Ticino

'Razzismo a senso unico', Caverzasio si smarca da Quadri

Un controverso articolo del 'Mattino' mette in rapporto criminalità ed etnia. Il Consigliere di Stato Gobbi ribadisce il suo impegno per le minoranze, Zali non si pronuncia.

(Ti-Press)
3 giugno 2020
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«Non ho nessun problema a dichiarare che l’articolo non rispecchia il mio pensiero. D’altronde la firma è di Lorenzo Quadri, e quindi è lui ad assumersene la responsabilità». Il neopresidente del Gran Consiglio Daniele Caverzasio è netto nel prendere le distanze dal collega di partito Lorenzo Quadri. Il motivo: un articolo pubblicato sul ‘Mattino’ di domenica scorsa – titolo: 'Razzismo a senso unico' – dedicato alla morte dell’afroamericano George Floyd, soffocato dal ginocchio di un poliziotto a Minneapolis dopo una lunga agonia. Il direttore leghista vi sostiene che “la stampa di regime sta cavalcando senza vergogna l’accaduto con il consueto obiettivo: montare la panna sul presunto razzismo, per fare il lavaggio del cervello al popolazzo”; perché “i crimini interrazziali negli Usa sono sì una piaga, ma nel senso esattamente inverso rispetto a quello spacciato dai giornalai pro-multikulti”: “Gli atti di violenza dei neri sui bianchi sono dieci volte di più di quelli in senso inverso”. Toni che Caverzasio non condivide: «Il mio richiamo resta quello fatto in occasione del mio insediamento quale presidente del Gran Consiglio: invito tutti a dialogare all'insegna del senso civico e della correttezza, da destra a sinistra, indipendentemente dal partito di appartenenza. Va bene il senso critico, ma certi modi e toni vanno evitati almeno nelle sedi istituzionali: serve compattezza, oggi più che mai».

Da parte sua, il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi precisa: «Non mi permetto di censurare la libertà d’opinione di nessuno, è chiaro che la questione sarebbe stata più problematica se il pezzo fosse uscito a nome di tutta la Lega». Quanto al fatto che le polemiche del ‘Mattino’ possano essere fonte di imbarazzo per chi tra i leghisti ricopre un ruolo istituzionale – specie quando si fa riferimento a eventi così delicati e si tira in mezzo la questione razziale –, Gobbi è tranquillo: «Ribadisco il mio impegno a nome di tutti i cittadini nella lotta al razzismo e a tutela delle minoranze: anche in questa fase di emergenza coronavirus abbiamo messo una persona appositamente a disposizione delle diverse comunità anche religiose». L’altro Consigliere di Stato leghista, il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali, non ha voluto prendere posizione sul tema.

Lorenzo Quadri si è invece giustificato sostenendo che «tutte le analisi possono essere parziali. Quello che mi interessa sottolineare è come si strumentalizzi la morte del povero Floyd per fomentare polemiche anche alle nostre latitudini, come si è visto con la manifestazione di lunedì a Zurigo. Un modo di fare che mostra poco interesse per la questione, e semmai risponde all’esigenza di sostenere politiche immigrazioniste qui in Svizzera».

Dati fuorvianti

Ma i dati forniti da Quadri non toccano la Svizzera. Il Consigliere nazionale parla semmai di Stati Uniti, e minimizza la questione razzismo notando che “nel 2018 le forze dell’ordine statunitensi hanno ucciso 400 bianchi e 209 neri”. Senza però dire che gli afroamericani costituiscono il 13% della popolazione, i bianchi quasi il 70%, e quindi il tasso di mortalità tra neri è tre volte più alto. Quasi tutti gli studi ‘peer-reviewed’ – ovvero verificati dalla comunità scientifica di riferimento – confermano una disparità di trattamento da parte della polizia Usa ai danni degli afroamericani, anche se non è ancora chiaro quanto questo sia dovuto al razzismo degli agenti e quanto invece a fattori economici e sociali.

Venendo ai crimini violenti in generale, i dati utilizzati da Quadri fotografano solo una parte del problema, anche se molti siti Usa vicini ai suprematisti bianchi li hanno utilizzati per alimentare le ostilità (tra questi ‘Vdare’, che la no-profit ‘Southern Law Poverty Center’ lista tra i ‘siti dell’odio’, descrivendolo come “anti-immigrati” e accusandolo di “pubblicare regolarmente articoli di nazionalisti bianchi e ‘scienziati’ della razza”). Il ‘Bureau of Justice Statistics’ (Bjs) mette in guardia su un fatto: nonostante la sproporzione nei crimini ‘interetnici’, quando la vittima è bianca nel 62% lo è anche il suo aggressore, che solo nel 15% dei casi risulta invece afroamericano (ammonta per contro al 10% la percentuale di reati violenti perpetrati dai bianchi ai danni degli afroamericani). La maggior parte delle violenze, insomma, è 'intraetnica'. Inoltre, uno studio pubblicato sulla ‘International Review of Law and Economics’ nota che in città come Los Angeles la violenza dei bianchi contro i neri è addirittura maggiore di quella ‘inversa’.

Su una cosa, infine, quasi tutti gli esperti concordano: è metodologicamente scorretto – e pericoloso – spiegare il tasso di criminalità più elevato con fattori etnici o culturali. I motivi delle aggressioni sono i più svariati, i crimini d’odio giocano un ruolo marginale e a fare la differenza può essere semmai lo stato di emarginazione e povertà dell’aggressore, che incide chiaramente di più sulle comunità afroamericane. D'altronde, è proprio dalla segregazione socioeconomica che passa il razzismo 'sistemico': se lo si dimentica, il rischio è quello di stigmatizzare differenze che hanno a che fare con la miseria, non con il colore della pelle.