Il cantone italofono mostra numeri in forte crescita e superiori a quelli del 2019 grazie alla domanda indigena
Il settore alberghiero svizzero si è presentato in ripresa nel primo semestre, ma appare ancora lontano dai livelli pre-Covid. Il Ticino fa però discorso a sé, potendo mostrare numeri non solo in forte crescita, ma anche superiori a quelli del 2019.
Stando ai dati diffusi oggi dall'Ufficio federale di statistica (Ust) nel periodo gennaio–giugno nella Confederazione sono stati registrati 11,4 milioni di pernottamenti. Vi è stato un aumento del 14% rispetto allo stesso periodo del 2020, ma il dato è ancora ben lontano dai 18,8 milioni osservati nel primo semestre 2019: la flessione è del 39%.
Quest'anno il comparto è stato sostenuto dagli ospiti svizzeri (+55% a 9,2 milioni), in particolare a partire dal mese di marzo, mentre è crollata la domanda estera (-45% a 2,2 milioni; -79% rispetto al 2019). L'evoluzione dei singoli mesi si è rivelata gioco forza fortemente dipendente dalle restrizioni legate alla pandemia, con una punta del +802% per aprile. Giugno – i dati sono nuovi – presenta un incremento su base annua del 55% a 2,3 milioni di notti.
Tornando ad osservare l'intero semestre, a livello di regioni turistiche dieci su tredici mostrano un aumento su base annua: il più marcato viene fatto segnare dal Ticino (+173% a 1,2 milioni), che è anche l'unica zona che mostra una crescita, pari al 27%, nel confronto con la prima parte del 2019. Il cantone italofono ha approfittato del boom della domanda indigena: +234% sull'arco di un anno.
I Grigioni segnano +6% a 2,2 milioni, ma sono ancora in perdita rispetto a 2,7 milioni del corrispondente periodo del 2019. Ancora più marcati, nel confronto con il periodo pre-crisi, sono però i cali di Berna, Vallese, Svizzera centrale e soprattutto di realtà urbane come Zurigo e Ginevra, che hanno subito un'ulteriore perdita (rispettivamente del 24% e del 31%) rispetto ai già deboli primi sei mesi 2020.
Guardando ai paesi di provenienza degli ospiti e limitando lo sguardo al confronto semestrale fra 2021 e 2020, spicca l'arretramento di tedeschi (-20%), italiani (-21%), inglesi (-84%) americani (-78%), cinesi (-92%) e cittadini dei paesi del Golfo (-75%). In contro tendenza, oltre ai francesi (+3%), sono polacchi (+137% a 118'000 notti: è ormai la quarta comunità di provenienza in ordine di importanza), slovacchi (+29%), rumeni (+24%) e bulgari (+12%).