Ticino

In pochi al seggio, confidando nel segreto del voto

Giorgio Ghiringhelli, alias il Guastafeste: nei piccoli Comuni rischio elevato. Massimo Demenga (Unione segretari comunali): la riservatezza è garantita

26 ottobre 2019
|

Lo dicono i numeri: sempre più ticinesi optano per il voto per corrispondenza. Alle recentissime elezioni federali vi ha fatto ricorso ben il 90 per cento dei votanti. Di riflesso, sempre meno sono coloro che si recano al seggio. Nei Comuni, dunque, si sono avute bucalettere colme e urne con poche schede. Ma quando queste ultime sono appunto poche la segretezza del voto è comunque garantita, anche in apparenza (che in democrazia è pure sostanza)? Un numero contenuto di schede, ovvero un numero contenuto di persone che pone la scheda nell’urna, potrebbe permettere, al momento dello spoglio (se gestito dal Comune), di identificare il votante e di conoscerne così le preferenze politiche? Nei Comuni soprattutto piccoli la segretezza del voto può essere a rischio, in astratto? A sollevare la questione, e non solo questa, è il ricorso che il già consigliere comunale leghista di Lugano Patrick Pizzagalli ha inoltrato al Tribunale cantonale amministrativo lunedì scorso. Considerato l’esiguo numero di schede nei vari uffici elettorali istituiti dalla Città, Pizzagalli chiedeva che Lugano istituisse in vista del ballottaggio del 17 novembre per gli Stati un solo ufficio elettorale, anche per ragioni finanziarie. Con notevole rapidità, il Tram ha nel frattempo dichiarato irricevibile il ricorso.

Ricorso irricevibile perché, si legge nella sentenza, “l’insorgente contesta la risoluzione del 27 giugno 2019 con cui il Municipio ha stabilito di istituire più uffici elettorali, in corrispondenza dei diversi quartieri”. Quindi Pizzagalli “poteva infatti agevolmente rendersi conto sin da subito che l’istituzione di un ufficio elettorale per ogni quartiere della Città avrebbe potuto dare luogo alla situazione di cui egli ora si lamenta”. Ma il tema della segretezza del voto resta. E l’interrogativo è inevitabile.

«In teoria il problema potrebbe porsi – sostiene, contattata dalla ‘Regione’, la presidente della Commissione parlamentare Costituzione e leggi, la liberale radicale Giovanna Viscardi –. Sono però sicura che coloro che operano al seggio, e nei quali ho la massima fiducia, tengono conto di questo aspetto, con l’adozione di misure per evitare che il votante sia identificabile». Riguardo al voto per corrispondenza e spoglio comunale, il capoverso 4 dell’articolo 32 della Legge cantonale sull’esercizio dei diritti politici afferma che “La mattina della domenica del voto, l’ufficio elettorale può aprire le buste di voto contenenti le schede e, quando prescritto, numerare le schede”. Cosa «che fanno tutti i Comuni per accelerare le operazioni di spoglio», secondo il losonese Giorgio Ghiringhelli, alias il Guastafeste, promotore di varie iniziative anche in materia di diritti politici. «Da mezzogiorno della domenica inizia ufficialmente il conteggio dei sì e dei no in caso di votazione o dei voti a partiti e candidati in caso di elezione, ma nel frattempo – aggiunge Ghiringhelli – gli uffici elettorali hanno già aperto – e prima della revisione legislativa non potevano farlo – le buste del voto per corrispondenza e le relative schede. Che non vengono mescolate con quelle depositate nell’urna. Ora siccome sono sempre di meno coloro che vanno al seggio, se in un piccolo Comune si recano all’ufficio elettorale per esempio in dieci, ritengo che la segretezza del voto sia molto a rischio. A maggior ragione quando in occasione di un’elezione, come quella per il Consiglio nazionale, se si vuole doppiare un candidato bisogna scriverlo di proprio pugno: chi mi dice che qualcuno dell’ufficio elettorale non riconosca la grafia del votante x o y?». Oggi, osserva il ‘Guastafeste’, «ci sono cittadini che si ostinano a non votare per corrispondenza perché temono che la segretezza del proprio voto non sia garantita: credo che una riflessione vada fatta anche sulla necessità di garantire, con ulteriori misure, la segretezza del voto al seggio».

Da noi interpellato, Massimo Demenga, presidente dell’Unione segretari comunali ticinesi, ci assicura che quando lo spoglio è di materia comunale i voti giunti per corrispondenza non vengono mischiati con quelli espressi al seggio «se ne occupano due uffici diversi». E «la segretezza del voto non è messa in discussione, le procedure sono chiare». Se una persona con malizia vuole reperire informazioni su come un’altra persona ha votato, continua il segretario comunale di Mendrisio, «può farlo anche con il voto per corrispondenza, magari riconoscendo la grafia».