Dato in controtendenza rispetto ai dati nazionali, dove il crollo degli ospiti stranieri non è stato compensato dall'aumento della clientela svizzera
La stagione invernale 2020/2021 (cioè il semestre che va da inizio novembre a fine aprile) si è rivelata difficile per il turismo elvetico: il crollo degli ospiti stranieri (-70%) non è stato infatti completamente compensato dall'aumento della clientela elvetica (+17%).
Stando ai dati diffusi stamani dall'Ufficio federale di statistica (Ust) a livello nazionale sono stati registrati 9,4 milioni di pernottamenti, con una flessione del 26% su base annua.
L'unica regione in contro tendenza è il Ticino, che segna +88% a 688'000 pernottamenti. Sulla crescita gioca l'effetto base (nella stagione precedente le notti erano state 365'000), ma non solo: il dato assoluto è infatti anche ampiamente superiore ai 622'000 del 2018/2019 (+11%). Va peraltro anche considerato che quello invernale non è il semestre principale per gli operatori a sud delle Alpi.
I Grigioni, che invece sono il principale polo di attrazione elvetico del turismo invernale, hanno limitato le perdite nel 2020/2021, con un -7% (a 2,2 milioni), mentre il Vallese ha arretrato del 13% (a 1,5 milioni). Seguono la regione di Berna (-22% a 1,2 milioni), quella di Lucerna (-18% a 862'000) e quella di Zurigo (-63% a 745'000), che insieme a Ginevra (-68% a 333'000) risulta essere la zona più toccata dal calo.
A pesare fortemente - soprattutto nelle ultime realtà citate, quelle urbane - è stato il crollo della domanda estera, che ha generato solo 1,9 milioni di notti, contro 6,3 milioni nel 2019/2020. Gli svizzeri hanno invece trascorso maggiormente le vacanze in patria: le notti sono state 7,5 milioni, in aumento di 1 milione. I soggiorni di ospiti elvetici negli alberghi sono comunque limitati in media a 2,2 notti e anche gli stranieri non stanno molto più a lungo, con 2,8 notti.
Tornando ai dati complessivi e guardando i singoli mesi, novembre (-57%), dicembre (-50%), gennaio (-58%) e febbraio (-40%) presentano forti cali su base annua, mentre marzo (+47%) e aprile (+802% a 1,7 milioni) hanno mostrato un'impennata rispetto ai corrispondenti mesi del 2020, quando erano state introdotte le restrizioni sanitarie più drastiche per far fronte all'epidemia di coronavirus. La domanda dei due mesi in questione rimane però sensibilmente inferiore a quella di marzo (-44%) e aprile (-27%) del 2019.