Autorizzate a posteriori le spese decise dal governo per fronteggiare la crisi della prima ondata di coronavirus
È stato firmato all’unanimità da tutti i membri della Commissione Gestione e finanze il rapporto sul messaggio governativo ‘Covid-19: misure e aspetti finanziari’. «Tutti approviamo quello che è stato fatto nei mesi scorsi – afferma a ‘laRegione’ Matteo Quadranti (Plr), presidente della Gestione –, apprezzando l’impegno profuso da governo, amministrazione e da parte di tutti gli attori coinvolti» nella battaglia contro il coronavirus. Il messaggio del Consiglio di Stato sui costi della gestione della pandemia riguarda in particolare la prima ondata che ha ovviamente colto un po’ tutti di sorpresa. Se quindi all’inizio l’attivazione dello «stato di necessità è stato condivisibile», ora questa soluzione non sembra più godere di sostegno in parlamento, «a meno che la situazione precipiti». Ricordiamo che in questo modo l’esecutivo poteva prendere decisioni senza passare prima dal parlamento. Tuttavia, anche il legislativo «ha degli strumenti per agire d’urgenza», sottolinea Quadranti, precisando quindi che «vogliamo essere coinvolti e non esautorati come durante la prima ondata».
In particolare sono stati ratificati i crediti accordati per l’organizzazione dello stato di necessità tramite lo Stato maggiore cantonale di condotta (circa 5,4 milioni di franchi) e in crediti per misure di protezione all’interno dell’amministrazione cantonale e nelle sedi scolastiche (altri 5,5 milioni di franchi). Voci di spesa che non hanno trovato grande opposizione in commissione. Via libera anche alle maggiori spese previste nel settore ospedaliero (50,5 milioni di franchi) e in quello dei richiedenti asilo (13,1 milioni). Diverso è il discorso per quanto riguarda altre misure a sostegno di cittadini e imprese. In seno alla Gestione, pur approvandole a posteriori, sono due le letture in parte divergenti. Il partito socialista, per esempio, era pronto a presentare un rapporto di minoranza. «Non si trattava di bocciare le decisioni del Governo, ma di chiarire nei confronti dell’opinione pubblica il reale impatto delle misure cantonali. Si è vaneggiato di misure per svariate centinaia di milioni di franchi, cosa che non corrisponde alla realtà», afferma da parte sua Ivo Durish, capogruppo socialista.
Per quanto riguarda i costi delle misure prese, vi è poi chi sostiene che sono stati troppo elevati e chi afferma, invece, che molti provvedimenti sono stati presi dalla Confederazione e che quindi il Cantone poteva fare di più. Anche perché nel caso di alcuni aiuti si tratta semplicemente di rinunce oppure di rinvii d’incasso d’imposte o di tasse. «Non è però detto che certe disposizioni che per il momento sono solo dei rinvii d’incasso (come gli interessi di mora) alla fine diventeranno degli aiuti a fondo perso. Tuttavia, è ancora una questione in divenire», precisa Quadranti. «Non è poi detto che il Cantone potrà effettivamente fare di più», visto che verosimilmente vi saranno minori entrate fiscali. In ogni caso a fronte dei circa 108 milioni di franchi di rinunce o di ritardati incassi a causa dell’emergenza sanitaria, solo 14,7 milioni (4 milioni di rinuncia agli interessi di ritardo sui crediti fiscali; 6,2 milioni per il pacchetto ’Vivi il tuo Ticino’ e 3,5 milioni per le misure ‘più duale plus’, ndr) sono direttamente legati alla crisi Covid. I 72 milioni di franchi della tassa di collegamento sono il risultato della rinuncia a mettere in vigore retroattivamente e per il 2020 questa tassa. Infine altri 20 milioni supplementari per la manutenzione programmata degli immobili dello Stato sono investimenti e non costi correnti. La precisazione, continua Durish, era necessaria per evitare fraintendimenti.
Sul preventivo c’è il rischio che il dossier non venga trattato a dicembre, ma a solo a gennaio. Vi è infatti chi vorrebbe accoglierlo così come è stato presentato, dando fiducia al governo, anche se il deficit previsto nei prossimi anni non viene giudicato sostenibile. In questo caso nel 2021 il parlamento dovrebbe lavorare per trovare misure efficaci per cercare di limitare il passivo. Altri deputati vorrebbero invece sin d’ora inserire nel preventivo altri 80-100 milioni di franchi di tagli. È il caso di Paolo Pamini (Udc) che chiede di anticipare già a quest’anno una parte dei tagli che si dovranno fare nei prossimi anni. «Limare il deficit previsto per il 2021 a 150 milioni, aiuterebbe il risanamento che si dovrà comunque intraprendere», afferma Pamini che rilancia anche sul lato delle entrate: «Siamo in attesa della terza tappa di sgravi fiscali promessa da Vitta e relativa alle persone fisiche». Insomma, da un lato vi è chi vuole maggiori risparmi e dall’altro chi chiede maggiori aiuti finanziari. Sarà dunque difficile trovare un’intesa entro il primo di dicembre.