Ticino

Nuovi procuratori in prova e 'Giustizia 2018'

Le proposte - nel 2015 - del gruppo di lavoro coordinato dall'allora pg Noseda nell'ambito della riforma avviata dal Dipartimento istituzioni, ma mai attuata

18 settembre 2020
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Per i procuratori pubblici freschi di nomina? Un “periodo di prova”. A rilanciare la proposta sono stati il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi e l’avvocato Renzo Galfetti, intervistati rispettivamente dalla Rsi e dal ‘Corriere del Ticino’ in relazione alla bufera che ha investito di recente il Ministero pubblico per i preavvisi negativi alla rielezione di cinque pp formulati dal Consiglio della magistratura all’attenzione del Gran Consiglio, cui compete l’elezione di procuratori e giudici. Preavvisi che sono però ora oggetto di approfondimento da parte della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’: si tratta anche e soprattutto di capire come sia maturato in seno all’autorità che vigila sul funzionamento del sistema giudiziario ticinese il verdetto di inidoneità per ben un quarto degli inquirenti della Procura. Nel frattempo si torna a parlare, in prospettiva, di un correttivo alla procedura di reclutamento delle toghe, quello appunto del periodo di prova. Ne aveva suggerito l’introduzione, come ricordato da Galfetti, il gruppo di lavoro incaricato nel marzo di cinque anni fa dal Consiglio di Stato di individuare e indicare delle misure per la riorganizzazione del Ministero pubblico, uno dei capitoli di ‘Giustizia 2018’, l’ambiziosa riforma voluta da Gobbi per rendere la magistratura cantonale “più efficace ed efficiente”, ma sino ad oggi mai concretizzata. La ‘Regione’ ha riletto il rapporto del team designato dal governo, coordinato dall’allora procuratore generale John Noseda e formato da rappresentanti del Dipartimento, della magistratura e dell’Ordine degli avvocati. Ne facevano parte – oltre a Noseda e allo stesso Galfetti – Frida Andreotti, la già pp Carla Del Ponte, Rosa Item, Gianluca Padlina, Antonio Perugini, Giovanna Roggero-Will e Verena Vizzardi.

Un anno o due

“Il gruppo di lavoro propone di introdurre un periodo di prova di un anno, prorogabile sino a due anni per i pp neoeletti, demandando la competenza decisionale di conferma al Consiglio della magistratura (che dovrebbe essere convenientemente ristrutturato) su preavviso del procuratore generale”, si afferma nel documento datato 28 settembre 2015: “Tale proposta garantirebbe la verifica di idoneità dei procuratori in base alla loro attività effettiva su un arco di tempo congruo (e sufficientemente flessibile)”. Il gruppo coordinato da Noseda aveva quindi suggerito la relativa norma da inserire nella Legge sull’organizzazione giudiziaria: “Il primo anno di attività dei procuratori pubblici costituisce periodo di prova. Il Consiglio della magistratura, su preavviso del procuratore generale, decide se confermare la nomina, prorogare di un anno il periodo di prova o dichiarare la destituzione dei magistrati rivelatisi inadempienti o inidonei alla carica”. Era il 2015. Il tema del periodo di prova si è riaffacciato qualche anno dopo quando il Gran Consiglio ha costituito al proprio interno una commissione speciale chiamata, evadendo una serie di atti parlamentari, a ritoccare o a cambiare radicalmente il sistema di elezione di pp e giudici. Dapprima la maggioranza commissionale (relatore il popolare democratico Maurizio Agustoni), poi il plenum del Gran Consiglio mantenevano il parlamento quale autorità di nomina e dicevano no all’introduzione del periodo di prova, “perché ciò sarebbe contrario all’indipendenza dei magistrati”. Nei casi problematici “la maggioranza commissionale confida che il Consiglio della magistratura eserciti pienamente i propri poteri e applichi le sanzioni previste dalla legge”. Era il 2017.

Tornando indietro di due anni, il gruppo di lavoro guidato da Noseda si era occupato di più aspetti legati al sistema di designazione (parlamentare) dei magistrati. Reputava fra l’altro “necessario introdurre il preavviso del procuratore generale in merito alla nomina dei procuratori pubblici, con l’indicazione che esso è vincolante qualora fosse negativo”. Considerava infatti “difficilmente compatibile la nomina di un magistrato ritenuto preventivamente inidoneo dal procuratore generale, che dovrà successivamente inserirlo in una determinata sezione, attribuendogli procedimenti, vigilarlo nella sua attività, con inevitabili premesse di incompatibilità e conflittualità interna”. Il correttivo, aggiungevano Noseda e colleghi, “permetterebbe inoltre di evitare l’imposizione da parte del potere legislativo di un magistrato ritenuto inidoneo, rafforzando l’indipendenza del Ministero pubblico”. Di qui la proposta di ancorare alla legge la seguente disposizione: la commissione di esperti, tenuta a preavvisare all’indirizzo del Gran Consiglio le (nuove) candidature di coloro che ambiscono a entrare in magistratura, “sottopone al pg le candidature per eventuale preavviso, che, se negativo, diviene vincolante”. La commissione “può far assistere il procuratore generale alle audizioni dei candidati”. Insomma un ruolo, quello del pg, da ‘irrobustire' nella procedura di reclutamento, ma non solo. Il gruppo di lavoro giudicava difatti “opportuno codificare la prassi di un controllo costante dell’attività dei procuratori da parte del procuratore generale, con facoltà di applicare sanzioni e segnalazioni più efficaci e tempestive al Consiglio della magistratura, in caso di inadempienze (e non solo nei casi gravi)”.

‘Attuate alcune misure organizzative’

Dal 2018 il procuratore generale è Andrea Pagani. Il quale, spiega, da noi interpellata, la responsabile della Divisione giustizia (Dipartimento istituzioni) Frida Andreotti, «ha già attuato alcune misure per migliorare organizzazione interna e controllo dell’attività della Procura. Si attendono dalla Direzione del Ministero pubblico ulteriori proposte migliorative».

A proposito del Consiglio della magistratura, il gruppo guidato da Noseda annotava: “Dal profilo della composizione, ci si chiede se la presenza di membri laici (magari titolari di cariche politiche o partitiche contemporanee) rispettivamente di avvocati attivi professionalmente sia compatibile con l’apparenza di indipendenza del Consiglio”.