Il segretario cantonale dell'Ocst Renato Ricciardi ribadisce la necessità di un confronto tra partner sociali
Il salario minimo legale dal 2021 e l’entrata in vigore da quest’anno del Contratto collettivo del settore del commercio al dettaglio sono due degli obiettivi che il sindacato Ocst ha contribuito a far raggiungere negli scorsi mesi. «Il contratto collettivo è il vero strumento di regolazione del mercato del lavoro, un metodo potente che non prende in considerazione solo l’aspetto salariale», afferma Renato Ricciardi, segretario cantonale dell’Ocst. «Nascendo nell’ambito di un confronto tra i partner sociali, il Ccl contempla il complesso di tutte le condizioni che vanno regolate nei settori specifici: tempi di lavoro, esigenze di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare, formazione e carriera, malattia, prepensionamento, per fare solo qualche esempio», continua Ricciardi. Questo per dire che quanto ottenuto nell’ambito del contratto della vendita – legato a doppio filo con la legge sugli orari dei negozi – è un primo passo per creare quella comunità contrattuale necessaria al dialogo. «Probabilmente – spiega invece Paolo Locatelli, responsabile per l’Ocst dei settori edilizia e commercio – il Consiglio di Stato è andato un po’ lungo nella definizione delle zone turistiche (uno dei due punti del ricorso di Unia al Tribunale federale, ndr)». «Ricordo però che il commercio al dettaglio è in crisi da un decennio almeno; lasciare la libertà ai piccoli commerci di queste zone di tenere aperto più a lungo in alcuni periodi dell’anno può avere ricadute positive», aggiunge ancora Locatelli.
L’entrata in vigore del salario minimo è invece prevista per il prossimo anno. Un fatto che potrebbe migliorare, per esempio, le condizioni salariali di molti dei Contratti normali di lavoro (quelli emanati dall’autorità per contrastare il dumping salariale, ndr). Potrebbe però esercitare pressioni al ribasso sui salari più alti del minimo previsti da questi contratti. «Vigileremo nella Commissione tripartita cantonale affinché ciò non avvenga, anche se teoricamente è possibile. Il salario minimo è pensato per mettere un argine verso il basso. Ad ogni modo in un settore professionale i livelli salariali sono differenziati anche a seconda dell’esperienza e della formazione dei lavoratori. E questo dovrebbe rimanere anche in futuro nei Contratti normali in vigore», afferma Renato Ricciardi che anticipa che il tema è stato sollevato dalla componente padronale della Tripartita e un parere legale da parte del Consiglio di Stato su questo aspetto è atteso nelle prossime settimane.
Uno degli scopi del salario minimo, inoltre, è quello di cercare di portare al tavolo delle trattative i rappresentanti dei settori senza contratto collettivo.
E proprio il tema del ritardo salariale del Ticino rispetto al resto della Svizzera (una differenza negativa del 14,1%) sarà uno dei punti su cui convergerà il lavoro sindacale dei prossimi mesi. L’obiettivo è quello di siglare più Ccl. «Nel settore impiegatizio il dumping è diffuso tanto che sette dei 18 contratti normali di lavoro riguardano questo ambito», ricorda ancora Ricciardi.
«In Ticino esiste un chiaro squilibrio nel mercato del lavoro, che la Segreteria di Stato dell’economia fa fatica a riconoscere», continua il segretario cantonale dell’Ocst che ricorda come anche il tasso di disoccupazione Ilo è molto più elevato rispetto a quello nazionale (8,1% contro il 4,6%). Nello stesso rapporto della Seco, emerge una discriminazione salariale non spiegata dei frontalieri nei confronti dei residenti dell’8%. Nelle altre due regioni svizzere a forte presenza di frontalieri questo differenziale è più basso «È evidente che qualcosa non funziona: le misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone sono necessarie, ma probabilmente non sufficienti per un mercato del lavoro sommerso da un’offerta di lavoratori qualificati a basso costo provenienti dall’estero», aggiunge ancora Ricciardi.