Ticino

Non piace a GastroTicino la proposta di una nuova Lear

Suter sulla proposta di Censi: una liberalizzazione eccessiva potrebbe innescare problemi anche sociali. Pianezzi (Hotelleriesuisse): formazione fondamentale

La Legge sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione al vaglio del Gran Consiglio (Ti-Press)
19 giugno 2020
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«La qualità si ottiene con la formazione». Non piace affatto a Massimo Suter, presidente di GastroTicino, la proposta di una nuova Legge sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione (Lear) che prevede meno paletti per poter aprire un bar o un ristorante. La bozza di normativa – elaborata dal deputato leghista Andrea Censi, che l'ha distribuita di recente ai colleghi della commissione granconsigliare 'Costituzione e leggi' (il testo non è stato ancora discusso) – prevede infatti di abolire l'esame per l'ottenimento del diploma cantonale di esercente e di attribuire ai Comuni (e non più al Cantone) la competenza di rilasciare, o di ritirare, la patente per gestire un esercizio pubblico. Secondo Suter, con una liberalizzazione del settore il numero di bar e ristoranti aumenterebbe eccessivamente, con il rischio di generare anche ulteriori «problematiche sociali», afferma da noi contattato.

Il presidente di GastroTicino sottolinea poi che la revisione della Lear, attualmente al vaglio del Gran Consiglio, va già nella direzione auspicata da chi vuole una nuova legge meno burocratica: l'intenzione della revisione è quella di apportare correttivi «dove è necessario. E questo è stato fatto, coinvolgendo la politica le autorità e le associazioni di categoria. Abbiamo così trovato un giusto compromesso che va a liberalizzare per certi versi il settore pur mantenendo alcuni paletti». Da un lato sono previsti «determinati allentamenti di obblighi e quindi una maggiore libertà di azione per i gerenti». Dall'altro si vuole evitare che si possa «aprire un bar o un ristorante in ogni angolo del territorio», con conseguenti problematiche legate ad esempio «al disturbo della quiete pubblica, alle dipendenze o alla disoccupazione».

Già, perché una liberalizzazione del settore potrebbe spingere alcune persone a osare e aprire, ad esempio, un bar indebitandosi. Se poi l'attività fallisce, il rischio è di «finire in assistenza» e quindi a carico dello Stato. E ciò proprio a causa del fatto che «non vi è stata alcuna formazione. Anche oggi ci sono esercizi pubblici che falliscono, ma con il sistema attuale si cerca di ridurre al minimo questo rischio». Insomma, «il settore della ristorazione necessita di regole ben chiare e soprattutto di formazione», ribadisce Suter. Formazione che è alla base di moltissime professioni: «Non capisco perché in questo caso un cittadino qualsiasi possa decidere di diventare un esercente», senza un'adeguata preparazione. «Posso comprendere che ci siano persone che si chiedono perché è necessario fare un corso per aprire un bar o un ristorante. Tuttavia, non bisogna dimenticare che si tratta di una realtà economica che dà soddisfazioni, ma richiede capacità che vanno apprese».

A formare i futuri esercenti è proprio GastroTicino, mentre la valutazione finale spetta al Cantone. Se questa istruzione venisse a cadere, cosa significherebbe per l'associazione? «È chiaro che qualsiasi formatore guadagna, ma noi non lucriamo sulla formazione. Inoltre, se non potremo più offrire i nostri corsi, vorrà dire che dovremo lasciare a casa i nostri istruttori».

Censi si è ispirato alla legge esistente nel Canton Grigioni che, stando al leghista, regolamenta egregiamente il settore. Il presidente di GastroTicino fa da parte sua notare che «ci sono realtà cantonali che hanno liberalizzato il settore e che adesso stanno tornando sui loro passi. E questo perché non vi era più alcun tipo di controllo in ambito di personale, di igiene, di formazione e così via. È vero che alcuni Cantoni non sono così ‘restrittivi’ come il Ticino, ma mettono comunque dei paletti per l’ottenimento dell’autorizzazione per poter esercitare un’attività economica».

Censi ha anche affermato al nostro giornale di aver raccolto un ampio consenso da parte degli esercenti sulla sua proposta di una nuova Lear. Da parte sua Suter non esclude «che ci siano esercenti non soddisfatti della situazione attuale. Tuttavia, già oggi in Ticino si contesta il fatto che ci sia una concentrazione troppo elevata di esercizi pubblici. E con una liberalizzazione essa aumenterà ancora di più. Inoltre, staremo a vedere quanti riusciranno a sopravvivere».

Pone l'accento sulla formazione anche il presidente della sezione ticinese di Hotelleriesuisse Lorenzo Pianezzi: «Ritengo che la scuola di esercente sia utile dato che ti permette di conoscere a fondo l'ambito professionale. Chi la frequenta deve studiare fra l'altro non solo le regole, anche igieniche, per una tenuta corretta del ristorante e quindi della cucina, ma anche il contratto collettivo nazionale di lavoro e i relativi regolamenti, nonché il sistema pensionistico svizzero. Non dimentichiamoci infatti che nella ristorazione sono attive spesso persone straniere che vengono qui a lavorare: apprendere anche le normative vigenti nel settore è fondamentale». Pianezzi considera quindi «un peccato l'eventuale abolizione del diploma cantonale di esercente, proprio per l'utilità di tutto ciò che viene insegnato durante il percorso di formazione per ottenere quel diploma». E l'insegnamento, evidenzia il presidente di Hotelleriesuisse Ticino, «è estremamente valido». Secondo Pianezzi, il rischio, qualora passasse la proposta di Censi, «è di far aprire ristoranti a persone che potrebbero non avere un'idea delle spese che la gestione dell'esercizio comporta. E la scuola ti spiega pure i costi che devi affrontare. Insomma, perderemmo un momento formativo importante per un settore che ha bisogno di qualità».

 

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