Per Norman Gobbi è una richiesta legittima a patto che ci sia più responsabilità da parte di chi è chiamato ad amministrare
I Comuni chiedono più autonomia e non solo di ordine finanziario. È questo in estrema sintesi, il dato saliente emerso durante il secondo simposio sulle relazioni tra il Cantone e i Comuni svoltosi ieri a Lugano e promosso dalla Sezione degli enti locali del Dipartimento delle istituzioni. «Ci sono Comuni che interpretano l’autonomia prettamente dal punto di vista finanziario. Altri, invece, da quello operativo o nell’erogazione di determinati servizi», afferma Norman Gobbi, consigliere di Stato e direttore del Dipartimento delle istituzioni, intervenuto al convegno luganese. Evento a cui hanno partecipato anche altri tre membri del governo cantonale: Manuele Bertoli (Decs); Raffaele De Rosa (Dss) e Christian Vitta (Dfe). «Ovviamente – ci spiega Gobbi – nel rispetto dei vincoli stabiliti dalle leggi superiori».
Questo – quello dell’autonomia ‘differenziata’ tra piccoli e grandi Comuni – è solo un aspetto che potrebbe rientrare della complessa riforma istituzionale denominata ‘Ticino 2020’. Infatti, a dispetto della data inserita nel nome, è una riforma che non vedrà la luce entro la fine di quest’anno. «L’obiettivo – continua ancora il consigliere di Stato – è quello di riconoscere sì una maggiore autonomia, sgravando magari alcuni compiti al Cantone, ma responsabilizzando maggiormente gli enti locali». Insomma, l’autonomia bisogna meritarsela indipendentemente dalla stazza comunale. «Pensiamo alle procedure e alla pianificazione edilizia. Negli anni si è concentrato questo compito molto a livello cantonale perché in passato ci sono stati abusi», continua il direttore del Dipartimento delle istituzioni che precisa anche che «l’amministrazione cantonale deve uscire da un ruolo paternalistico». «I Comuni sono cambiati a livello di strutture. ‘Ticino 2020’ intende rafforzare la capacità di azione soprattutto a livello locale, in nome di un principio molto importante: quello della prossimità fra cittadino e le autorità».
Alla vigilia del voto per il rinnovo dei poteri locali il messaggio di Gobbi è quindi quello di avere dei Municipi che – dove c’è una struttura che lo permette – deleghino molto di più all’amministrazione comunale.
Uno dei compiti dei Comuni è quello di garantire la sicurezza. Lugano, per esempio, chiede da tempo maggiore autonomia anche per quanto riguarda l’attività di Polizia. Anche questo aspetto rientra nella futura riforma? «È una delle riflessioni che si stanno facendo con il gruppo ‘Polizia ticinese’. Anche in questo caso la prossimità è diversa da regione a regione e uno dei compiti del Cantone è quello di garantire un elevato livello di sicurezza su tutto il territorio. A costi accessibili, però», risponde Gobbi. Per i Comuni più piccoli e senza agenti si potrebbe delegare un assistente di polizia che diventerebbe una sorta di usciere 2.0.
Le aggregazioni comunali potrebbero però risolvere molti di questi problemi. «Le aggregazioni non sono state pensate per questo scopo. Con i Comuni cerchiamo il dialogo e non imponiamo nulla. Se avessimo calato una riforma dell’alto sarebbe stata ancora più difficile da implementare. Ci sono obiettivi più facilmente raggiungibili perché condivisi, altri che necessitano di più tempo. Iniziamo dai primi in modo da convincere anche i più reticenti ad aderire», conclude Gobbi. A fine giornata sono stati premiati i Comuni di Stabio e Capriasca per due progetti innovativi a favore della cittadinanza.