Procura, Galfetti: grave crisi istituzionale, occorre quindi prorogare di un anno i mandati dei magistrati e si può. Dodici mesi per una riforma
Non demorde. L’avvocato Renzo Galfetti rilancia e spiega alla ’Regione’ i motivi della sua proposta, quella di prorogare di un anno i mandati (scadranno il prossimo 31 dicembre) di tutti e venti i procuratori pubblici e del procuratore generale uscenti, attuando nel frattempo la riorganizzazione del Ministero pubblico. Una proposta, rileva il legale sottocenerino, «che permetterebbe alle istituzioni di recuperare un po’ di credibilità agli occhi dei cittadini dopo le polemiche derivanti dagli impietosi preavvisi negativi del Consiglio della magistratura (Cdm, ndr.) alla rielezione di cinque pp».
La direttrice della Divisione giustizia (Dipartimento istituzioni) Frida Andreotti afferma che la proroga necessiterebbe di una modifica costituzionale e dunque del voto popolare. I tempi tuttavia sarebbero molto stretti, visto che i mandati scadono alla fine di quest’anno: operazione irrealizzabile...
I “tempi molto stretti” riguardano soprattutto la scadenza del 31 dicembre per le nomine dei procuratori per dieci anni. Ora, che vi sia una situazione grave di crisi istituzionale nessuno lo può contestare. Pensare che procedere in fretta e furia a eleggere i procuratori (come il presidente del Plr e il vice-presidente della commissione parlamentare ’Giustizia e diritti’ hanno avventatamente preannunciato) sia la soluzione, è di un’ingenuità disarmante. Con preavvisi sub judice, divieti di accesso agli atti e quant’altro, i deputati non possono che essere disorientati e costretti a giocare al buio. Quel che è peggio è che procedendo ora con le nomine si perpetuerebbe la situazione di crisi, aggravandola, invece di risolverla. L’immagine e l’efficienza della Giustizia penale sono valori troppo importanti per essere presi sottogamba. Quando c’è una situazione di crisi bisogna procedere innanzitutto individuandone le cause, ponendovi rimedio ed evitando che si ripetano. Oggi abbiamo un Ministero pubblico che occupa un centinaio di persone, tra magistrati, segretari giudiziari e amministrativi, organizzato sostanzialmente come lo era cinquant’anni fa quando occupava una dozzina di persone. Questo è il punto. Questa è la causa dei problemi emersi recentemente: disorganizzazione, mancanza di controlli, magistrati lasciati soli e chi più ne ha più ne metta.
Quindi?
Per rimediarvi bisogna quindi riformare. Per riformare bisogna avere tempo. Dodici mesi dovrebbero, anzi devono bastare. Bloccare tutto per dieci anni, procedendo ora con le nomine, non è serio.
Avvocato Galfetti, cosa ribatte a chi sostiene che la proroga sarebbe incostituzionale?
La Costituzione cantonale prevede dal 2006 che il periodo di nomina è di dieci anni. Lo spirito della norma, lo scopo, la sua funzione sono chiarissimi: nel testo che il 25 settembre 2005 governo e parlamento hanno presentato al popolo per ottenere l’aumento del periodo di nomina sta scolpito nel granito: “Più il periodo di nomina è lungo, più grande è la garanzia di indipendenza dei magistrati, che è un valore essenziale per lo Stato di diritto”: ovvio quindi che se il Gran Consiglio prorogasse di un anno l’attuale periodo di nomina la Costituzione sarebbe pienamente rispettata. Per mia tranquillità posso pure dire di aver verificato positivamente questa mia deduzione con un eminente professore di diritto costituzionale. Aggiungo che l’interpretazione e l’applicazione di una norma costituzionale non devono essere fatte con i criteri bizzarri di ’Via sicura’, ossia con il rigore burocratico da funzionari, bensì con intelligenza, responsabilità e senso dello Stato. Sia come sia, anche qualora ci fosse titubanza o tremolio nel prendere questa decisione di proroga da parte del parlamento, basterebbe che lo stesso Gran Consiglio, su proposta della commissione ’Giustizia e diritti’ o anche di un solo deputato, prima della fine dell’anno ne riconoscesse l’opportunità non procedendo alle nomine. In tal caso il Consiglio di Stato, già a fare tempo dal primo gennaio, potrebbe ovviarvi proprio secondo l’articolo 24 della Legge sull’organizzazione giudiziaria confermando in carica per dodici mesi i magistrati uscenti. Saranno, questi, anche tecnicismi giuridici ma quel che conta è che si arrivi a risolvere il problema: la proroga di dodici mesi è la strada maestra per arrivarci, in un modo o nell’altro. E pure con l’effetto secondario ma non trascurabile di essere un potente sedativo…
In sintesi quali dovrebbero essere secondo lei i pilastri della futura organizzazione del Ministero pubblico?
Organizzazione piramidale; più poteri al procuratore generale; scala degli stipendi; possibilità di carriera; nomina del pg e dei suoi sostituti, ovvero della Direzione del Ministero pubblico, da parte del Gran Consiglio; nomina degli altri procuratori da parte del Consiglio di Stato - su preavviso (vincolante se negativo) della Direzione della Procura - con un contratto di diritto pubblico, che significa periodo di prova e possibilità di disdetta.
Facciamo un’ipotesi: la commissione parlamentare propone al plenum del Gran Consiglio l’elezione di tutti i pp la cui nomina è stata preavvisata favorevolmente dal Cdm e degli aspiranti procuratori ritenuti idonei dalla Commissione di esperti, i cinque pp ’bocciati’ dal Cdm mantengono la candidatura. Quale scenario intravede al momento del voto in parlamento?
Il grande caos. Non ce lo possiamo permettere.
Il gruppo di lavoro sul Ministero pubblico istituito dal governo nel 2015, e di cui lei era membro, suggeriva anche “un approfondimento" sulla composizione del Consiglio della magistratura. Va rivista?
Sì, per esempio togliendo i membri laici e intendendolo quale organo di autogoverno.