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Vaccini in ritardo, ‘Aspettiamo i dati su AstraZeneca’

Il professor Ceschi ci spiega tutto su vaccini e nuove varianti, anche come vengono ‘potenziati’ per essere efficaci

Il professor Alessandro Ceschi
1 febbraio 2021
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I rallentamenti nelle forniture dei vaccini (7'800 dosi in meno da Pfizer, 12'300 dosi in meno da Moderna in Ticino), stanno creando problemi ai Cantoni che devono ripianificare le campagne di vaccinazioni, sconcerto per chi attende il suo turno e perdite milionarie (tra 50 e 100 milioni di franchi al giorno in termini di Prodotto interno lordo secondo un'analisi della Nzz). L’Ufficio federale della sanità ha precisato che in febbraio ci saranno dosi solo per 650.000 persone: la metà del previsto. Alcuni Cantoni purtroppo hanno già esaurito il preparato per la seconda vaccinazione ed è un bel problema. 

Facciamo il punto. Attualmente sono due i vaccini mRNA (di Pfizer/BioNtech e di Moderna) omologati da Swissmedic per il mercato elvetico. Si attende con impazienza la luce verde per il terzo, quello di AstraZeneca (approvato venerdì dall'Autorità europea del farmaco) basato su una tecnologia più tradizionale rispetto agli altri due, che rende il preparato meno costoso e più facile da stoccare, visto che non ha bisogno di essere conservato a basse temperature. Anche per questo sono annunciati ritardi nelle forniture. “Siamo in attesa dei dati necessari a completare il quadro che permette l’omologazione. Se si confermerà l’efficacia - un recente articolo apparso sul Lancet evidenziava una buona efficacia nei giovani, altri test sono in corso sugli anziani - la qualità di questo vaccino, potremmo disporre di un terzo preparato, oltre ai due indubbiamente validi che già possiamo utilizzare in Svizzera, e questo contribuirebbe sensibilmente a migliorare quello che forse attualmente è il maggior ostacolo, ovvero la relativa carenza di dosi disponibili”, spiega il professor Alessandro Ceschi. Il primario e direttore medico e scientifico dell’Istituto di scienze farmacologiche della Svizzera italiana dell’Eoc, professore Usi e membro della task-force federale che si occupa della sicurezza del vaccino, ci aiuta a capire quali effetti collaterali stanno emergendo.


Dopo che 170mila persone hanno ricevuto una dose del vaccino, sono state notificate a Swissmedic 42 reazioni avverse e 5 decessi, questi ultimi senza indizi per una correlazione causale diretta col vaccino. La maggior parte delle notifiche (26,62%) erano di lieve entità, sedici (38%) sono state classificate come gravi. “Per queste ultime è importante sottolineare che una buona parte sono state registrate come gravi siccome erano di intensità importante per i pazienti e hanno richiesto una presa a carico, pur non rappresentando però un vero pericolo per i pazienti. Vi erano anche alcune reazioni allergiche, in prevalenza non gravi, quindi non del tipo anafilattico, che sappiamo per fortuna essere molto rare con un’incidenza di 1 caso su 100'000-400'000 vaccinati”, precisa Ceschi.

Un nuovo decesso è stato segnalato mercoledì scorso ad Argovia, dove il medico cantonale ha ordinato un’autopsia per un residente di una casa di cura che è deceduto un giorno dopo la vaccinazione. L’uomo soffriva di diverse malattie pregresse. “Il caso viene ora analizzato attentamente anche se una correlazione causale con il vaccino appare improbabile”.

Nessuna correlazione tra morti e vaccini

La guardia sul fronte della sicurezza è alta, ogni situazione avversa viene monitorata e analizzata; è un monitoraggio strutturato, pronto ad intervenire su eventuali effetti collaterali tardivi che dovessero emergere per i due vaccini Pfizer e Moderna. La task-force nazionale di Swissmedic, di cui fa parte il professor Ceschi si occupa di questo. “Non si sono finora verificati effetti collaterali sconosciuti, quello che osserviamo è in linea con quanto evidenziato dagli studi clinici, che hanno coinvolto oltre 40mila volontari per un vaccino e 30mila per l’altro: lievi reazioni avverse il giorno stesso o quelli seguenti la vaccinazione, come ad esempio dolore al sito della puntura, stanchezza, mal di testa o dolori osteo-muscolari, a volte brividi o febbre”. Reazioni di regola banali che scompaiono spontaneamente dopo qualche giorno e possono essere semmai attenuate con paracetamolo. “Per quanto riguarda i decessi notificati andiamo a fondo di questi casi e li analizziamo nei dettagli; nonostante vi sia una correlazione temporale con la somministrazione, le analisi non hanno fino ad ora evidenziato una correlazione causale diretta col vaccino”.

Domande ancora senza risposta

Vaccinati e ancora contagiosi?

Alcune questioni più di altre, restano aperte. Ad esempio, non è ancora chiaro se la vaccinazione impedisce ‘solo’ di ammalarsi ed evita decorsi gravi oppure anche di essere contagiosi, detto altrimenti non è chiaro se chi è vaccinato può o meno contagiare gli altri: “C’è qualche dato preliminare che sembra indicare un’efficacia anche su questo fronte, ma la questione va ancora approfondita nel dettaglio ed è troppo presto per concludere se la vaccinazione ci aiuterà effettivamente a interrompere la catena di contagio”, precisa il professor Ceschi. Per questo motivo chi è vaccinato (anche dopo la seconda dose) deve continuare ad osservare tutte le misure di sicurezza e precauzione che conosciamo.

Varianti, meno protezione per la sudafricana

Altro nodo, l’efficacia dei vaccini con le nuove varianti: “I vaccini scatenano una risposta immunitaria piuttosto diversificata e intensa, di conseguenza per un virus non è evidente evaderla. Ci sono dati che indicano un mantenimento dell’efficacia dei vaccini disponibili per la variante inglese. La variante sudafricana sembra un po’ più problematica e potrebbe comportare una diminuzione di efficacia dei vaccini disponibili anche se i dati sembrano indicare che la protezione dovrebbe restare sufficiente. Comunque si stanno già elaborando delle strategie per contrastare la problematica di eventuali varianti resistenti, come vaccini di ‘richiamo e potenziamento’ e va detto che le nuove tecnologie alla base di vaccini di tipo mRNA possono venire modificate e adattate piuttosto rapidamente, nel giro di alcune settimane. Sarà comunque fondamentale continuare a monitorare l’evoluzione delle varianti del virus e approfondire gli studi sull’efficacia dei vaccini”, ribadisce l’esperto.

Durata del vaccino, Forse servirà un richiamo

Da approfondire ulteriormente anche la questione della durata della protezione del vaccino: “Non sappiamo ancora se dura diversi mesi o magari anche anni e sarà un aspetto fondamentale da studiare prossimamente. Non è escluso che una vaccinazione di richiamo possa essere necessaria”. Quello invece che si sa è che la protezione parziale inizia già 2 settimane dopo la prima dose, ma è completa (attorno al 95%) solo una-due settimane dopo la seconda dose, che per questo motivo è importante somministrare. Se una persona dovesse ammalarsi di Covid dopo la prima dose, può ricevere la seconda solo se è guarita e ha terminato il periodo di isolamento.