Entro il 30 giugno 2021 e aziende con 100 o più dipendenti dovranno svolgere un’analisi interna della parità salariale, sottoposta poi a verifica indipendente
A pochi giorni dalla festa delle lavoratrici e dei lavoratori, la Commissione consultiva per le pari opportunità tiene a ricordare che, entro il 30 giugno 2021, le datrici e i datori di lavoro che impiegano 100 o più lavoratrici o lavoratori sono tenuti a svolgere un’analisi interna della parità salariale.
Il 1° luglio 2021 ricorreranno i 25 anni dall’entrata in vigore della Legge federale sulla parità dei sessi (LPar) che sancisce il divieto di discriminazioni tra uomo e donna nelle relazioni di lavoro. Il divieto si applica in particolare all’assunzione, all’attribuzione dei compiti, all’assetto delle condizioni di lavoro, alla retribuzione, alla formazione, alla promozione e al licenziamento. Nonostante la parità salariale sia una delle discriminazioni di genere vietate dalla LPar e dall’articolo 8 della Costituzione federale, in 25 anni la Svizzera non è ancora riuscita a eliminare il divario salariale tra donna e uomo. Le cifre ticinesi mostrano infatti che le disparità salariali sono del 17.3% nel settore privato e dell’8.7% nel settore pubblico.
Lo scorso anno è entrata in vigore una modifica della Legge federale sulla parità dei sessi (LPar) che mira a migliorare il rispetto della parità salariale tra donna e uomo (art. 13a-13i LPar). Gli enti e le aziende che impiegano 100 o più collaboratrici e collaboratori sono tenuti a effettuare un’analisi interna della parità salariale entro il 30 giugno 2021.
Oltre all’analisi della parità salariale le disposizioni richiedono agli enti e alle organizzazioni di incaricare un organo indipendente di verificare l’analisi effettuata e di comunicare i risultati per iscritto al personale.
Con la modifica della Legge federale sulla parità dei sessi la Commissione consultiva per le pari opportunità è convinta che gli enti e le aziende sottoposti ai nuovi obblighi di legge saranno tenuti a riflettere sulle proprie pratiche salariali, contribuendo così a ridurre le disparità di salario tra i sessi.