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‘I nostri sforzi per il rilancio economico a livello strutturale’

Il direttore del Dfe Christian Vitta traccia un bilancio a tutto campo del 2020, analizza le prospettive e delinea le priorità per il futuro del Ticino

Ti-Press
28 dicembre 2020
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«Sono stati giorni molto intensi e carichi dal profilo emotivo, avevamo davanti a noi una situazione arrivata all’improvviso che in poche settimane si è trasformata in una vera e propria emergenza». Il 2020 si avvia alla conclusione e, a colloquio con ‘laRegione’, il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta traccia un bilancio di questi mesi vissuti di corsa, fronteggiando un nemico subdolo come questo nuovo coronavirus, e prova a tratteggiare un futuro «sul quale purtroppo non possiamo avere risposte certe». Un futuro economico, politico, occupazionale tutto da riscrivere rispetto a solo un anno fa. Ma per cominciare il pensiero va a questi mesi. Alcuni dei quali, i primi, passati da Presidente del Consiglio di Stato. Mesi che hanno «stravolto nel profondo le nostre quotidianità, attività ed emozioni».

Qual è stato il momento più difficile?

Quando il Canton Ticino ha deciso, perché non aveva alternative, di fermarsi per poter superare quella preoccupante fase iniziale. Una decisione contrastata da Berna inizialmente, perché l’Autorità federale non aveva la visione che avevamo noi della realtà del Ticino. Sono stati giorni molto intensi, di emozione, dove bisognava mantenere una giusta razionalità. In questo senso l’approccio che abbiamo adottato, e che ho sempre cercato di portare avanti con Berna, è stato all’insegna di una fermezza nella posizione che avevamo preso, ma mantenendo sempre aperto il dialogo. Era importante arrivare rapidamente a una soluzione. La settimana che ci ha visti contrapposti è stata intensa e decisiva perché erano in gioco le decisioni assunte per salvaguardare il sistema sanitario da un lato, e il sistema economico con i settori colpiti dall’altro. Le finestre di crisi ottenute sono state importanti.

Sabato 14 marzo, tardo pomeriggio. Lei è davanti alle telecamere a chiamare, a nome del governo, il primo confinamento vissuto in tempi di pace. Come ricorda quelle ore, quei giorni?

La situazione era davvero particolare, non avevamo un contatto diretto e fisico con la popolazione e si comunicava appunto tramite una telecamera. Malgrado questa distanza fisica si sentiva una vicinanza da parte della popolazione, c’è stato un Ticino molto unito, un Ticino che non ho mai visto così coeso e questo ci ha dato molta forza. Erano decisioni gravose, non è facile annunciare una chiusura di tutte le attività economiche. Sicuramente nel prendere queste decisioni ci hanno aiutato lo spirito di squadra all’interno del governo, il supporto dei collaboratori più stretti, il buon rapporto con lo Stato maggiore cantonale di condotta e con il medico cantonale. Decisioni gravose dicevo, ma prese con serenità: erano le più responsabili che potessimo prendere.

Lei parla, con ragione, di unità della popolazione nella prima fase. Questa unità però sembra stia scemando, a causa di stanchezza, logoramento anche psicologico e delle difficoltà che stanno vivendo settori economici costretti a nuove chiusure o lavoratori indipendenti in crisi. È sufficiente dire che ‘uniti ce la faremo’ come fa spesso o è il momento di far passare un altro tipo di messaggio?

L’unità rimane importante anche in questa fase, per perseguire assieme l’obiettivo comune di uscire da questa crisi in tempi rapidi, anche se chiaramente non dipende solo da noi. Più si protrae questa situazione più aumenta la stanchezza nella popolazione, così come l’insofferenza. Quando si limitano le libertà individuali alla lunga comprensibilmente la situazione pesa sulle persone. Ma è importante mantenere l’obiettivo di fondo, quello di uscire da questa crisi acuta. Oggi la situazione è diversa rispetto a quanto vissuto in primavera, le persone sono meno disposte a farsi privare delle loro libertà individuali, vi è più insofferenza rispetto alle decisioni di limitazione che vengono prese. È però importante mantenere quell’unità di fondo che ci ha permesso di superare importanti sfide. Per uscire dalla crisi dobbiamo mantenere quest’unità. L’obiettivo finale lo dobbiamo raggiungere insieme e in maniera coesa.

In questi mesi il mondo del lavoro è stato stravolto. La digitalizzazione ha visto un’accelerazione netta, così come l'uso delle nuove tecnologie. Coniugare questa spinta verso un futuro che è già presente con l’occupazione sarà una sfida complicata. Quali sono le sue impressioni davanti a quello che ha tutti gli elementi per essere definito un cambio epocale?

Certi fenomeni che erano già in atto hanno subito e stanno subendo una forte accelerazione, soprattutto come dice lei riguardo alla digitalizzazione e alle nuove tecnologie. Accelerazione che è irreversibile. Sono cambiate le nostre abitudini, e questi cambiamenti rimarranno anche dopo la fine della crisi. Penso ad esempio al telelavoro, o al sempre maggior utilizzo di certi servizi: chi durante questa fase pandemica ha iniziato a far capo a nuove tecnologie come nell’ambito dei pagamenti con l’e-banking, non smetterà di farlo in futuro. L’asse sul quale già prima della pandemia puntavamo in maniera particolare, quello dell’innovazione e delle nuove tecnologie, andrà ulteriormente rafforzato. Chi sa anticipare i tempi in questi ambiti sarà vincente, ancor di più dopo la pandemia. In Canton Ticino, se penso al mercato del lavoro, abbiamo anche la particolarità di essere zona di confine con l’Italia, nazione duramente colpita dalla pandemia. Sarà importante monitorare e seguire da vicino le dinamiche perché il rischio è che aumenti la pressione sul nostro mercato del lavoro è alto.

Se parliamo di futuro gioca un ruolo molto importante anche la recente adesione del Ticino alla Greater Zürich Area.

Certamente. Verso nord, dopo l’adesione alla Greater Zürich Area, con il nuovo Parco dell’innovazione apriremo una nuova finestra da sfruttare, mentre verso sud stiamo seguendo da vicino e instaurando contatti con tutto ciò che ruota attorno all’area dell’ex Expo di Milano e al progetto ‘Mind’. Avere due grossi agganci a nord e a sud porterà nuove opportunità.

E poi c’è la politica. Non più tardi di poche settimane fa si celebrava un compromesso, o meglio una tregua, che ha portato i partiti di governo a sostenere il Preventivo 2021. Sostegno venuto meno in aula, con la Lega che smarcandosi ha fatto capire che la discussione sulle priorità e sul rilancio sarà su un sentiero tutto in salita. L’auspicio del Consiglio di Stato qual è? Un invito alla responsabilità?

Il ruolo del Parlamento nella fase di uscita dalla crisi è e sarà importante. Tanto più vi è coesione d’azione e dialogo tra esecutivo e legislativo tanto più si sarà forti nel superare la crisi. Sarà necessario un lavoro intenso di dialogo e condivisione degli obiettivi. Ognuno, come giusto che sia, parte da visioni e idee diverse: ci sono visioni diverse della società e del suo futuro. È però importante mantenere il dialogo e trovare una sintesi del dibattito politico che permetta di prendere delle decisioni e di far progredire il paese.

È possibile, oggi, tratteggiare delle prospettive riguardo alla ripresa economica?

L’attuale fase è molto incerta. Oggi possiamo solo ipotizzare degli scenari una volta usciti dalla fase acuta della crisi: se il vaccino porterà i risultati sperati, ci sarà quello che tecnicamente si definisce un effetto di rimbalzo, generato dall’euforia che porta a un’accelerazione della ripresa economica. In seguito, passata questa fase di euforia, possono presentarsi due scenari: si entra in una fase difficile andando verso una crisi di carattere strutturale, o quest’effetto “rimbalzo” perdura e si consolida un sentiero di crescita economica. È difficile dire oggi quale scenario si realizzerà. Quello che è certo oggi è che tutto quello che stiamo vivendo lascerà dei segni, in alcuni settori più di altri, e sul mercato del lavoro nel suo insieme. Ma prima del secondo semestre del 2021 risulta difficile avere delle risposte certe sui scenari che si realizzeranno.

Però sarà importante l’indirizzo che prenderà il Cantone. Quali sono, per lei, le priorità che il Ticino dovrà darsi per il prossimo anno?

Superare questa fase acuta della crisi sanitaria è senza dubbio la prima priorità. Poi concentreremo i nostri sforzi sul rilancio economico a livello strutturale. Il mercato del lavoro sarà pure al centro della nostra attenzione perché da esso dipenderanno anche le conseguenze sociali di questa crisi sanitaria. Inoltre, come ente pubblico abbiamo già messo in cantiere una serie di proposte di investimenti strutturali per il futuro, per contribuire alla crescita e per migliorare quelle che sono le condizioni quadro del nostro territorio.

Si prospettano anni di disavanzi, con un piano finanziario 2021/2024 che parla di un miliardo di franchi di deficit. Anche qui la politica non mostra molta unità, ogni partito ha le proprie ricette in merito al recupero del debito. Lei come si posiziona?

Con realismo. Nei prossimi anni il Canton Ticino registrerà delle perdite, accumulando dei debiti, perché è impensabile che da questa situazione straordinaria si arrivi al pareggio di bilancio in breve tempo. Bisogna essere consapevoli e altrettanto realisti del fatto che questa situazione può protrarsi solo per alcuni anni, ma poi occorrerà progredire nel percorso di riequilibrare della situazione finanziaria. Più il disavanzo diventa strutturale, più il rischio di non disporre dei necessari mezzi per affrontare il rilancio del Paese ed eventuali nuove emergenze diventa alto. Inoltre, non possiamo permetterci di scaricare eccessivi debiti ai nostri figli, alle future generazioni. I problemi non si risolveranno indebitandosi per far fronte alle spese correnti. Dobbiamo definire delle priorità e degli obiettivi da raggiungere nei prossimi anni.

Abbiamo parlato di passato e di futuro, intanto c’è il presente. Come Dipartimento finanze ed economia, penso a ‘Vivi il tuo Ticino’, avete messo in campo una rete di sostegno alle attività. È stato fatto tutto quello che si poteva fare?

Sicuramente di fronte a una situazione straordinaria era ed è importante assumersi una responsabilità collettiva, dialogando con il territorio, con chi vi opera ogni giorno. Con la giusta dose di creatività abbiamo cercato di promuovere iniziative fuori dagli schemi, per affrontare in maniera diversa situazioni straordinarie attraverso anche un’accresciuta collaborazione fra diversi attori. L’iniziativa “Vivi il tuo Ticino” ne è un esempio. Accanto a queste iniziative, abbiamo anche sviluppato strumenti di sostegno complementari a quelli federali che permettono di garantire aiuti più strutturali. Ultimo in ordine di tempo è lo strumento dei casi di rigore che garantirà aiuti per oltre 75 milioni di franchi. In questi mesi è stato molto importante il lavoro di concerto con i miei collaboratori e con i vari settori interessati. Ognuno può dare il suo contributo e la crisi ci ha insegnato che se si rema tutti con convinzione nella stessa direzione possono essere superati anche gli ostacoli più grandi.