Dopo aver incassato il sì a un'ulteriore settimana di finestra di crisi, il Consiglio di Stato presenta le nuove misure
La prossima sarà l'ultima settimana di finestra di crisi in Ticino. Dopo aver incassato il via libera da Berna a mantenere misure più restrittive sull'economia rispetto a quanto previsto dalla Confederazione, dal 4 maggio il nostro cantone «sarà integralmente allineato a quanto prevede l'ordinanza federale», ha rilevato il presidente del Consiglio di Stato Christian Vitta poco fa durante l'incontro con la stampa. Nel frattempo le misure che entreranno in vigore lunedì prossimo prevedono nuove concessioni.
«Il virus è ancora qui e, di pari passo con l'allentamento dei provvedimenti, dobbiamo attenderci un ulteriore aumento dei casi di contagio – ha fatto notare il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa –. Ecco perché bisogna continuare ad essere responsabili». Un appello ripreso anche da Vitta: «Dateci una mano: continuate a rispettate le misure igieniche e la distanza sociale. Dobbiamo remare tutti nella stessa direzione affinché l'attività economica possa essere rilanciata e l'occupazione venga mantenuta. Ci attendono mesi impegnativi».
Non manca tuttavia un punto di 'frizione' tra Ticino e Berna. Il Consiglio di Stato ritiene infatti che la distanza tra le prima e la seconda fase della riapertura prevista dalla Confederazione (ovvero tra il 27 aprile e l'11 maggio) sia insufficiente per capire le conseguenze delle misure prese. «Per vedere apparire i sintomi ci vogliono tra i 7 e 10 giorni . A questi vanno aggiunti eventuali 4 giorni pre capire se è necessaria un'ospedalizzazione» ha rilevato De Rosa, facendo notare come si arrivi così ai 14 giorni che separano 27 aprile da 11 maggio. Una perplessità che l'esecutivo di Bellinzona ha espresso al governo federale in una lettera inoltrata nelle scorse ore. Lettera in cui si chiede inoltre l'aumento dei tamponi e un maggiore controllo di tipo sanitario alle frontiere.
Intanto si comincia a delinearsi anche l'entità del sostegno all'economia con ben 8'450 crediti garantiti dallo stato emessi sino a ieri sera in Ticino. Il tutto per una cifra pari a 990 milioni. «Abbiamo quasi raggiunto il miliardo di franchi, in parte soldi erogati direttamente altri sotto forma di linee di credito cui si può attingere», ha informato Vitta.
Sul fronte sanitario non calano le perplessità sulla situazione nelle case anziani, dove si sono registrati poco meno della metà dei decessi per Covid-19 in Ticino: 133 su poco meno di 300. «Ci rincuora che 130 anziani siano riusciti a superare la malattia, compresa una signora di 101 anni», ha sottolineato De Rosa. Venerdì il tema sarà al centro di un momento informativo specifico: «Si tratta comunque di una situazione riscontrata anche in altri cantoni, come nel Canton Vaud», ha fatto notare il direttore del Dss, aggiungendo che «è probabile che i divieti di accesso alle case di riposo rimangano per un po' di tempo».
Nel frattempo migliora la situazione generale: «Dal picco, il numero di persone da ricoverare si è dimezzato e abbiamo registrato un sensibile calo di chi è ricoverato in cure intense. Sono dati incoraggianti che devono incentivare a proseguire in questa direzione. Il Ticino ha reagito in modo compatto, ma non bisogna abbassare la guardia: la malattia può colpire tutti e tra gli intubati c'è anche chi ha meno di 40 anni». E, come detto, le riaperture minacciano di far riprendere vigore alla pandemia.
Anche per questo il Ticino intende aumentare il numero di tamponi effettuati. «Abbiamo tuttavia bisogno un po' di tempo per implementare i potenziamenti previsti», ha precisato De Rosa. Si pensa anche a come riprendere l'attività di tracciamento dei contatti di un contagiato; oltre che attraverso l'app in corso di sviluppo a livello federale, il governo ha fatto approntare 10 linee telefoniche presso il centro della protezione civile di Rivera.
Sul fronte dei test sierologici per capire quanti ticinesi sono entrati in contatti con il virus, si è iniziato in questi giorni con il personale sanitario con uno screening in tre tappe, mentre non è escluso un'estensione alla popolazione in seguito.
Sul tavolo del Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport (Decs) vi è invece il sensibile tema della riapertura delle scuole dell'obbligo a partire dall'11 maggio, così come previsto dal Consiglio federale. L'ipotesi è di farlo con metà classe alla volta fino al 19 giugno, «con la possibilità per i bimbi di 3 anni di andare o meno a scuola – ha commentato Mauele Bertoli, direttore del Decs – L'idea è di avere piccoli gruppi (9 o 10 allievi alla vosta), gestendo entrata e uscita in momenti diversi. La refezione alla scuola dell'infanzia sarà sospesa mentre per le altre mense, saranno aperte solo su necessario». Oggi «è iniziato il primo dialogo con i comuni. Un dialogo franco, dove le opinioni in parte divergono. Molti enti locali sono pronti a entrare in questa logica, pur con la richiesta di dettagliare e precisare alcuni punti critici. La consultazione continuerà anche con genitori e docenti». Il Cantone non attende quindi le linee direttive del Consiglio federale pre muoversi, che dovrebbero arrivare il 29 aprile. «Le nostre saranno comunicate subito dopo».
Il Cantone, «capendo le preoccupazioni di alcuni docenti ha deciso di fornire una mascherina facoltativa per chi insegna, sia nelle scuole comunali sia in quelle cantonali dell'obbligo», ha commentato Bertoli. I docenti («ma anche i dipendenti dell'amministraizone cantonale») che presentano situazioni che li mettono particolarmente a rischio «verosimilmente dovranno andare in malattia, con il rischio di rimanerci per molto tempo. In ogni caso sino a quando il problema legato alla diffusione del virus non sarà risolto. La protezione sarà garantita anche agli allievi a rischio: «Penso a chi ha un diabete forte. Questi giovani saranno seguiti con dei programmi individuali e particolari».
Diverso il discorso per quanto riguarda chi ha dei famigliari in casa che sono a rischio: «È un problema che non hanno solo i docenti: non lo possiamo risolvere sollevando dalle loro incombenze tutti quelli che si trovano in questa situazione. La soluzione deve qui essere individuata nelle case. Non sarà facile».
«I risultati dell'impegno collettivo si stanno vedendo: siamo fieri e orgogliosi del vostro agire. Siamo riusciti a contenere la diffusione del virus – ha sottolineato Vitta –. Ma l'impegno deve continuare, con le misure igieniche che devono far parte della nostra nuova e diversa quotidianità». Una realtà cambiata: «Il cambiamento ha toccato nel profondo tutti noi, dovendo prenderci una pausa da una vita frenetica e fatta di ritmi. Ora siamo di fronte all'incertezza e siamo spaventati: le sicurezze e le certezze sono improvvisamente crollate mostrando la nostra debolezza, collettiva e condivisa».