Alessandro Speziali, vice capogruppo in Gran Consiglio: 'Il Ticino tuteli i propri interessi nei confronti dell'Italia?
«Il Ticino non può essere lasciato nuovamente solo a pagare il conto». Sulla eventuale disdetta dell’Accordo sui frontalieri con l’Italia si leva forte la voce del Plr, con il deputato Alessandro Speziali che, a colloquio con ‘laRegione’, non usa mezzi termini: «Dobbiamo tornare a domandare con decisione che il Consiglio di Stato chieda al Consiglio federale un termine ultimo per concludere i negoziati. Dopodiché - prosegue Speziali - le soluzioni che richiederemo alla Deputazione ticinese alle Camere non possono che essere due: la disdetta unilaterale dell’accordo oppure una compensazione finanziaria da parte della Confederazione a favore del Cantone Ticino».
Il tema è tornato di stretta attualità nelle scorse settimane, dopo che l’Università di Lucerna ha consegnato uno studio commissionato dal Consiglio di Stato ticinese - «su proposta del Plr», ricorda Speziali - al fine di determinare se un'eventuale disdetta unilaterale dell'accordo sui frontalieri sia o meno collegata alla convenzione sulla doppia imposizione con l’Italia. Ebbene, «nelle conclusioni dello studio si spiega infatti che la possibilità di una disdetta unilaterale da parte svizzera esiste». E il vice capogruppo liberale radicale in Gran Consiglio avverte: «È giunta l'ora che il Ticino si attivi in modo da tutelare i propri interessi nei confronti di un governo italiano che si mostra evidentemente disinteressato ad aggiornare l’anacronistico accordo del 1974 parafato nel 2015 e rimasto lettera morta». Soprattutto perché, aggiunge, «quando i negoziati avanzano - se... avanzano - i continui ribaltoni di Governo a Roma riportano le pedine alla casella iniziale».
Non è la prima volta che il Plr ticinese si preoccupa del tema, anzi. Speziali tiene a ricordare che «nell’ormai lontana estate del 2014 il Plrt ha consegnato una petizione forte di oltre 10mila firme per chiedere la disdetta unilaterale dell'accordo sui frontalieri con l'Italia. L'allora Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf - a nome del Consiglio federale - si era impegnata a concludere un'intesa entro metà 2015, spiegando che se i negoziati fossero falliti sarebbe stata pronta ad attuare misure unilaterali come la disdetta degli accordi settoriali con l'Italia». Da allora, si rammarica il deputato liberale radicale, «però nulla si è mosso, nonostante una mozione di Alex Farinelli nel febbraio 2019 in cui veniva rinnovata la richiesta di rompere gli indugi». Ora, conclude, «è tempo che il Consiglio federale - e in particolare il capo del Dipartimento federale delle finanze Ueli Maurer - si tolga i guanti bianchi dello status quo».
L’accordo a oggi in vigore prevede che i lavoratori transfrontalieri siano imponibili solamente nei Cantoni Ticino, Grigioni e Vallese. Cantoni che, ogni anno devono versare un importo pari al 38,8 per cento delle imposte trattenute ai frontalieri, ovvero i cosiddetti ristorni. Per quanto riguarda l’anno scorso, il 2019, il Ticino ha versato quasi 90 milioni di franchi all'Italia. Si tratta di una cifra molto elevata che però il Cantone ha deciso di versare «per favorire una pronta risoluzione dell’annosa questione», si legge in un comunicato dello scorso 24 giugno del Consiglio di Stato ticinese. Ciò è stato fatto tenendo conto «della lettera trasmessa dal consigliere federale Ueli Maurer al governo cantonale il 19 giugno scorso, nella quale evoca la volontà di ambo le parti di riattivare i contatti – interrotti a causa della pandemia – così da poter giungere finalmente alla conclusione del nuovo accordo». Proprio lo stesso Maurer sollecitato anche dal Plr cantonale.