Coronavirus, associazione ticinese di fedeli impugna il decreto governativo e propone misure per rispettare norme e distanze. Come l’iscrizione alla Messa
Di questi tempi la premessa è doverosa. L’associazione “non vuole in alcun modo mettere in cattiva luce le autorità, che in questa situazione di stato di necessità per più di un mese si sono prodigate per mantenere la salute pubblica ed evitare il collasso degli ospedali”. Così come “non vuole in alcun modo banalizzare la pandemia” e “nemmeno si vogliono contestare le misure sanitarie accresciute”. Ciò detto, “si vuole semplicemente dimostrare che pur nella delicata situazione attuale, adottando le misure precauzionali che si impongono, non si rende necessario un divieto totale delle funzioni religiose nei luoghi di culto”. Parole contenute nel ricorso che l’associazione ticinese di fedeli ‘Santa Messa cattolica in rito antico San Salvatore’ ha inoltrato lunedì al Tribunale cantonale amministrativo (Tram) contro la risoluzione del 15 aprile con cui il Consiglio di Stato ha prolungato, fino a domenica 10 maggio, la sospensione in Ticino delle funzioni nei luoghi di culto, uno dei provvedimenti varati per contenere la diffusione del coronavirus. La ricorrente chiede ai giudici di modificare il decreto governativo, introducendovi misure da lei proposte. E che secondo l’associazione permetterebbero lo svolgimento delle funzioni religiose, a cominciare dalla Messa, nel rispetto delle norme igieniche accresciute e della distanza sociale.
Concretamente? Nel ricorso si suggeriscono una serie di condizioni “imperative e cumulative” affinché le funzioni religiose possano avvenire. Per esempio escludendo dai riti le persone “malate o che si sentono malate” e quelle “particolarmente a rischio” (che soffrono in particolare “di ipertensione arteriosa, di diabete, di malattie cardiovascolari o croniche delle vie respiratorie”, che sono sottoposte a “terapie che indeboliscono il sistema immunitario” o che sono affette da tumore), ad eccezione “delle persone a partire dai 65 anni di età che sono in perfetta salute”. Altre condizioni: “L’organizzatore” della funzione religiosa affigge all’entrata del luogo di culto “i cartelli dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) sui provvedimenti di protezione generali come igiene delle mani, distanza sociale o igiene in caso di tosse e raffreddore”; mette “del disinfettante a disposizione di tutti all’entrata del luogo di culto”; adegua “gli spazi in modo che possano essere rispettate le raccomandazioni dell’Ufsp concernenti l’igiene e il distanziamento sociale"; prevede “un sistema di annuncio preventivo per ogni funzione liturgica, che viene chiuso al momento in cui è raggiunto il numero massimo di persone ospitabili nel luogo di culto (celebranti e ministranti inclusi)”. Inoltre: “Alla funzione liturgica possono partecipare solo coloro che si sono iscritti previamente”, durante la funzione il luogo di culto “non è accessibile a terze persone”.
Per l’associazione ‘Santa Messa cattolica in rito antico San Salvatore’, il divieto assoluto delle funzioni religiose, imposto dall’Esecutivo cantonale, violerebbe la libertà religiosa sancita dalle Costituzioni federale e cantonale e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Lo considera anche lesivo della parità di trattamento, “soprattutto ora che il Consiglio di Stato ha permesso l’apertura dei cantieri”. Con riferimento alle funzioni religiose, “misure meno incisive” di un divieto assoluto “sono concretamente possibili”, afferma l’associazione. Questione distanze sociali (da rispettare): “Certo, i posti disponibili si riducono drasticamente, ma una possibilità rimane pur sempre praticabile – annota la ricorrente –. Nella Chiesa di Santa Marta a Carona, per esempio, nello spazio ora fruibile si sono potuti creare nove posti, di cui sette a sedere per i fedeli, uno per il celebrante e uno per il ministrante”. Nella Cattedrale di Lugano o nella Collegiata di Bellinzona “si potrebbero realizzare più posti disponibili, analogamente per le Chiese parrocchiali che sono più capienti”. Insomma “più l’edificio è ampio e più questo sarà possibile”. Questione assembramenti (vietati): “È sufficiente che le celebrazioni avvengano su iscrizione – indica l’associazione –. Oggi esistono sistemi informatici performanti che permettono facilmente e a costo zero di organizzarsi (si veda la nota applicazione Doodle): in questo modo non ci sarebbero assembramenti né dentro l’edificio di culto né fuori sul sagrato dello stesso”. E “anche il pericolo di possibili assembramenti dovuti al via vai dall’edificio di culto può essere evitato, bloccando l’entrata durante la celebrazione”. Ovviamente, tiene a sottolineare la ricorrente, “le autorità religiose devono adattare il rito alle esigenze sanitarie (niente strette di mano, baci liturgici ecc.)”.
L’associazione, si legge ancora nel ricorso indirizzato di recente ai giudici del Tribunale cantonale amministrativo, “presta dunque la massima attenzione alla salute fisica, ma non vuole dimenticare che c’è anche una salute mentale e soprattutto una salute spirituale”. E vi sarebbero le condizioni, aggiunge, “per fare convivere queste esigenze, senza che l’una prevalga sull’altra”.