Il sindacato cristiano-sociale scrive alla Seco chiedendo più diffusione per questo ‘strumento fondamentale per regolare il mercato del lavoro ticinese’
“I contratti di lavoro di obbligatorietà generale sono lo strumento più efficace per sostenere i livelli salariali. Perciò chiediamo alla Segreteria di Stato dell'economia di sostenere la diffusione di questo strumento”. Di più: “Chiediamo inoltre di rivedere la decisione presa sul Ccl delle stazioni di servizio, nel cui decreto di obbligatorietà generale sono esclusi i minimi salariali”. È agguerrita la lettera che il sindacato Ocst ha spedito a Boris Zürcher, capo della Direzione del lavoro presso la Seco. Il motivo è molto semplice. Per l'Organizzazione cristiano-sociale “in Ticino la disoccupazione è sopra la media del Paese e i salari sono sotto la media. Entrambi questi fattori sono molto probabilmente influenzati dalla presenza sul mercato del lavoro di una percentuale consistente di lavoratori frontalieri, fortemente discriminati dal punto di vista salariale. Dalla lettura dei dati emerge che con il passare degli anni la situazione si aggrava”.
Tanto che nell'ultimo Rapporto dell'Osservatorio sulla libera circolazione delle persone, pubblicato alla fine di giugno dalla Seco, “emerge che il salario mediano in Ticino negli anni è cresciuto meno rispetto alle altre regioni, ma non che nel 2018 i salari sono diminuiti. S tratta di un dato che segnala un aumento della povertà”. Ma non è l'unico dato allarmante che l'Ocst ricorda a Zürcher, poiché viene messo nero su bianco che “la Rilevazione della struttura dei salari 2018 rappresenta così la situazione ticinese: il differenziale dei alari ticinesi rispetto alla media svizzera si è alzato al 18%; il Ticino è l'unica grande regione nella quale i salari sono diminuiti invece che crescere; è aumentata la discriminazione salariale tra donne e uomini; è aumentata la disparità salariale tra residenti e frontalieri; i frontalieri in Ticino sono il 27% della manodopera e occupano il 35% dei nuovi posti di lavoro. Nel settore terziario i frontalieri occupano addirittura il 54% dei nuovi posti di lavoro”.
Insomma, per l'Ocst “è ovvio che qualcosa non funziona: le misure di accompagnamento alla libera circolazione sono assolutamente necessarie, ma non sono sufficienti per un mercato del lavoro sommerso da un'offerta di lavoratori qualificati a basso prezzo proveniente dall'estero. In Ticino non mancano i lavoratori formati e qualificati, ma richiedono salari più alti e condizioni di lavoro possibilmente regolate da un contratto collettivo di lavoro”. Per questo motivo il sindacato cristiano-sociale “sostiene da tempo che ciò che è necessario oggi per il mercato del lavoro è un maggiore regolamentazione, raggiunta con il sostegno di tutte le parti attraverso i contratti collettivi”.
Il segretario cantonale dell'Ocst Renato Ricciardi, interpellato dalla 'Regione', spiega perché sia «fondamentale» l‘obbligatorietà generale dei Ccl: «Secondo noi questo è lo strumento più completo ed efficace per regolamentare il mercato del lavoro, in questo senso l'aggiunta doverosa è la dichiarazione di forza obbligatoria dello stesso. C'è una legge federale che statuisce le norme per rendere obbligatorio in un dato settore il Ccl, e ci sono delle condizioni per chiedere all'autorità di dichiarare di forza obbligatoria un Ccl. Noi chiediamo che questa via venga rafforzata e agevolata».
E fa esempi concreti: «Adesso son sul tavolo tre contratti che sono stati siglati per i quali chiediamo la forza obbligatoria, per evitare comportamenti sleali come ad esempio l'applicare i salari che si vuole. Sono quello degli ingegneri e degli architetti, quello delle case di spedizione e quello per gli autotrasporti. Per tutti e tre si è chiesto al Consiglio di Stato prima e al Consiglio federale poi di dichiarare la forza obbligatoria. Al momento ci sono opposizioni che devono essere ancora evase».
Scrivendo alla Seco, l'Ocst formula l'auspicio che “possano essere adottate altre misure collaterali alla libera circolazione”. E Ricciardi ci spiega come «una priorità debba essere il rendere maggiormente accessibile i posti di lavoro a chi si forma in Ticino. I datori di lavoro spesso dicono che trovano personale più formato all'estero: insistiamo sulla formazione, per disporre anche in Ticino di personale che risponda alle richieste dell'economia».