continua ancora Berardi. Inutile, in poche parole.
Sono trentatre i ricorsi da evadere, di cui uno dell’Associazione dei Comuni ticinesi, uno dell’Ente regionale di sviluppo del Locarnese e un altro dell’Ers del Luganese. Quest’ultimo lo ha presentato anche per conto di altri 19 Comuni. «Per alcuni di questi c’è una bozza di decisione che accoglie parzialmente il ricorso; per altri si propone di respingere», afferma Berardi che fa una premessa: «Si tratta di questioni tecniche regolate anche da norme federali. I margini di valutazione politica sono quasi inesistenti».
La legge federale sulla pianificazione del territorio (Lpt), rivista nel 2012, mira a promuovere uno sviluppo degli insediamenti verso l’interno, cercando di controllare le dimensioni e l’ubicazione delle zone edificabili in modo da tale da mettere un freno alla dispersione incontrollata degli insediamenti. In particolare l’articolo 15 della Lpt, oltre a fissare una serie di criteri in merito alle dimensioni delle zone edificabili, prevede anche che l’ubicazione e le dimensioni delle zone edificabili siano coordinate al di là dei confini comunali e formula le condizioni da osservare per assegnare un terreno a una zona edificabile.
E sono proprio i ricorsi pendenti e che lunedì prossimo il Gran Consiglio affronterà, a impedire l’approvazione da parte del Consiglio federale del Piano direttore e la delimitazione di nuove aree edificabili. Fu lo stesso Ufficio federale dello sviluppo territoriale a informare il governo ticinese di questo stop il primo maggio del 2019.
“A titolo eccezionale, i Comuni, previa approvazione del Cantone, possono delimitare nuove zone per insediamenti di preminente interesse pubblico sovra comunale (servizi di pronto intervento, zone produttive mirate, infrastrutture pubbliche, ecc.) che: non è possibile inserire nelle zone edificabili esistenti; richiedono soluzioni praticabili a corto termine; nel caso di nuove zone produttive mirate, si possa ritenere plausibile un insediamento duraturo delle aziende interessate. Per questi casi il compenso può essere definito in un secondo tempo, ma al più tardi entro cinque anni”. È questo il tenore delle decisioni che accolgono parzialmente i ricorsi di molti Comuni. È un modo per aumentare le zone edificabile al di fuori delle delimitazioni? «È una norma rivendicata dai Comuni e analoga a quella riservata per sé dal Cantone, ovvero di poter realizzare opere pubbliche di interesse cantonale qualora ce ne fosse bisogno. La scheda R6 è stata quindi modificata tenendo conto anche delle esigenze dei Comuni». «Ma non è un via libera indiscriminato», continua Berardi. «Per prima cosa c’è bisogno dell’approvazione delle autorità cantonali e l’infrastruttura deve rispettare quanto previsto dai piani regolatori locali. L’idea di fondo è sempre quella di evitare la dispersione insediativa e di territorio, conclude l’esponente del Ppd che precisa: «Sarà sempre l’autorità federale, in questo caso l’Ufficio della pianificazione territoriale (Are), a dare parere positivo o negativo alle modifiche del Piano direttore cantonale che dovranno sempre essere coerenti con quanto previsto dalla legge federale, pena la bocciatura».