Il Comitato cantonale socialista ha deciso di opporsi agli sgravi fiscali votati lunedì dal Gran Consiglio: 'Costi non sopportabili e nessuna vera politica economica'
Il Ps si oppone alla riforma fiscale votata dal Gran Consiglio lunedì, e decide di lanciare un referendum. Lo fa seguendo il gruppo parlamentare – che già presentò un rapporto di minoranza in aula – e non il proprio consigliere di Stato, Manuele Bertoli, che l’accordo di governo (riforma fiscale e messaggi da 17 milioni per la scuola e 15 per la socialità) l’ha firmato e sostenuto.
“Non ha un costo sopportabile per le finanze cantonali”, ha spiegato Ivo Durisch, capogruppo socialista. Ma non solo, i cahiers de doléances del Ps sono pieni di critiche al pacchetto: “Si tratta unicamente di tagli lineari – continua Durisch – che vanno a premiare solo chi paga tante imposte, non chi fa fatica. Inoltre, a nostro avviso, ha come unico fil rouge la concorrenza fiscale, inasprisce le diseguaglianze, non renderà possibile avere finanze per nuove politiche”. E all’orizzonte, per il capogruppo socialista “potranno esserci nuovi tagli provocati dall’abbassamento del moltiplicatore cantonale, che a regime scenderà al 96%”.
Ed è il deputato Raoul Ghisletta a spiegare come “abbiamo subito attacchi gravissimi per aver fatto un rapporto di minoranza”, sebbene “la nostra non è una bocciatura netta come quella di Mps e Pc, noi abbiamo fatto delle proposte. Il nostro rapporto di minoranza è un buon compromesso, nel referendum dobbiamo portare avanti questa linea che ci consente di lavorare ancora col Ppd e il Plr sugli altri pacchetti per scuola e socialità. Non abbiamo sbattuto la porta, l’abbiamo chiusa perché le nostre ragionevoli proposte non sono state ascoltate”. Insomma, “essere costruttivi, perché non abbiamo detto di no su tutta la linea: un discorso, appunto, ragionevole ha più possibilità a livello di votazione popolare”.
“Allibito dal modo di comportarsi della maggioranza Plr, Lega e Ppd” è il vicepresidente Fabrizio Sirica. “Permettere alle aziende di farsi una tassazione à la carte è gravissimo”, e sintomo di “una politica che è appiattita solo sulle aziende e non ha alcuna visione. Le nostre proposte non sono state nemmeno ascoltate, anzi siamo stati ricattati senza alcuna possibilità di raggiungere un compromesso. Ecco perché dobbiamo fare un referendum, anche se sono preoccupato: è sempre più difficile raccogliere firme, serve un appello a tutti per mobilitarci: possiamo vincere”.
Manuele Bertoli ha invitato alla calma: “Attenzione, vincere un referendum non significa poi decidere da soli cosa vuol fare con questi soldi”.