I legali del sindacato stanno preparando il ricorso che verrà presentato nei prossimi giorni. Si contesta la procedura adottata dal Consiglio di Stato
La lunga diatriba tra sindacato Unia e Divisione dell’economia del Dfe sull’accesso agli atti che hanno portato alla decisione di dare l’obbligatorietà generale al Contratto collettivo di lavoro per il commercio al dettaglio, sfocerà certamente davanti al Tribunale federale. «I legali di fiducia del nostro sindacato stanno lavorando al ricorso», afferma Giangiorgio Gargantini, segretario regionale di Unia, da noi contattato.
Ricordiamo che i termini di ricorso sono di trenta giorni a partire dalla data di pubblicazione sul Bollettino ufficiale delle leggi avvenuta lo scorso 13 dicembre. A questi bisogna aggiungere le ferie giudiziarie (tra il 18 dicembre e il 2 di gennaio) che prolungano il termine di altri 15 giorni. Un eventuale ricorso non sospenderà comunque né l’entrata in vigore della legge, né del Ccl.
«Prima della fine del mese di gennaio renderemo noto pubblicamente cosa contestiamo al Consiglio di Stato», precisa ancora Gargantini, il quale lo scorso 20 dicembre si diceva ancora possibilista su un esito non giudiziario. «Una volta verificata la bontà della procedura (raccolta delle firme da parte dei datori di lavoro e correttezza del numero dei negozi) non faremo certamente ricorso», aveva spiegato. Ma non è ancora stato il caso. L’accesso agli atti non c’è stato nei termini richiesti da Unia. Da qui l’avvio della pratica per contestare il Decreto di obbligatorietà generale al Ccl per il commercio al dettaglio è legato a doppio filo alla Legge sull’apertura dei negozi che dallo scorso primo gennaio permette mezz’ora in più di vendita (fino alle 19 in settimana e alle 18.30 il sabato). Per i piccoli negozi situati nelle zone turistiche e di confine teoricamente e a determinate condizioni è possibile tenere aperto fino alle 22.30.
Il Consiglio di Stato aveva già rigettato lo scorso 16 ottobre un’opposizione di Unia maturata durante la pubblicazione della domanda di conferimento dell’obbligatorietà generale al Ccl per il commercio al dettaglio, negando al sindacato di essere parte in causa. In sostanza, Unia che non è firmatario del Ccl, contestava la ‘procedura segreta’ con la quale l’autorità si accingeva a dare l’obbligatorietà generale a tale contratto. In particolare si contestava il raggiungimento dei tre quorum (due vincolanti) previsti dalla legge: maggioranza (oltre il 50%) dei datori di lavoro; i lavoratori vincolati dal Ccl devono essere la maggioranza e, infine, i datori di lavoro vincolati devono impiegare oltre la metà dei lavoratori che risulteranno assoggettati al Ccl dopo l’obbligatorietà generale. Per il Consiglio di Stato le osservazioni prodotte da Disti e Federcommercio, inoltrate a Unia lo scorso 22 luglio, contengono tutte le informazioni richieste.
Come sia stato possibile raggiungere contemporaneamente questi tre quorum per Unia resta un mistero visto che – spiega Gargantini – «sono stati conteggiati soltanto 979 datori di lavoro nel ramo del commercio al dettaglio, quando tutte le altre statistiche presentano cifre molto superiori».
Alla seconda pubblicazione sul Foglio ufficiale in dicembre del decreto, Unia è tornato alla carica chiedendo ancora una volta l’accesso a questa documentazione proprio per inoltrare un’opposizione argomentata. «E se per ottenerla dovremo rivolgerci al Tribunale federale, lo faremo», aveva affermato a suo tempo Giangiorgio Gargantini.