Alla sua 35esima transumanza invernale, il pastore di Corticiasca racconta come vede cambiare natura e clima. “Una volta c'era erba ovunque”.
Si definisce uno spirito libero, gli piace essere padrone di se stesso, ama vivere al ritmo della natura; i suoi tre asini, i tre cani e le pecore lo sentono. Come un pifferaio magico lui si mette in marcia con passo calmo e sicuro. Mille ovini lo seguono, a volte in fila indiana, a volte in gregge, ma sempre con gli occhi puntati sul loro pastore. Occhi azzurri, sguardo sagace, Rudy Canonica, 53 anni, di Corticiasca ha appena terminato la sua 35esima transumanza nel Mittelland. Sono una ventina gli allevatori che gli consegnano le loro pecore. Partito da Belp, ha attraversato, giorno dopo giorno, tra lo scorso dicembre e metà marzo, il distretto dei laghi bernesi e l’altopiano centrale. Ad accompagnarlo c’era Silvia, 37 anni, artista, amante della pastorizia. Di villaggio in villaggio, la gente aspetta la carovana di Rudy, c’è chi lo invita a cena, chi gli porta il caffè, i bambini sono felici quando possono accompagnarlo per un tratto di strada. “A furia di percorrerla a piedi ho la mappa in testa e conosco ogni angolo dove trovare il cibo per gli animali”, dice Rudy. Bandana in testa, bastone, camicia con le maniche arrotolate e un sorriso aperto. Schivo ma anche disponibile: “Sai, questo lavoro mi ha insegnato la pazienza e sono un buon osservatore. Da tempo ormai, di anno in anno vedo cambiare il territorio, il clima e questo mi preoccupa. Alle generazioni future stiamo lasciando immondizia, bisogna agire subito”, dice il pastore della valle Capriasca. Come lui, altri trenta pastori fanno ancora la transumanza invernale.
La transumanza invernale è una maratona che dura 4 mesi. (foto Rolf Sterchi)
Gli inverni sono più miti, l’erba è verde, di buona qualità e agli animali ne serve meno per nutrirsi. “Gli anni addietro, a metà gennaio il trifoglio era già marcito per il freddo e l’erba dell’altopiano, a febbraio, era già diventava gialla. Ora l’erba resta verde, il gregge procede più lento. Sempre più spesso non arriviamo fino in fondo alla valle della Gürbe bernese”, commenta pensoso. Era il 1986, quando fece la prima transumanza. Da allora molte cose sono cambiate. “Una volta c'era erba dappertutto”, racconta. Oggi c'è meno terreno incolto, è tutto più complicato. “I contadini coltivano i loro campi più intensamente. Noi pastori dobbiamo adattarci”. Negli anni, il mondo contadino è cambiato. “La nuova generazione ha venduto le mucche, ha installato colture e di giorno fanno un lavoro in ufficio. Non possiamo più attraversare i campi come prima. Spesso con mille pecore mi tocca spostarmi sulla strada”. E le pecore si mettono diligentemente in colonna.
Senza i cani ed i tre asini, il pastore non potrebbe fare la transumanza (foto Rolf Sterchi)
Tre cani lo aiutano a spostare il gregge e a tenerlo insieme. "Addestrare i cani da pastore è un lavoro impegnativo che mi da gioia”. E poi ci sono i tre asini, anche loro fedeli. Ne parla con affetto: “Sono cresciuti con me, sono i miei compagni di lavoro, senza di loro non potrei fare tutto questo”. Trasportano ciò di cui il pastore ha bisogno durante la giornata: provviste, termos del caffè e vino, vestiti di ricambio, stivali, medicine per le pecore e un generatore di corrente per il recinto degli ovini.
Gli asini sono cresciuti con Rudy, sono i suoi compagni di lavoro (foto Rolf Sterchi)
La transumanza è impegnativa, è una maratona che dura quattro mesi. “La giornata inizia alle sei, arrotolo la recinzione elettrica, carico gli asini e parto con le pecore, dove andare dipende dall’erba e dal tempo”, racconta. L’occhio esperto del pastore sa quale erba è adatta al suo gregge e quali campi sono da evitare. “Sanno quello che vogliono e l’erba non è mica tutta uguale. Col tempo ho imparato a distinguere i vari tipi”. Mentre le pecore ruminano, c'è tempo per il pranzo. Non di rado sono i contadini a portargli il pranzo. “Nei villaggi che attraverso, mi conoscono tutti, quando arrivo è una festa. C’è chi m’invita a casa per permettermi di fare il bucato e chi mi porta uno spuntino”. E poi ci sono i suoi aiutanti speciali. “I giovani vogliono darmi una mano, molti di loro fanno la scuola da casa e prendono vacanza per stare qualche giorno con me e il gregge. Il pastore è rispettato in Svizzera interna”. Verso le 20, la giornata volge al termine, almeno per le pecore, che vengono recintate per la notte, poi Rudy torna indietro a piedi all'ultima sosta. Lì prende il suo camion, lo porta fino al gregge, lo parcheggia e finalmente si prepara la cena. Sono ormai le 21.30. “Non mi corico prima delle 23, la vita da pastore non è una passeggiata”.
Nei villaggi che Rudy attraversa, lo conoscono tutti, è una festa e tutti danno una mano
Il suo rifugio è un camion Saurer che ha trasformato in camper, perlinato all’interno, con l’aiuto di amici e parenti: dentro c’è tutto quello che serve, una stufa a legna, dove cucina, un tavolo, dove non mancano i ‘boccalini’ per il vino, una cassapanca con le provviste, il letto rialzato appena sotto una finestrella. Rudy è soddisfatto del suo chatel mobile riscaldato. “I primi anni mi portavo una tenda e dormivo all’aperto. Quando sono diventato papà ho comperato questo camion, così da ospitare anche la mia famiglia”. Anche gli asini sono contenti, così portano meno peso.
Rudy nel suo chalet mobile riscaldato si prepara la cena (foto Rolf Sterchi)
Già, appunto la famiglia, non facile da conciliare con il lavoro di pastore. “Ho due figlie e sono nonno. Ma non è stato facile, sei via per tanti mesi”. Ed è una vita dura, resa ancora più dura dai cambiamenti climatici: gli sbalzi di temperatura, da un estremo all’altro, tanta pioggia o troppa siccità, rendono tutto più complicato: “Ormai devo mettere spesso i vestiti per l’acqua e quando il tempo cambia, o c’è un temporale, le pecore diventano imprevedibili”. La vita da pastore non è idilliaca e senza stress. “Quando fa caldo, è veramente troppo caldo, gli animali sono disturbati dalle mosche”. In estate Rudy è su un alpe in alta val di Blenio, sopra duemila metri, con 260 manze. “Al pomeriggio non riposano, perché stanno tutte insieme a scacciare le mosche. Ormai anche i tafani sono arrivati lassù”.
Rudy ama la sua vita, “la mia strada sul bordo”, come la definisce lui, un piede nella società e un piede nella natura. Sta bene solo e in mezzo alla gente. Nel suo sguardo vivace per un momento c’è un'increspatura: “Abbiamo un pianeta bellissimo e non ce ne prendiamo cura. Anzi facciamo il contrario e questo fa male a tutti, soprattutto a chi verrà dopo di noi”. Lui questa vita l’ha scelta. “A dieci anni andavo già all’alpe a dare una mano, mi piaceva molto”. Guardando avanti, quanti giovani saranno interessati a questa vita? La domanda resta sospesa. “Se diventa ancora più caldo non so se si faranno ancora transumanze”.
Mille pecore da curare giorno per giorno. (foto Rolf Sterchi)