Così la neo eletta consigliera agli Stati socialista sull'istanza dell'avvocato Gianluca Padlina, a cui ha dato seguito ieri il governo
«Sono tranquilla e serena in attesa degli accertamenti elettorali». Non si scompone la socialista Marina Carobbio, presidente del Consiglio nazionale ed eletta domenica scorsa agli Stati (unitamente all’Udc Marco Chiesa, il più votato dall’elettorato ticinese) con uno scarto di appena 45 voti dal candidato popolare democratico, cioè Filippo Lombardi, il senatore uscente – e non rientrato alla Camera dei Cantoni per quella che sarebbe stata la sua sesta legislatura – che ieri abbiamo provato, invano, a contattare. Carobbio si dice «tranquilla e serena», nonostante l’istanza inoltrata nel tardo pomeriggio di martedì dall’avvocato e consigliere comunale del Ppd a Mendrisio Gianluca Padlina – e che il governo ha ieri accolto –, che potrebbe (il condizionale è d’obbligo) modificare i risultati scaturiti dalle urne nel recente turno di ballottaggio, soprattutto per quel che riguarda quella differenza assai piccola di 45 voti.
Come anticipato dal nostro sito www.laregione.ch, Padlina ha chiesto al Consiglio di Stato di “dare disposizione a tutti i Municipi affinché conservino, sino a nuovo ordine, tutte le buste ufficiali contenenti le schede di voto e le carte di legittimazione pervenute dopo il 17 novembre”. E tra queste buste, quelle spedite, esercitando il voto per corrispondenza, dagli elettori ticinesi che vivono all’estero ai rispettivi comuni nei cui cataloghi sono iscritti. «Sono stato contattato da alcuni di loro i quali sostengono di aver ricevuto il materiale di voto in ritardo: ricordo che la Legge cantonale sull’esercizio dei diritti politici stabilisce che in caso di ballottaggio il materiale di voto deve essere ricevuto minimo dieci giorni prima dell’elezione», ha dichiarato Padlina alla ‘Regione’: «Un ticinese che vive a Londra, per esempio, mi ha indicato di averlo ricevuto addirittura solo il 13 novembre». Da qui l’istanza al Consiglio di Stato: «Ho chiesto che i Municipi conservino le buste a loro pervenute dopo la domenica 17 e spedite dall’estero prima della data del ballottaggio, come potrebbe risultare dal timbro postale. Se così fosse, allora il termine dei dieci giorni non è sufficiente. Ma ho chiesto al Consiglio di Stato di ordinare la conservazione di quelle buste anche in modo da lasciare a un’autorità giudiziaria investita della questione la possibilità di conoscere il numero di queste buste ed eventualmente di disporne lo scrutinio».
All’istanza di Padlina il governo ha deciso ieri, come detto, di dar seguito. «Chiediamo ai Comuni di non distruggere le schede pervenute dopo la chiusura dei seggi la domenica a mezzogiorno, quando, come stabilisce la legge, inizia lo spoglio», spiega da noi interpellato il cancelliere dello Stato Arnoldo Coduri. Non è però da escludere che alcuni Comuni abbiano già soppresso le buste tardive, in quanto considerate non più valide essendo giunte fuori tempo massimo. «La legge, ripeto, afferma che lo spoglio avviene alle dodici della domenica del voto», rammenta Coduri. Del resto, osserva ancora il Cancelliere, un ufficio elettorale non può restare aperto in eterno. Stando a quanto abbiamo appreso dal Servizio dei diritti politici della Cancelleria, il numero (aggiornato al febbraio di quest’anno) di ticinesi all’estero con diritto di voto sono circa 11’700. In vista del ballottaggio, evidenzia Coduri, «tra il 28 e il 29 ottobre tutti i Comuni avevano spedito il materiale di voto». In seguito i tempi dipendono (anche) dai servizi postali degli Stati nei quali vivono i ticinesi all’estero.
E ora? «Se dovesse emergere che un numero rilevante di elettori non ha potuto esercitare il diritto di voto, perché la scheda al Comune è giunta dopo il 17 novembre pur avendola spedita prima di domenica, allora – sostiene Padlina – l’ipotesi di portare la questione in sede giudiziaria potrebbe essere presa in considerazione». Ovvero l’ipotesi di un ricorso al Tribunale federale entro i trenta giorni dalla pubblicazione dei risultati ufficiali, cosa che avverrà domani sul ‘Foglio ufficiale’. «Gli scenari potrebbero essere almeno un paio», fa sapere Padlina: in caso di accoglimento di un eventuale ricorso, il Tribunale federale «potrebbe disporre la ripetizione del ballottaggio oppure lo scrutinio di queste schede». Di Padlina il ricorso che aveva determinato l’annullamento del risultato delle elezioni nazionali del 2011 e portato al sorteggio in casa Ppd fra Marco Romano (poi eletto) e Monica Duca-Widmer.
Una situazione che di fatto ‘congela’ anche l’elezione di Bruno Storni (Ps), primo subentrante di Marina Carobbio al Nazionale. Domani è infatti previsto a Berna l’incontro con le ‘matricole’ neoelette alle Camere federali. Incontro a cui Storni andrà anche se non sa ancora bene cosa succederà. Per ora non dimissionerà dal Gran Consiglio, visto che le due cariche non sono incompatibili.
Sui termini entro i quali deve essere distribuito il materiale di voto alla popolazione la Legge sull’esercizio dei diritti politici (Ledp), all’articolo 18, parla chiaro: “La cancelleria comunale invia al domicilio di ogni avente diritto di voto il materiale di voto in modo che questo lo riceva al minimo tre e al massimo quattro settimane prima del giorno della votazione o dell’elezione. Nel caso di elezione del sindaco o di turno di ballottaggio, il termine minimo è ridotto a dieci giorni”. Quando, però, con voto per corrispondenza si intende sia esercitabile da una persona residente in qualsiasi comune ticinese, sia un ticinese residente all’estero con diritto di voto. E raggiungere per posta Lugano o, esempio, Parigi non è esattamente la stessa cosa. Ne era cosciente il Consiglio di Stato, nel messaggio governativo di revisione della Ledp. Ma la proposta iniziale dell’Esecutivo, poi corretta con un raddoppio dal Gran Consiglio, era di cinque giorni. Si legge: “Sarà possibile anticipare di qualche giorno la distribuzione (...), in tal modo si intende agevolare gli elettori lasciando loro più tempo a disposizione, con particolare riguardo agli svizzeri all’estero”. Con un governo ad ogni modo “consapevole che per questi ultimi vi saranno ancora difficoltà nel poter esprimere il voto perché i tempi rimangono stretti”. Comunque sia, a ben cercare, una scappatoia da questo termine di dieci giorni c’è. Si trova nell’Ordinanza federale sui diritti politici, all’articolo 2b. Si riferisce solo alle votazioni o elezioni federali e, ricorda il Consiglio di Stato, “stabilisce che il materiale di voto agli svizzeri all’estero e, su apposita richiesta, ad altri aventi diritto al voto che si trovano all’estero può essere fatto pervenire una settimana prima della spedizione ufficiale”. Fatto pervenire dai Comuni, s’intende. Comuni, almeno i principali, che ieri abbiamo provato ad interpellare per sapere se avessero già fatto un conteggio degli eventuali voti per corrispondenza arrivati dall’estero nelle giornate di lunedì e martedì. Lugano, Bellinzona, Locarno e Mendrisio non hanno risposto, consigliando di spedire e-mail ai quali, quando abbiamo ricevuto una replica, non aveva numeri. Solo da Chiasso una chiara indicazione: «A oggi, niente».