L'ormai ex editore: "Salvati gli impieghi". Il nuovo direttore: "Non sarà una 'settima edizione' del quotidiano". Spazio anche allo sport.
Un breve ‘comunicato dell’editore’ in calce alla prima pagina, racchiuso da una cornicetta nera un po’ funebre: è così che ‘Il Caffè’ annuncia la fine delle pubblicazioni, prevista con l’uscita del 4 luglio. Il domenicale con sede a Locarno – fondato nel 1994 e pubblicato ininterrottamente nella sua forma attuale dal 1998 – sarà sostituito da ‘La Domenica’, un nuovo settimanale anch’esso in distribuzione gratuita nelle consuete ‘cassette’. Direttore della nuova testata sarà lo stesso del Corriere del Ticino, Paride Pelli, e la redazione si sposterà nella newsroom di Muzzano. Salvi i lavoratori: mentre il direttore Lillo Alaimo – che al momento non commenta la vicenda – e il collega Clemente Mazzetta andranno in pensione per raggiunti limiti di età, gli altri giornalisti e il resto del personale si trasferiranno nella nuova sede mantenendo mansioni e inquadramenti analoghi.
«Era la cosa che mi stava più a cuore», ci dice Giò Rezzonico, fondatore ed editore del Caffè. «È importante mantenere una continuità dopo decenni di giornalismo indipendente e scomodo, ma volto al rafforzamento della democrazia. Ora d’altronde non temo per questa indipendenza: il trasferimento di proprietà dalla Rezzonico Editore Sa al gruppo del Corriere sta avendo luogo secondo tappe pianificate ormai da cinque anni, e in questo lungo periodo posso affermare senza timore di essere smentito che la redazione non ha mai ricevuto la benché minima pressione sui contenuti». Il trasferimento è avvenuto in parallelo all’uscita dalla proprietà di Ringier, rimpiazzata appunto dal Corriere. Anche le altre pubblicazioni dell’editore – la germanofona ‘Tessiner Zeitung’ e numerosi prodotti rivolti ai turisti – resteranno attive sotto l’ombrello del gruppo Cdt.
Il problema, come sempre nei perigliosi mari dell’editoria e dell’economia sotto Covid, sono i soldi: «Il Caffè non è più finanziariamente sostenibile», ammette Rezzonico. «Nel corso degli ultimi dieci anni abbiamo perso oltre due terzi delle entrate pubblicitarie, com’è successo d’altronde a gran parte dei media, con l’aggravante che nel caso di un giornale gratuito non si può compensare questa tendenza rivolgendosi agli abbonati». Anche i recenti aiuti di Berna hanno ‘dimenticato’ i domenicali: «Posso anche capirlo, dato che si tratta di esempi isolati. Resta il fatto che agevolazioni vincolate a sconti sulla spedizione non servono a giornali come il nostro, che non possono essere distribuiti con la posta».
Rezzonico ci aiuta anche a ripercorrere la genesi di un giornale che ha ottenuto riconoscimenti nazionali per la qualità delle sue indagini, spesso imbarazzanti per la politica e le élite economiche. «Siamo nati come semplice agenda delle attività per il tempo libero, soprattutto cinema, distribuita nei bar in collaborazione con GastroTicino: un modello che avevamo visto in Italia e abbiamo voluto replicare, dopo che avevamo lasciato l’esperienza dell’Eco di Locarno e successivamente della Regione. Ci mancava però un vero giornale, gli stessi lettori dell’agenda sollecitavano la presenza di articoli. In un primo tempo siamo stati sostenuti dalla pubblicità della grande distribuzione, ma il grande salto è avvenuto nel 1998, grazie all’ingresso del gruppo editoriale Ringier nell’azionariato. Fu al Festival di Locarno di quell’anno che nacque l’accordo con Michael Ringier». A permettere la nascita di un nuovo domenicale fu anche un momento di difficoltà del Mattino della domenica, spiega Rezzonico: «In quell’anno il domenicale leghista si lanciò in una campagna delirante per difendere la piazza finanziaria svizzera dalle pressioni della giustizia americana. Era il famoso scandalo sugli averi degli ebrei, e molti ravvisarono addirittura toni antisemiti. Il risultato fu un collasso di entrate pubblicitarie che noi riuscimmo a intercettare» (diversa la versione del ‘Mattino’, che sull’edizione di oggi scrive di un Caffè “creato con l’obiettivo partitico di affossare il Mattino della domenica e con esso la Lega”).
Ora che la pensione si avvicina e il futuro dell’unico domenicale apartitico ticinese passa ad altri, Rezzonico ci tiene a ricordare «quello che siamo riusciti a fare e a ottenere. Fu per esempio il Caffè a sollevare il caso del Ticinogate, che portò alle dimissioni di un importante magistrato ticinese. È invece recente la vittoria in tribunale nella vertenza con la Clinica Sant’Anna, che riteneva a torto di essere stata danneggiata dai nostri articoli in cui denunciavamo un grave errore medico». Il ringraziamento di Rezzonico va infine alla redazione, e soprattutto «all’amico Lillo Alaimo, dopo quarant’anni di collaborazione senza i quali tutto questo sarebbe stato impensabile. Resto legato a lui da una comune idea di giornalismo. Certo, il nostro rapporto non è sempre stato facile: in alcuni momenti difficili abbiamo avuto opinioni diverse, anche in occasione di quest’ultima crisi. Ma quell’amicizia rimane solida, come solido è il ricordo di quanto fatto assieme».
Nel frattempo, per il futuro direttore della ‘Domenica’ Paride Pelli «si tratta di un’acquisizione strategica, che ci permette di raggiungere anche lettori molto diversi da quelli già abbonati al quotidiano. È chiaro quindi che non potrà trattarsi di una ‘settima edizione’ del Corriere, ma di un prodotto che mantenga la sua forza autonoma e la sua ‘scomodità’, anche nelle inchieste». Per fidelizzare i 70mila lettori e far loro scoprire l’ecosistema Cdt «saranno importanti l’osmosi e le sinergie col resto della redazione. L’idea è quella di offrire anche letture lunghe, approfondimenti, con un’impaginazione che sarà armonizzata a quella del quotidiano, ma non sarà identica». Un posto nuovo l’avrà lo sport: «Vogliamo rispolverare la testata ‘L’Eco dello sport’, pubblicazione che ha lasciato il segno soprattutto negli anni Novanta. Penso che il rilancio di questo brand possa conquistare l’attenzione di un pubblico trasversale, da quello magari più nostalgico ai giovani».
Sul piano occupazionale, Pelli sottolinea che «la priorità è stata quella di mantenere la redazione». Quanto ai collaboratori esterni che oggi contribuiscono alle pagine del ‘Caffè’, il neodirettore spiega: «L’intenzione è quella di mantenerne un buon numero, compatibilmente con la sostenibilità finanziaria del progetto e le entrate pubblicitarie». A Pelli riporterà l’intera redazione, «con un ruolo di riferimento e di coordinamento che pensiamo di affidare a Mauro Spignesi, persona di grande esperienza al Caffè, ferma restando l’intenzione di valorizzare tutti».
Ma c’è chi si preoccupa. “Il giornalismo d’inchiesta è in lutto”, ha esordito giorni fa il quotidiano ‘Le Temps’ nell’anticipare una notizia che in verità era nell’aria da tempo. L’Associazione ticinese dei giornalisti (Atg) si dice soddisfatta per il mantenimento degli impieghi, ma aggiunge al suo comunicato: “Vigileremo con molta attenzione affinché quanto promesso venga effettivamente realizzato”. Atg chiede anche di sostenere le collaborazioni free-lance.
Più duro il sindacato Syndicom, secondo il quale il Corriere coglierebbe “l’occasione per dare il definitivo colpo di grazia alla pluralità d’informazione ticinese. La sostituzione di un giornale indipendente con un nuovo prodotto, gestito anch’esso dal direttore del Cdt, ne determinerà presumibilmente la standardizzazione e l’uniformazione agli altri media del gruppo in base principalmente agli interessi dell'editore e non certamente a quelli di un'informazione indipendente”.