L'Eoc apre in Ticino il Centro malattie genetiche rare per adulti e bambini: ne soffrono 7 svizzeri su 100. Ramelli: ‘Non vogliamo lasciarli soli’
Quando nessuno capisce perché stai male, se c’è una cura o una speranza di stare meglio, è davvero dura. Si stima che 25mila ticinesi (tra cui anche bambini) convivono con una malattia rara, alcuni di loro senza saperlo, altri obbligati a peregrinare da uno specialista all’altro senza ritrovarsi alla fine con una diagnosi certa. Odissee diagnostiche che a volte si concludono con la risposta che è un male psicosomatico. Per questi pazienti ora c’è un punto di approdo, dove trovare risposte, una diagnosi, sostegni mirati, anche sociali, grazie ad un team multidisciplinare di specialisti: è nato il nuovo Centro malattie rare della svizzera italiana (Cmrsi), patrocinato dall’Ente ospedaliero e dall’Associazione malattie genetiche rare della Svizzera italiana, con due porte di accesso (il Neurocentro della Svizzera italiana a Lugano per i pazienti adulti e l’Istituto pediatrico della Svizzera italiana (Ips) a Bellinzona per i bambini).
Con il Ticino, i centri diventano nove in Svizzera. «Siamo felici di aver ricevuto il riconoscimento ufficiale da parte del Coordinamento nazionale malattie rare Kosek, che ci permette di aprire questa importante struttura», ci spiega il professor Gian Paolo Ramelli, neuropediatria e primario all’IPS che ha guidato il progetto con il prof. Alain Kaelin, direttore medico e scientifico del Neurocentro. «Abbiamo creato il CMRSI - spiega Ramelli - sfruttando organizzazione e competenze già esistenti». Fino ad ora i pazienti hanno faticato parecchio ad ottenere informazioni esaustive, l’accesso a istituti specializzati e la possibilità di rivolgersi a medici esperti. Tutto questo ora dovrebbe cambiare.
Colpiti 7 svizzeri su cento
Si stima esistano tra 6mila e 8mila malattie rare, anche se nella letteratura ne vengono descritte regolarmente di nuove. Sono patologie non comuni (che riguardano 5 casi ogni 10mila abitanti) spesso di origine genetica che creano sofferenza, possono portare alla morte o all’invalidità cronica. Sembrano numeri piccoli, ma in realtà messe tutte insieme, le malattie rare bussano alla porta di 7 svizzeri su 100, ossia circa 580 mila persone. Il nuovo centro in Ticino stima di accogliere una ventina di pazienti l’anno.
Soprattutto i medici di famiglia hanno un ruolo importante. “Sia il curante, sia il paziente stesso potranno contattare il centro, dove un'infermiera dell’associazione malattie genetiche valuterà come aiutare. Se non c’è una diagnosi, il paziente verrà preso in carico dal team multidisciplinare di specialisti del CMRSI che farà tutti gli accertamenti diagnostici e, una volta chiarito il problema, lo indirizzerà a un centro di riferimento. Se il paziente ha già una diagnosi, verrà messo in contatto con un esperto per la sua malattia in Ticino o in Svizzera».
Il prof Gian Paolo Ramelli, neuropediatria, primario all'Istituto pediatrico della Svizzera italiana
Fare una corretta diagnosi è il punto critico, perché gran parte di queste malattie rare, in prevalenza di origine genetica, sono poco conosciute, ci sono pochi studi e poca letteratura, i primi sintomi possono manifestarsi già poco dopo il parto o durante l’infanzia. «Purtroppo non per tutti c’è una cura efficace. Ma negli anni, grazie alla genetica, strumenti diagnostici e terapie sono migliorati molto e non vogliamo lasciare questi pazienti soli quando possiamo migliorare la loro qualità di vita».
I problemi da affrontare sono numerosi: “Oltre ad avere una diagnosi affidabile, c’è il problema di veder riconosciuto il proprio problema di salute dal datore di lavoro e dalle assicurazioni sanitarie. A volte gli aiuti sociali ci sono ma i pazienti non li conoscono e quindi non possono accedervi», precisa il prof. Ramelli.
Gli chiediamo che cosa significa per un pediatra non poter aiutare un bambino ammalato. «Guardi purtroppo capita ed ogni volta è una grossa frustrazione e una grande sofferenza. Non poter dare un futuro a chi si affaccia sulla vita e speranza ai suoi genitori è molto logorante come medico, come uomo, come padre», sottolinea.
Per lungo tempo questi pazienti sono stati lasciati soli, ma poi la politica si è data una mossa. Nel 2016 il Consiglio federale ha approvato un piano nazionale di sostegno che prevede la creazione di centri di riferimento per le malattie rare, garantire l’accesso e il rimborso per gli esami diagnostici e le terapie, promuovere ricerca e formazione. I primi centri sono nati negli ospedali universitari. A fine maggio il Coordinamento nazionale Kosek ha dato luce verde a tre candidature, Ticino, Aarau e Lucerna, ora i centri sono nove. «Lavorare in rete con gli altri centri nazionali è un grande vantaggio per tutti i pazienti».
Ora che anche in Ticino c’è un Centro dedicato alle malattie rare è un ottimo traguardo ma c’è ancora molto da fare. Il prossimo obiettivo, precisa Ramelli, «sarà definire i centri di referenza per le singole malattie rare, dove inviare i pazienti se non si possono curare in Ticino e anche creare un registro di questa patologie», conclude il pediatra.