Ticino

Suter: 'Un ristorante su dieci getterà la spugna, prima o dopo'

Lunedì si riapre, ma il lockdown ha pesato e le misure di protezione complicano la situazione. Quadro preoccupante per il presidente di GastroTicino

In attesa di riaprire (Ti-Press)
7 maggio 2020
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Esercizi pubblici e i paletti per la loro riapertura (distanziamento sociale di due metri, massimo quattro persone al tavolo...), le regole stabilite dal Piano di protezione, frutto delle 'trattative' tra le associazioni di categoria e gli uffici federali della sanità pubblica e della sicurezza alimentare, «non agevoleranno il lavoro di una parte della ristorazione: per esempio la misura della tracciabilità del cliente ci è stata imposta unilateralmente - afferma il presidente di GastroTicino Massimo Suter -. Temo che nel nostro cantone un dieci per cento circa non riaprirà. Se non getta la spugna subito, lo farà in corso d’opera».

A rischio per via degli effetti economici nefasti di questa pandemia, ma per via anche dell'impatto delle restrizioni contemplate dal Piano «potrebbero essere esercizi pubblici talmente piccoli e ora costretti a lavorare al venti per cento della loro potenzialità, locali che facevano già fatica ed esercizi gestiti da persone in età avanzata, che fatti due calcoli potrebbero decidere di smettere, ma anche grandi strutture con costi di gestione elevati che a seguito delle restrizioni potrebbero accusare una riduzione significativa delle entrate». A livello nazionale, rammenta Suter, sono «260mila i posti di lavoro legati al settore, nel quale sono attivi circa 28'500 esercizi pubblici. Stando alle stime di GastroSuisse, ci potrebbero essere un 25/30 per cento di chiusure, che corrisponderebbero grossomodo a 60mila posti di lavoro in meno». In Ticino «sono 16mila i posti di lavoro e intorno alle duemila le aziende gastronomiche: penso purtroppo che le chiusure saranno tra le centocinquanta e le duecento. Vedremo». Osserva Suter: «Dopo questa chiusura forzata dovremo rinascere dalle nostre ceneri, nella speranza che ciò non si trasformi in un volo pindarico».

Ma cosa succederà, in termini di indennità, per quegli esercizi che sceglieranno di non riaprire? «Dall’11 maggio decade il diritto all’indennità di lavoro ridotto speciale, ci sarà solo quella di base, normale, che non è così vantaggiosa», risponde. E aggiunge: «Mi sembra corretto: ci hanno fatto chiudere perché c’era un’emergenza sanitaria, adesso a detta delle autorità sanitarie la situazione è migliorata e si può riaprire. Se un esercente decide di non riaprire perché teme di guadagnare poco, a mio avviso non è lo Stato che deve pensarci».

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