Il Consiglio di Stato chiede ai giudici di Mon Repos di respingere i ricorsi delle ditte che hanno impugnato la legge cantonale. 'È un salario sociale'
“Il salario adottato dal legislativo cantonale essendo fondato su criteri oggettivi e ragionevoli è perfettamente conforme ai dettami del Tribunale federale e consiste in un salario sociale”. Lo “scopo principale” della legge ticinese è “di lottare contro la povertà attraverso l’introduzione di salari minimi vincolanti atti a garantire un tenore di vita dignitoso”: pertanto “nessuna violazione del principio della libertà economica può essere rimproverata al Gran Consiglio”. Così scrive il Consiglio di Stato prendendo posizione, all’indirizzo dei giudici di Mon Repos, sulle tesi sollevate dalle ditte che hanno impugnato davanti al Tribunale federale la normativa cantonale sul salario minimo approvata dalla maggioranza del parlamento lo scorso dicembre. Due i ricorsi: sono stati inoltrati in aprile da complessivamente undici aziende del Sottoceneri, in prevalenza del Mendrisiotto. Ricorsi che il governo chiede al Tf di respingere, richiamando fra l’altro la sentenza con la quale nel luglio del 2017 lo stesso Tribunale federale ha dato luce verde alla legge del Canton Neuchâtel sul salario minimo.
Messa a punto (lungo e travagliato l’iter) in seguito al sì dei cittadini, nel giugno 2015, all’iniziativa popolare costituzionale dei Verdi denominata ‘Salviamo il lavoro in Ticino!’, la legge ticinese prevede, in tre tappe ed entro fine 2024, un salario minimo compreso tra i 19,75 e i 20,25 franchi all'ora. Un paio di mesi fa Mon Repos ha rigettato la richiesta di conferimento dell’effetto sospensivo avanzata dalle ricorrenti in attesa della sentenza di merito. La normativa potrà quindi entrare in vigore il 1° gennaio 2021, anche se gli effetti obbligatori per le ditte inizieranno dal 31 dicembre del medesimo anno, termine per la prima fase di attuazione della legge. Legge che “persegue uno scopo di interesse pubblico di politica sociale, ovvero quello di evitare che i lavoratori attivi in Ticino percepiscano salari insufficienti a garantire un tenore di vita dignitoso nel cantone, indipendentemente dal numero di frontalieri che, attualmente, sono impiegati sul nostro territorio”, ribadisce il Consiglio di Stato nelle osservazioni inoltrate al Tribunale federale nelle scorse settimane. Secondo le aziende che si sono rivolte a Losanna vi sarebbero però altri modi per combattere la povertà in Ticino: gli strumenti maggiormente adatti sarebbero, ritengono, i contratti normali di lavoro (Cnl) o i contratti collettivi di lavoro (Ccl). “Tale censura non è minimamente condivisibile”, sostiene perentorio il governo. “Anzitutto i Cnl – rileva – perseguono uno scopo diverso da quello della legge in questione: sono infatti degli strumenti di politica economica aventi per scopo la lotta contro il dumping salariale quando vengono riscontrati in determinati settori dei salari ripetutamente abusivi”. La legge cantonale invece “non si prefigge di lottare contro le distorsioni nel mercato del lavoro in determinati settori economici, bensì di lottare in maniera generale contro la povertà in Ticino. Il fatto che il salario minimo sia differenziato per settore economico non cambia, da un lato perché esso è applicabile a tutti i dipendenti salariati che svolgono abitualmente la propria attività in Ticino, dall’altro perché i salari minimi benché leggermente differenziati corrispondono a un salario sociale che si aggira attorno ai 20 franchi all’ora riconosciuto come tale” dal Tribunale federale nel caso neocastellano. La legge ticinese, ricorda inoltre il Consiglio di Stato, “è applicabile solamente ai rapporti di lavoro non coperti da un Ccl di obbligatorietà generale o che fissa salari minimi obbligatori”. La sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro tra parti sociali “rimane possibile, anzi, con il messaggio lo scrivente governo ha dato prova di voler favorire tale via”. Per il governo “né i contratti normali di lavoro né i Ccl sono degli strumenti equivalenti e meno incisivi rispetto al salario minimo cantonale. Di certo tali strumenti non risulteranno meno incisivi del salario minimo legale in quanto da una parte, a far tempo dall’entrata in vigore effettiva della legge (a partire dal 31 dicembre 2021), i salari minimi dei Cnl inferiori saranno abrogati e, dall’altra, si auspica che le parti sociali si accorderanno nel fissare nei Ccl dei salari minimi economici superiori al minimo legale”.
Annota ancora il Consiglio di Stato: “Buona parte della dottrina afferma che, di principio, in ambito di fissazione dei salari non vi sia alcuno spazio per il legislatore cantonale, riconoscendo però la possibilità per i Cantoni di fissare salari minimi per motivi di polizia (ad esempio per eliminare ‘distorsioni’ salariali esistenti o imminenti in determinati settori economici) o per motivi di politica sociale”. Il governo non ha dubbi: “Le soglie dei salari minimi differenziati stabiliti nella legge ticinese sono perfettamente in linea con la giurisprudenza della massima Corte. Dunque, checché ne dicano le ricorrenti, la legge cantonale, rientrando in una materia di competenza cantonale, non viola in alcun modo il principio della preminenza del diritto federale”.
Il Consiglio di Stato rammenta poi che la legge contempla l’introduzione del salario minimo “in modo graduale nell’arco di quattro anni per permettere al mondo economico di adattarsi senza scossoni”. È pure previsto che “il governo, entro il 30 giugno 2024, valuterà l’impatto del salario minimo sul mercato del lavoro ticinese e gli effetti sulle prestazioni di sicurezza sociale erogate a favore di persone occupate”. Il Consiglio di Stato “potrà proporre al parlamento di adattare” il salario minimo fissato dalla legge “segnatamente in funzione dell’evoluzione del costo della vita, della congiuntura e della situazione del mercato del lavoro”.
Le ricorrenti hanno tempo sino a fine agosto per le eventuali repliche.