Rispondendo a un'interrogazione di Alessandro speziali (Plr), il Consiglio di Stato afferma che sono necessarie misure di accompagnamento efficaci
La via bilaterale è quella da percorrere, con l’obbiettivo però di ottenere da Berna misure di accompagnamento che tengano maggiormente conto delle peculiarità del Ticino. È questa in estrema sintesi la risposta del Consiglio di Stato a un’interrogazione sulla libera circolazione delle persone depositata lo scorso febbraio dal granconsigliere liberale radicale Alessandro Speziali.
Il tema è di stretta attualità visto che il 27 settembre i cittadini saranno chiamati alle urne per decidere se abolire la libera circolazione delle persone, come chiede l'Udc. Un tema molto sentito e discusso, in particolare in Ticino. Lo dimostra ad esempio l’interrogazione con la quale Speziali ha chiesto al Consiglio di Stato come intende agire nel caso in cui l’iniziativa ‘Per un’immigrazione moderata’ venisse bocciata. Infatti, stando al deputato Plr, la Svizzera può “ancora concepire nuove misure di accompagnamento e ottimizzare l’applicazione di quelle esistenti”. E questo per mantenere “le condizioni di lavoro e salariali usuali, garantendo una concorrenza leale tra imprese”.
Nella sua risposta il governo afferma innanzitutto che “la via bilaterale, se fiancheggiata da efficaci misure di accompagnamento, è la strategia da percorrere”. L’esecutivo ricorda poi che “opera costantemente proponendo o supportando dei miglioramenti del quadro normativo”. Speziali ha anche chiesto quali sono i margini di manovra del Cantone per concepire nuove misure di accompagnamento che vengano accolte a livello federale. Secondo il Consiglio di Stato i maggiori ostacoli in quest ambito “sono rappresentati dal differente impatto che la libera circolazione ha sul mercato del lavoro dei singoli Cantoni”. Inoltre, “delle misure percepite come eccessivamente restrittive che non tenessero conto delle differenti peculiarità regionali o cantonali, potrebbero incontrare grosse difficoltà nell’ottenere un consenso a livello federale”.
Il granconsigliere Plr ha anche chiesto se il governo sta monitorando le misure di protezione del mercato del lavoro di altri Paesi dell'Unione europea. Rispondendo affermativamente, l’esecutivo rimarca che attualmente per i circa due milioni di lavoratori distaccati attivi sul mercato Ue, vale “il principio dello stesso salario per la stessa attività lavorativa, analogo al principio cardine che regge l’impianto delle misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone”. Inoltre, ad esempio l’Austria prevede “incentivi nei confronti delle imprese che assumono lavoratori in disoccupazione”, mentre in sei regioni francesi su 13 è stato introdotto “l’obbligo dell’uso della lingua francese nei cantieri pubblici”.
Per cercare di tener conto delle specificità del Ticino rispunta anche la clausola di salvaguardia ‘bottom up’, elaborata nel 2016 dall’ex Segretario di Stato Michael Ambühl su mandato del Ticino. Per il Consiglio di Stato tale proposta “è certamente ancora attuale nel suo spirito, ovvero quello di offrire la possibilità di attivare determinate misure a protezione del mercato del lavoro e della popolazione locale, in prima istanza solo a livello cantonale/regionale e solo in determinati casi anche a livello nazionale, se gli effetti negativi della libera circolazione superano determinati ‘livelli soglia’”. Un’eventuale nuova proposta in questo senso dovrà però tener conto “degli eventi che hanno caratterizzato l’Europa in questi anni”, come la Brexit o la crisi economica legata al coronavirus.
Infine, Speziali ha anche chiesto se non sia possibile proporre, nell’ambito della perequazione federale degli oneri, “una modifica dei parametri di calcolo maggiormente aderente alla realtà socioeconomica del singolo Cantone”. Il governo precisa che il Ticino “ha richiesto a più riprese una modifica del sistema perequativo”, ricordando che dal 2012 “l’imposizione dei redditi dei frontalieri è stata ridotta dal 100% iniziale, in vigore dal 2008, al 75%”. Tuttavia ulteriori modifiche (come “la possibilità di introdurre un indennizzo per i Cantoni di frontiera nell’ambito della compensazioni degli oneri sociodemografici”) finora non sono state prese in considerazione dall’autorità federale. Il Ticino continuerà però “a proporre modifiche che tengano maggiormente conto delle proprie specificità”.