I deputati Marco Noi (Verdi) e Fabrizio Garbani Nerini (Ps) commentano la decisione del Consiglio federale
"In Ticino le zone edificabili sono più estese di quanto presumibilmente necessario". A metterlo nero su bianco è il Consiglio federale, che ha approvato nella seduta di ieri il Piano direttore cantonale ticinese. La precisazione ha però un peso notevole: i comuni a sud della Alpi dovranno infatti "rivedere le proprie zone edificabili e, all’occorrenza, ridurle". Quando? "In occasione della revisione della pianificazione locale". A far cambiare lo scenario, ha spiegato l’autorità federale, è lo sviluppo demografico negativo ipotizzato dall’Ufficio federale di statistica (Ust) per il Ticino. "Il cantone non sfrutterà integralmente le sue zone edificabili entro quindici anni. I comuni dovranno quindi riesaminare le proprie zone edificabili, che andranno ridimensionate in modo ancora più coerente". Il Consiglio federale non riconosce però un errore del governo cantonale: "al momento di presentare il piano direttore nel 2018, il cantone aveva ipotizzato uno scenario demografico corretto all’epoca, ma nel frattempo divenuto obsoleto". Non si poteva quindi fare nulla? Per i deputati in Gran Consiglio Marco Noi (Verdi) e Fabrizio Garbani Nerini (Ps) un margine ci sarebbe stato, nel 2021, quando il Gran Consiglio ha evaso i ricorsi di diversi comuni.
«Ciò che balzava all’occhio nei dibattimenti parlamentari - afferma Marco Noi - era che la Cate, la Commissione ambiente, territorio ed energia, aveva fatto carte false per edulcorare l’impatto del sovradimensionamento delle zone edificabili. Da una parte gonfiando l’aspettativa di aumento demografico – vennero considerati gli scenari demografici 2016 decisamente più generosi degli scenari 2020 – e dall’altra parte riducendo artificiosamente il grado di sfruttamento delle riserve di terreni liberi e sottosfruttati». Aggiunge Noi: «Se dai calcoli del Consiglio di Stato, poi confermati dalla Cate, risultava solo un leggero sovradimensionamento delle riserve con un grado di sfruttamento del 99.6 per cento, dalla revisione del Consiglio federale svolta sui nuovi scenari demografici si è passati a un tasso del 95.6 per cento, ovvero un sovradimensionamento ben più pronunciato. Questo significa che i Comuni dovranno fare o rifare (per chi ha già allestito il proprio programma d’azione) il calcolo del dimensionamento delle proprie riserve e qualora risultassero sovradimensionate deve proporre le misure di aggiustamento. Nel contempo non saranno più possibili nuovi azonamenti senza che avvenga una compensazione diretta immediata e non entro cinque anni come il Gran Consiglio aveva deciso». La decisione del Consiglio federale, prosegue Noi, «non può che rallegrarci, perché Verdi del Ticino e Partito socialista si erano battuti, dapprima in Commissione, e in seguito in Gran Consiglio, anche con emendamenti, per l’utilizzo di parametri di riferimento più orientati alla salvaguardia del nostro territorio. Sconfessati dalla maggioranza parlamentare, otteniamo ora soddisfazione dal Consiglio federale».
Dello stesso avviso anche il collega Fabrizio Garbani Nerini: «A conti fatti la nostra visione era quella giusta». Questo, sostiene il deputato socialista «perché avevamo segnalato che le previsioni fatte erano troppo ottimistiche. E pensare che una parte parlamentare, non la nostra ovviamente, voleva stabilire parametri ancora più blandi adesso bisogna un po’ rifare i compiti. Il punto più dolente e difficile riguarderà i comuni quando dovranno intervenire sulle proprie zone edificabili. è una cosa che va fatta ma resta un’operazione difficile. Soprattutto nei comuni di fascia periurbana».
Proprio i ricorsi dei comuni sono, secondo il Dipartimento del territorio, tra il motivo del ritardo e della modifica chiesta ora da Berna: "A causa dei ricorsi in Gran Consiglio l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale ha sospeso la procedura d’approvazione federale, riattivandola solo al momento dell’evasione degli stessi", si legge nel comunicato. A quel punto "è stata indicata da Berna la necessità di fare riferimento agli scenari demografici 2020 che prevedono una riduzione rispetto a quelli del 2015, adottati dal Consiglio di Stato". Un approccio che il governo cantonale contesta poiché "le direttive federali permettono ai Cantoni di utilizzare scenari diversi da quelli dell’Ust se comprovati da dinamiche positive in essere in merito ai residenti e ai posti di lavoro".