Ticino

Neomamme, la protezione contro il licenziamento è 'mini'

La Commissione economia accoglie il principio dell'iniziativa Fonio (ppd) ma limita il periodo a soli sei mesi invece dei dodici richiesti

L’iniziativa lo stesso periodo riservato all'allattemento (Ti-Press)
7 marzo 2020
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Niente da fare, almeno per ora, per l’iniziativa cantonale del Ppd che chiede di aumentare a un anno il periodo di protezione dalla disdetta per le neomamme al termine del congedo maternità. Il testo, con primi firmatari il presidente cantonale Fiorenzo Dadò e Giorgio Fonio, fa leva sul fatto che nel giugno 2014 è entrata in vigore una modifica di legge che prevede come nel primo anno a seguito della nascita del figlio, la mamma debba avere la possibilità di allattarlo al lavoro. Obiettivo dell’iniziativa cantonale, togliere “l’incongruenza” che vede da una parte questo anno concesso per legge, e dall’altra il fatto che i mesi di protezione dalla disdetta al termine del congedo sono quattro. La richiesta di portare a un anno anche questa protezione non ha fatto breccia nella Commissione parlamentare economia e lavoro. La maggioranza composta da Plr, Lega e Udc ha infatti aderito al rapporto firmato da Cristina Maderni (Plr). «Per me 12 mesi sono troppi», esordisce interpellata dalla ‘Regione’. Nel senso che «è vero che dobbiamo considerare la situazione delle neomamme, ma dobbiamo valutare anche quelle che sono le condizioni delle aziende ticinesi e svizzere e la loro realtà». Una realtà, prosegue Maderni, «che è composta da piccole aziende, con pochi dipendenti, dove l’assenza di anche una sola persona si fa sentire».
Comunque non è una bocciatura in toto del testo. «Abbiamo proposto una sorta di compromesso», riprende la granconsigliera liberale radicale. «Invece dei 12 mesi chiesti dall’iniziativa cantonale, alziamo dagli attuali quattro a sei i mesi in cui non può essere data la disdetta». E perché sei? «Presto detto: è una proposta allineata a quello che dice il Codice delle obbligazioni che prevede, all’articolo 336, un limite di 180 giorni, quindi sei mesi, alla disdetta in caso di malattia». Un compromesso che non si limita ad alzare di due mesi il termine fissato per legge, ma che va ad agire sullo strumento del lavoro ridotto. «Il vero problema, secondo noi, è quando la mamma torna a lavorare al 100 per cento dopo un lungo periodo a casa. Quindi, per rendere il rientro graduale, concediamo alle neomamme un congedo non pagato pari allo scendere al massimo del 30 per cento del proprio tempo di lavoro».

Dadò (Ppd): ‘La situazione in Ticino è troppo critica, serve di più’

La questione del lavoro ridotto è l’unica cosa che salva il rapporto di minoranza firmato da Fabrizio Sirica e Fiorenzo Dadò. Da noi interpellato, il presidente del Ppd annota: «È molto importante come strumento, ed è altrettanto importante che non sarebbe più a discrezione del datore di lavoro ma un diritto concesso indipendentemente dalla sua disponibilità». Ma ci fermiamo qui. Sì, «perché nella realtà sociale del Canton Ticino non siamo nuovi a situazioni di neomamme licenziate, qualcosa di davvero scandaloso». Ciò detto, ripercorrendo quanto affermato nel rapporto, Dadò aggiunge che «persiste, è inutile negarlo, il timore di venire licenziate nel caso in cui si provasse a far valere il diritto di allattare. Adeguando questo periodo di protezione al lavoro a quello in cui la legge dice che è consentito allattare, è nostra opinione che possa essere uno strumento utilizzabile per migliorare la soluzione. E soprattutto efficace». A oggi, conclude Dadò, «due settimane dopo la fine del congedo maternità di 14 settimane, quindi dopo quattro mesi, una mamma può venire licenziata: un evento traumatico».