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No scuola di polizia nel 2026? Fsfp e sindacati insorgono

Federazione, Ocst e Vpod scrivono al governo: ‘Rifletti bene sulle conseguenze’. Galusero sull'iniziativa taglia dipendenti cantonali. ‘È scellerata!’

Il presidente della sezione ticinese della Fsfp Ivan Cimbri
(Ti-Press)
22 novembre 2024
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Formazione aspiranti agenti e risparmi: la decisione del Consiglio di Stato, da lui resa nota nel messaggio varato in settembre sul Preventivo 2025 del Cantone, di non organizzare la Scuola di polizia l’anno successivo preoccupa, e non poco, le associazioni del personale. A cominciare dalla sezione ticinese della Federazione svizzera dei funzionari di polizia. La rinuncia all’edizione 2026 della scuola «avrà conseguenze negative non solo per la Polizia cantonale ma anche per tutti gli altri enti preposti alla sicurezza che fanno capo al nostro Centro di formazione: le polizie comunali, il personale italofono della Polizia dei Grigioni, della Polizia dei trasporti e della Polizia militare, ma pure la Guardia pontificia», ha sottolineato durante l’assemblea, tenutasi nel pomeriggio, Ivan Cimbri, nella sua prima relazione da presidente della Fsfp. Una misura «tutt’altro che lungimirante», ha sostenuto a sua volta Alessandro Polo, alla testa delle divise affiliate alla Cristiano sociale, ospite dei lavori assembleari della Federazione.

La lettera al Consiglio di Stato

Fsfp e i sindacati Ocst e Vpod non sono rimasti con le mani in mano. Nei giorni scorsi, ha fatto sapere Cimbri, hanno scritto al Consiglio di Stato, invitandolo a “riflettere attentamente” sugli effetti della “soppressione” della Scuola di polizia nel 2026. In passato decisioni analoghe, si ricorda nella lettera congiunta, “hanno avuto come conseguenza, nella maggior parte dei casi, l’organizzazione negli anni successivi di scuole dai numeri maggiorati e scuole abbreviate”. Insomma, si risparmia un anno ma si rischia di spendere di più dopo. Inoltre interrompere il ritmo annuale della scuola potrebbe pregiudicare, almeno in parte, la formazione.

“La mancanza di una scuola nel 2026 – scrivono ancora Federazione, Ocst e Vpod – avrebbe anche delle conseguenze più dirette per la Polizia cantonale, dovute alla diminuzione del personale di cui disporre in sostituzione del personale in uscita”. Il discorso delle tre organizzazioni tocca anche l’attrattività della funzione pubblica: “Coscienti e preoccupati della volontà politica più volte palesata da alcuni partiti di diminuire gli effettivi della nostra Polizia, questa misura potrebbe innescare un effetto incontrollato se non è accompagnata da una revisione dei compiti. Condizioni di lavoro peggiorative potrebbero generare infatti maggiori partenze di quelle che già oggi si contano. Dai dati forniti emerge che la Polizia cantonale conta partenze per oltre una trentina di agenti l’anno, tra pensionamenti e dimissioni. Se i primi possono essere stimati, le altre partenze lo sono meno e possono trascinare gli effettivi in un vortice dagli effetti nefasti”.

E una missiva è partita anche dall’Associazione delle polizie comunali, ha indicato Orio Galli. «Abbiamo sottolineato all’attenzione del Consiglio di Stato – ha aggiunto il presidente dell’Apcti – di preservare la formazione di base attraverso l’attuale ritmo, annuale, della scuola».

Gobbi: sono consapevole del problema

In un videomessaggio all’assemblea della Fsfp il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi (impegnato in riunioni oltre Gottardo) ha condiviso i timori delle associazioni del personale: «Il contesto finanziario è difficile, sono comunque consapevole che l’assenza nel 2026 di una Scuola di polizia creerebbe un vuoto non trascurabile a livello di effettivi». Richiamando la posizione geografica del Ticino, il consigliere di Stato ha rammentato «che siamo la porta d’entrata della Svizzera per i flussi migratori. Siamo però anche un cantone turistico». Senza dimenticare i frontalieri. «In certi momenti dell’anno in Ticino si registra un numero rilevante di persone». Con quello che ne può derivare in termini di sicurezza e traffico. Ciò che richiede anche un numero adeguato di agenti di polizia. Gobbi: «Attraverso le rispettive forze dell’ordine, Cantone e Comuni sono chiamati a garantire un presidio di qualità del territorio», per svolgere ed eseguire, «nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali», ruoli e compiti stabiliti dalla legge. Fare il poliziotto in Ticino, ha rilevato il presidente del Gran Consiglio Michele Guerra, aprendo l’assemblea diretta in veste di presidente del giorno, «comporta competenze particolari, in un cantone che è anche crocevia di attività, pure transfrontaliere, particolari». Cioè illecite.

‘Sarebbe un taglio lineare inaccettabile’

Gobbi e Guerra, tuttavia, appartengono politicamente a quel movimento, la Lega, che insieme all’Udc ha promosso, con l’adesione di esponenti del fronte borghese e del settore economico, l’iniziativa popolare ‘Stop all’aumento dei dipendenti cantonali’: sollecita una riduzione degli statali, ad eccezione degli insegnanti e del personale dell’Organizzazione sociopsichiatrica. «La politica ticinese non ha più il coraggio di fare delle proposte di modifiche strutturali e allora abbiamo iniziative come questa: un’iniziativa scellerata! – ha sbottato in sala Giorgio Galusero, già ufficiale della Polizia cantonale, già granconsigliere per il Plr ed ex presidente della sezione ticinese della Fsfp –. Un’iniziativa che senza nessuna valida motivazione chiede di tagliare 580 posti entro cinque anni nell’Amministrazione. Per la Polizia cantonale significherebbe settanta, settantacinque agenti che non verrebbero più sostituiti. Io non firmo questa iniziativa e vi invito a fare altrettanto». Per il presidente della Federazione Cimbri «sarebbe un taglio lineare, inaccettabile». Peraltro, come riferito da Lorenzo Hutter, sostituto comandante della Polcantonale, già ora c’è una difficoltà crescente nel reclutare aspiranti agenti: «Un esempio: nel 2015 erano trecento i candidati alla Scuola di polizia, la metà invece all’ultima che è stata organizzata».

Tra gli altri interventi, quello del procuratore pubblico Nicola Borga – «Riceviamo due, tre denunce alla settimana di presunte vittime di truffa dopo aver investito in criptovalute, ma che non sanno accendere un computer» – e quello del segretario generale della Fsfp Max Hofmann: «Serve una piattaforma per lo scambio di informazioni tra le polizie svizzere».