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'Un tribunale popolare per i soldi pubblici'

Il deputato e presidente del Ppd Fiorenzo Dadò rilancia la proposta di istituire anche in Ticino una Corte dei conti. 'Una questione di indipendenza e autorevolezza'

25 febbraio 2021
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«La proposta non l’ho archiviata, tutt’altro. Intendo portarla avanti. Devo solo decidere se tradurla in un’iniziativa parlamentare o in un’iniziativa popolare, in ogni caso sarà un’iniziativa costituzionale dato che si tratterebbe di modificare la Carta fondamentale ticinese». Sulla richiesta di istituire in Ticino una Corte dei conti il granconsigliere popolare democratico Fiorenzo Dadò non molla. Una magistratura contabile, come è definita in Italia. Un «tribunale popolare delle finanze», come lo definisce Dadò. La sostanza non cambia: «Ritengo - spiega il presidente del Ppd - che sia arrivato il momento di dar vita a un organo esterno all’Amministrazione cantonale, una Corte dei conti appunto, che verifichi la gestione delle finanze da parte delle istituzioni pubbliche designate dalla legge, come pure ogni uso del denaro pubblico, dal profilo della legalità, della regolarità contabile e dell’efficacia, per citare le parole contenute nell’iniziativa parlamentare presentata nel 2006, nella forma elaborata, da Fabio Regazzi e cofirmatari». L’atto dell’allora deputato popolare democratico al Gran Consiglio, oggi deputato al Nazionale, è stato ripreso e ritoccato da Dadò.

Dunque una Corte dei conti in Ticino come quelle in funzione da una quindicina d’anni nei cantoni di Ginevra e Vaud? Prendendo posizione nell’ottobre 2007 sull’iniziativa di Regazzi, il governo ticinese invitava il Gran Consiglio a respingerla (“seppur lodevole nei suoi intenti”) e questo “senza pregiudizio per gli obiettivi legittimi che essa vorrebbe raggiungere”. Ciò perché, a detta dell’Esecutivo, “i compiti che si vorrebbero assegnare alla Corte dei conti sono già eseguiti oggi, secondo le rispettive competenze, dal Gran Consiglio e dai servizi dello Stato (Consiglio di Stato, Dipartimento finanze ed economia, Sezione delle finanze, Ufficio del controlling e dell’analisi finanziaria e Ccf, Controllo cantonale delle finanze) e mal si comprende quali altri controlli si vorrebbero o si potrebbero eseguire: di conseguenza, la costituzione di una Corte dei conti, così come postulato dagli iniziativisti, potrebbe comportare una sovrapposizione perlomeno inopportuna di competenze soprattutto con il Ccf”. Così scriveva il Consiglio di Stato poco più di tredici anni fa. «Il Ccf però continua ad avere competenze limitate e a dipendere dal governo, il Gran Consiglio è formato da deputati di milizia che pertanto non possono dedicarsi a tempo pieno e con la necessaria attenzione a verifiche d’ordine contabile circa la plausibilità di spese e investimenti pubblici - osserva Dadò -. Una Corte dei conti, composta di almeno cinque magistrati eletti dal popolo, godrebbe non solo di una forte legittimazione democratica ma agli occhi dei cittadini contribuenti e dei politici anche di una maggiore autorevolezza. Avremmo una Corte che controlla l’utilizzo corretto del denaro pubblico. Mi sono quindi ispirato a quanto suggerito da Regazzi nel redigere l’iniziativa, ora una bozza, che intendo presentare».

Sullo sfondo della proposta ci sono i soldi pubblici e il loro impiego. Un tema al centro, l’altro ieri in Gran Consiglio, della discussione sull’iniziativa popolare, e sul relativo controprogetto commissionale, promossa dal democentrista Sergio Morisoli per l’introduzione in Ticino del referendum finanziario obbligatorio.

Speziali (Plr): ma il riequilibrio delle finanze dipende da scelte politiche

«In Svizzera, dove è presente, la Corte dei conti va comunque ad aggiungersi al Controllo cantonale delle finanze, organo che rimane dunque ancora attivo - rileva il deputato e presidente del Plr Alessandro Speziali -. Come partito siamo di principio favorevoli a ogni miglioramento del funzionamento dello Stato. A patto però che i meccanismi che si introducono servano a porre rimedio a problematiche presenti e concrete. Altrimenti - avverte Speziali - sarebbe solo un esperimento disancorato che peraltro genererebbe non pochi costi. Ergo, ci sono disfunzionamenti nell’attività del nostro Controllo cantonale delle finanze? Se sì, quali sono? Eventuali problemi riscontrati a cosa sono dovuti? Se da queste domande dovessero emergere aspetti critici, potremmo allora certamente discuterne. In caso contrario non avrebbe senso». Conclude il presidente liberale radicale: «La Corte dei conti non servirebbe comunque in alcun modo a risanare le finanze, poiché il riequilibrio deriva da scelte politiche, non tecnico-giudiziarie».

Durisch (Ps): il primo passo deve essere l’indipendenza del Ccf dal governo

Sul Ccf, il Controllo cantonale delle finanze, pone l’accento il capogruppo del Ps Ivo Durisch. «Il Ccf, e aggiungo anche l’Ufficio di statistica e il Servizio ricorsi del Consiglio di Stato devono essere indipendenti», commenta Durisch. Se ne parla da anni, ma «questa nostra richiesta è ancora attuale. Anzi, visto quello che è successo recentemente con la questione dei permessi lo è ancora di più e in diversi dossier per quanto riguarda diversi dossier». Rimanendo al Controllo cantonale delle finanze, per il granconsigliere socialista, «la sua indipendenza dal Consiglio di Stato è fondamentale per evitare un filtro, se vengono chiesti documenti questi devono essere prodotti in libertà e forniti senza dover passare dal governo. Questa indipendenza per noi è la base di partenza - riprende Durisch -. Una Corte dei conti come nel Canton Ginevra che controlli i conti dei Comuni e degli enti pubblici è un passo ulteriore di cui si può discutere, ma partiamo da un Ccf pienamente autonomo e poi si vedrà». L’obiettivo del Ps è che tutto questo porti «ad avere maggiore trasparenza, con i documenti che secondo noi devono essere pubblicati su internet come fa il Ccf».