Prima giornata di distribuzione dei kit finanziati dalla Confederazione. C’è però chi esprime dubbi sull’uso in autonomia di questi dispositivi
Sono le 10.30 e da una farmacia del Bellinzonese esce una mamma con bambino in braccio e un sacchettino fra le mani. In quel sacchetto ci sono i test fai da te per il Covid–19. Per quale motivo ha deciso di ritirare i kit? «Sono spesso a contatto con persone a rischio, quindi meglio un test in più che uno in meno. Li userò quando avrò dei sintomi o quando dovrò andare a trovare qualcuno», ci racconta. Proseguiamo verso la farmacia Nazionale di Bellinzona. «Devo dire che questo primo giorno sta andando molto bene», afferma la titolare. «C’è parecchia gente che richiede il kit, ma non si sono verificate le code annunciate». È stato necessario un impiego maggiore di personale? «No, siamo una farmacia a conduzione familiare e siamo riusciti a gestire il tutto con le nostre forze».
Anche alla farmacia San Rocco di Bellinzona si lavora a pieno regime e il farmacista responsabile è preoccupato per le telefonate e le visite, nei prossimi giorni, di chi avrà bisogno d’informazioni sull’uso dei kit: «Pochi chiedono come funzionano. È vero che sono presenti le istruzioni, ma ho la sensazione che molti li ritirino oggi dato che sono gratuiti e si preoccuperanno in seguito d’informarsi sul come usarli». Non manca la volontà d’istruire le persone ma «un conto è spiegare alcune volte qualcosa che arriva a molti, un altro è ripeterlo a centinaia di clienti. Per questo auspico un aiuto da parte dei media». Per illustrare il funzionamento a coloro che lo desiderano, la farmacia Contrada dei Patrizi di Pregassona ha diffuso un tutorial sui social, un aiuto per coloro che si sono recati a ritirare i test: «Le persone stanno rispondendo bene. Ci sono momenti con un po’ più di pressione però nel complesso funziona», dice la proprietaria. «Abbiamo preparato tutti i kit la settimana scorsa, ora non ci resta che registrare i clienti e distribuirli. Oggi ne abbiamo consegnati già diverse centinaia».
Pure alla farmacia Maggiorini di Locarno il ritmo è incalzante: «Sta andando come ci aspettavamo. Siamo abbastanza presi, ma ci siamo organizzati con maggiore personale», spiega il farmacista titolare. «Ci troviamo in una zona di passaggio e anche molti clienti svizzero–tedeschi hanno ritirato i test da fare a casa. L’afflusso è sostenibile, ma si sa: quando c’è qualcosa di gratuito la gente corre». Infatti, lo ricordiamo, il costo dei test è sostenuto dalla Confederazione, fino a un massimo di cinque kit al mese per persona. Ma le farmacie possono verificare se un cliente ha già ricevuto dei test in un altro dispensario? «A quanto pare è in corso di sviluppo un modo per permetterci di avere questa informazione, ma attualmente no», ci spiega Federico Tamò, portavoce dell’Ordine dei farmacisti del cantone Ticino (Ofct) e farmacista titolare della farmacia Malè. «Sicuramente la cassa malati che si occuperà della fatturazione lo vede e si occuperà di fatturare i test supplementari direttamente al paziente. L’obbiettivo è di cercare, nel limite del possibile, di non superare la cifra di cinque, proprio per permettere a ognuno di avere accesso a questi test. Ricordiamo comunque che oltre a essi abbiamo a disposizione un test rapido a settimana in farmacia o dal medico, preso a carico anche senza sintomi. Per non contare tutta la possibilità di depistaggio in caso di sintomi, anch’essa senza costi per il paziente. Insomma, non è necessario fare la scorta».
Il primo giorno di distribuzione dei test fa da te gratuiti si è svolto senza problemi anche nel resto della Svizzera, ha riferito la società svizzera dei farmacisti (pharmaSuisse). La domanda si è rivelata molto elevata, ma non si è assistito a una massa di clienti. Per quale motivo le farmacie non sono state prese d’assalto come successo precedentemente coi test rapidi e le mascherine? «Questa volta si sa che non c’è una carenza prevista e tangibile, che le quantità messe a disposizione sono molto alte e c’è posto per tutti», afferma Federico Tamò. «Anche il fatto che i kit fossero disponibili nella totalità delle farmacie riduce il carico di pressione. Nel caso dei test rapidi erano inizialmente meno di una decina a essere organizzate per il servizio». I test, come visto, sono arrivati negli scorsi giorni nelle farmacie in pacchi da 25. Non sempre sono bastati i dipendenti per far fronte alla mole di lavoro: «Sono state impiegate le risorse interne fin dove possibile. In alcuni casi è stato necessario fare appello ad amici, familiari o conoscenti che hanno dato una mano nel confezionamento».
Il settore è messo sotto pressione da più di un anno: «Sicuramente la stanchezza c’è e le ore non le contiamo più – prosegue Tamò –, però tutto quello che stiamo facendo è qualcosa al servizio della popolazione. Svolgiamo il nostro lavoro con molto orgoglio ed è appagante poter essere di sostegno. Nei momenti in cui c’è bisogno si vede quanto la rete capillare di farmacie che abbiamo in Ticino sia importante». È stato più volte spiegato dalle autorità sanitarie che il test fai da te sono destinati esclusivamente per gli asintomatici. Le persone hanno recepito il messaggio? «Credo di sì. L’importante è capire che questo strumento è qualcosa in più che non va a sostituire altri tipi di test, e nemmeno le misure di distanziamento, d’igiene delle mani e mascherina quando ci sono contatti ravvicinati. Sicuramente vanno utilizzati su persone asintomatiche e per dei contatti futuri con persone che non fanno parte dei gruppi a rischio. Per andare, per esempio a trovare la nonna in casa per anziani è meglio comunque tornare ad affidarsi su dei tamponi naso-faringei in farmacia», ha ricordato il farmacista.
Al banco della farmacia Internazionale di Chiasso un cartello annuncia la novità: dietro al pannello in plexiglas, ecco spuntare i nuovi test fai da te, appena imbustati. Da subito, sin dalla mattina, infatti, si è notato il viavai di residenti, frontalieri e persino turisti interessati a mettersi alla prova, con sé stessi e con il Covid. Curiosi ma anche un po’ timorosi. La dottoressa Chiara Merloni ci mostra il ‘bugiardino’ che accompagna la confezione al cui interno si trova tutto l’occorrente per auto testarsi. Le istruzioni per l’uso che guidano nella procedura a prima vista non sono proprio incoraggianti. «In effetti – racconta a ‘laRegione’’ la farmacista – tra coloro che si sono presentati per ritirare la quota di cinque test pagati dalla Confederazione, vi è chi ha già sollevato delle perplessità sulla modalità. Qualcuno immaginava fosse un test salivare. Altri si preoccupavano all’idea di doversi infilare nel naso e così profondamente il bastoncino. Si sono percepite un po’ di riserve da parte della popolazione. Al contrario, altre persone ancora si sono premunite per tutta la famiglia, ansiose di poterne usufruire».
Anche la dottoressa Merloni, però, ha qualche titubanza. «Abbiamo dei dubbi – ci conferma – che si possa fare da sé con un test che va toccare una parte così delicata del corpo». I professionisti, in realtà, hanno dovuto mostrare le credenziali e seguire una formazione ad hoc per procedere, oggi, ai test rapidi e nel futuro prossimo alla somministrazione del vaccino contro il Covid-19. "Nel momento in cui ci siamo interessati per ottenere le necessarie autorizzazioni (di cui siamo in attesa) – spiega la dottoressa Merloni –, abbiamo dovuto seguire tutto l’iter di preparazione, ben più approfondito di ciò che è il semplice gesto di dare in mano a un paziente un foglietto illustrativo. Non tutti conoscono a fondo l’anatomia umana. Sia chiaro, noi siamo qui a offrire un servizio e una consulenza. Ci lascia, però perplessi, lo ribadisco, che la persona comune possa riuscire con cognizione di causa in un test che, peraltro, ha le sue limitazioni nel certificare il risultato». Come dire che, chi non se la sente, opterà ancora per i test rapidi o molecolari. «Vedremo quale sarà l’impatto sulla popolazione».