Ticino

Quasi mille insegnanti 'alla scoperta delle buone pratiche'

A Bellinzona e Mendrisio i docenti della scuola dell'obbligo scoprono i percorsi didattici più innovativi dei loro colleghi.

(archivio Ti-Press)
21 agosto 2020
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Stavolta sui banchi si sono seduti gli insegnanti. L’occasione è stata la quinta edizione dell’atelier annuale ‘Alla scoperta delle buone pratiche’, una presentazione di percorsi didattici particolarmente efficaci svolti nella scuola dell’obbligo. Ieri alla Commercio e al Liceo di Bellinzona, oggi a quello di Mendrisio, 900 docenti hanno potuto prendere spunto dall’inventiva dei loro colleghi, scoprendo una cinquantina di proposte: da come insegnare la civica alle medie simulando il lancio di un’iniziativa a come spiegare l’handicap, dal corso sulle escape room a quello su ‘Suoni e rumori in un castello’. «Ci sono percorsi per tutti i gusti che ci vengono segnalati da esperti, direttori, ispettori comunali e dal Dipartimento formazione e apprendimento», spiega Serena Ragazzi, collaboratrice scientifica della Divisione della scuola. L’iniziativa appare gradita: negli anni scorsi si arrivava fino a 1'500 partecipanti; se quest’anno il numero è sceso, è solo perché l’obbligo delle distanze locali ha costretto gli organizzatori ad accettare al massimo 12 persone per atelier.

«Si tratta di occasioni preziose di scambio e confronto», nota Manuele Bertoli, direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport. Allo scambio si affianca l’esigenza della formazione continua, «un elemento centrale nel percorso di qualsiasi professionista». A forza di formazione e corsi, però, gli insegnanti non rischiano di ritrovarsi con poco tempo per preparare le lezioni e seguire i loro alunni? «La formazione continua può risultare più o meno interessante a seconda della sensibilità di ciascuno, e ci preoccupiamo di migliorarla sulla scorta dei riscontri che riceviamo dai docenti», precisa Bertoli. «Ci sono però comunque alcuni aspetti che devono essere oggetto di formazione, anche se magari non piacciono a tutti: ad esempio l’informatica e le nuove tecnologie». A chi teme che la formazione sulla didattica rubi spazio a quella culturale, Bertoli chiede di superare certe dicotomie: «La didattica è un elemento professionale determinante per la formazione di un insegnante. La cultura dipende piuttosto dalla formazione di base e dall’autoaggiornamento, fermo restando il fatto che la partecipazione a proposte culturali è da noi riconosciuta come elemento valido e importante della formazione».

Poi certo, il coronavirus s’è mezzo in mezzo anche qui. Di necessità virtù: «Per il prossimo anno potremo probabilmente prendere in considerazione nuove esperienze sperimentate al momento dell’insegnamento a distanza», suggerisce Ragazzi. Bertoli aggiunge: «La pandemia ci ha insegnato ad affrontare la formazione a distanza, ad esempio tramite webinar, seminari digitali riguardanti le questioni più tecnologiche. L’auspicio però è che certi strumenti e modi d’insegnare e di formarsi restino al massimo uno strumento integrato alla scuola in presenza, perché l’assenza di contatto diretto tra docenti e allievi impoverisce la scuola». D’altronde, ormai è deciso: quest’anno si riparte in presenza. «I segnali sono buoni», dice Bertoli, gli scambi tra il Dipartimento e i vari istituti testimoniano di una scuola che si sta preparando bene. Ci sono dettagli ancora da affrontare e la prossima settimana manderemo gli ultimi aggiornamenti per i piani di protezione, poi naturalmente tutto dipenderà anche dall’andamento della pandemia»; intanto però si va verso «un’apertura ordinaria, sia pure con un po’ di straordinarietà».