Atte e Pro Senectute raccontano i mesi della clausura durante l'emergenza, la riapertura dei centri e le prospettive per il futuro
Mentre erano chiusi in casa, gli anziani ticinesi non sono stati lasciati soli. Anzi: le realtà dell’associazionismo hanno trovato nuovi modi per assisterli e mantenerli in contatto col mondo ‘là fuori’. Lo testimoniano le esperienze di Pro Senectute – la principale organizzazione di servizi per il mantenimento degli anziani a domicilio – e l’Associazione ticinese terza età (Atte), che fornisce occasioni di incontro, formazione, svago e sostegno su tutto il territorio cantonale. E ora si riparte: non come prima, ma quasi. «Abbiamo già riaperto tutti i nostri 13 centri, sia quelli terapeutici per persone affette da Alzheimer, sia quelli socio-assistenziali per utenti un po’ più autonomi che cercano socializzazione. Il bilancio è positivo», ci spiega il direttore di Pro Senectute Ticino e Moesano Gabriele Fattorini. Anche Atte è pronta: «In questo momento abbiamo riaperto i due centri diurni socio-assistenziali di Lugano e di Biasca, gestiti da personale professionista, in piccoli gruppi e con tutte le precauzioni del caso», nota il presidente Giampaolo Cereghetti. Certo, ancora le attività risentono delle inevitabili limitazioni. «I 12 centri diurni di tipo ricreativo Atte restano ancora chiusi in attesa di ulteriori valutazioni», spiega Cereghetti. «In questo caso operiamo grazie alla buona volontà di tanti volontari – spesso anch’essi anziani – per i quali bisognerà forse prevedere una speciale formazione e la cautela è d’obbligo. Dovremo anche capire come ripartire con i nostri viaggi in tutta sicurezza».
La fine della 'clausura' è stata una benedizione per tutti, figuriamoci per gli Over 65. «I nostri operatori – prosegue Cereghetti – hanno iniziato a rilevare segni di sofferenza nei nostri assistiti dopo mesi di isolamento e solitudine, che si traducevano ad esempio in perdita di concentrazione e di memoria, ma anche di mobilità. Naturalmente ha sofferto di più chi si è trovato chiuso in abitazioni piccole e con pochi legami famigliari: in questo caso un’ulteriore permanenza nella ‘gabbia di vetro’ sarebbe risultata insostenibile. La vita attiva, a livello fisico e mentale, resta fondamentale per garantire la dignità di ognuno». Fattorini conferma: «Mentre prima l’anziano beneficiava di un intervento piuttosto regolare che serviva anche a rallentare eventuali casi di deterioramento cognitivo-relazionale, le difficoltà legate alla pandemia possono aver peggiorato la situazione. Con tutte le conseguenze del caso anche per i coniugi e i figli». A ciò si aggiunga, sottolinea Cereghetti, che «alcuni anziani hanno vissuto molto male la quarantena, forse anche perché a volte si è comunicato con loro in maniera un po’ paternalistica, quasi fossero bambini. La maggior parte comunque è stata molto diligente e scrupolosa».
Ma come ci si è mossi durante il picco della pandemia? Cereghetti: «Abbiamo messo a disposizione un numero verde affidato ai volontari, per offrire uno spazio di conversazione aperta con persone che già si conoscono. Un servizio che ha avuto successo e rimane attivo, e che ora intendiamo rivolgere anche alle fasce più vulnerabili servite dagli Spitex». E ancora: «Ci siamo avvalsi anche delle tecnologie digitali, potenziando siti e pagine social. In particolare abbiamo riaperto in forma ‘virtuale’ – tramite la piattaforma Zoom – l’Università della terza età. Il progetto ha avuto molto successo, arrivando a contare 60/70 persone a ogni lezione. Ciò ha permesso a molti di ‘ritrovarsi’, e la soluzione potrebbe rivelarsi efficace anche una volta passata la pandemia, in particolare per persone a mobilità ridotta. Anche se naturalmente non si può sostituire il piacere dell’incontro personale. Ove possibile poi, in particolare a Biasca, abbiamo effettuato servizi di consegna pasti e medicinali. Abbiamo anche distribuito a tutte le case anziani un dvd dedicato al Monte Generoso, con i filmati di Stefano Mosimann, le fotografie di Giosanna Crivelli e le poesie dialettali di Pino Bernasconi, lette e commentate dal figlio Paolo».
Da parte sua, Pro Senectute si è preoccupata di mantenere i servizi di cura a domicilio: «Durante la chiusura, le strutture terapeutiche si sono reindirizzate sull’assistenza a domicilio e in appoggio ai servizi di Spitex. Abbiamo mantenuto il contatto con tutti i nostri utenti almeno una volta a settimana, e fornito supporti quali la consegna a domicilio e il sostegno psicologico. Parallelamente alla piattaforma digitale sviluppata con Migros, abbiamo garantito una linea di dialogo anche telefonico che poi è andato oltre il semplice supporto logistico, e ci ha permesso una valutazione globale della situazione».
Comunque sia, per Cereghetti ora «è fondamentale tornare a valorizzare la curiosità e l’apporto attivo della terza età al nostro contesto sociale. In nessun modo la società deve abbandonare gli anziani». «Mi auguro che il loro temporaneo isolamento non si traduca in una barriera duratura al loro coinvolgimento sociale», gli fa eco Fattorini. Che però chiude con una nota di ottimismo: «Come Pro Senectute, stiamo investigando la tenuta dei rapporti intergenerazionali con un lavoro di sondaggio (i primi risultati, pubblicati ieri, sono incoraggianti, ndr). Ma in Ticino la reazione prevalente alla crisi è stata di diffusa solidarietà e di protezione per le fasce più deboli. Spero che si continui con questo esempio di grande unità e senso della responsabilità da parte di tutti, e che questa brutta esperienza rafforzi il legame tra generazioni invece di indebolirlo».