Dai dati di panachage emerge chiaramente come gli appelli del ‘Mattino siano rimasti inascoltati
La generosità è costata cara al movimento dei Bignasca. Sono infatti gli elettori leghisti a sparpagliare il numero maggiore di voti, ben 131’330, fra i candidati degli altri partiti, e questo nonostante il settimanale appello dalle colonne del ‘Mattino’ che richiamava le truppe al voto utile, oltre che alle urne. Appello inascoltato: ce lo dicono i dati sul panachage, oltre a quelli sulla partecipazione. La Lega ha perso quattro seggi in Gran Consiglio. Ha perso per strada oltre diecimila elettori rispetto al 2015 (10’469 voti di lista in meno, per essere precisi). Forse qualcuno ha cambiato maglia, certamente altri non sono andati a votare: il calo della partecipazione a Lugano, “il villaggio gallico in riva al Ceresio” (Zali dixit), la dice lunga (-4,8%, 1’500 votanti in meno in termini assoluti). Di sicuro in tanti hanno sostenuto candidati democentristi, indebolendo la spinta al movimento capitanato, almeno in parlamento, da Daniele Caverzasio: delle crocette andate altrove, ben 46’402 sono finite sulla lista Udc. Nessun altro ha fatto tanto verso nessun’altra lista. E Piero Marchesi ringrazia: sia nelle vesti di presidente dell’Udc, che allunga in parlamento con due seggi in più; sia sul piano personale, con un bottino di 3’637 voti incassati proprio dall’elettorato leghista (probabilmente la miglior performance di panachage per candidato singolo).
In termini di generosità non hanno scherzato nemmeno gli elettori liberali radicali, che per il Consiglio di Stato si erano già distinti con i voti di panachage verso candidati di altri schieramenti (in particolare a sostegno di Manuele Bertoli e relativo seggio). Per il parlamento sono state apposte fuori lista ben 127’074 crocette, con il maggior colpo di mano dato ai candidati popolari democratici (34’713 voti, a beneficiarne più di tutti Giorgio Fonio). Notevole anche il numero di preferenziali accordati dai liberali ai leghisti (27’266, ringrazia in particolare Daniele Caverzasio), e ragguardevole pure il flusso di preferenziali indirizzati verso i democentristi (16’977, di cui altri 1’433 al presidente Marchesi). Una dispersione di forze che costa un seggio in Gran Consiglio rispetto a quattro anni fa, e un calo in termini di elettori quantificabile in oltre settemila schede intestate Plr in meno. Decisamente troppo per #farcela.
Nella classifica del panachage per il parlamento si classifica terzo il Partito socialista. Sono 116’208 i voti andati fuori lista, con un forte sostegno ai Verdi. Ai candidati ecologisti sono stati destinati oltre trentamila voti dagli elettori socialisti. Quasi uno scambio equo (‘toute proportion gardée’), visto che nell’altra direzione – cioè da chi ha votato lista verde e ha poi apposto crocette sulla lista socialista – sono confluite 26’794 preferenze. Segno che anche in quest’area vi sono decisamente molti punti ed elementi d’incontro. Sono molti anche i voti andati dalle liste Ps a candidati dell’Mps/Pop/Indipendenti (13’897) e comunisti (12’276). Ivo Durisch, capogruppo socialista e il più votato in casa Ps, dai Verdi riceve 1’738 voti. Forse però sorprende ancor di più il migliaio di voti raccolti da Durisch fra i militanti liberali radicali...
Fra i partiti storici sono gli elettori Ppd a contenere il panachage nell’ordine di grandezza delle centomila preferenze. Circa un terzo di queste sono state dirottate dagli elettori azzurri a candidati liberali radicali, con un deciso sostegno al capogruppo Alex Farinelli (ben 2’135 voti). Sono 22’147 i voti invece andati a candidati leghisti: il più apprezzato dai popolari democratici risulta essere Michele Guerra (1’237 crocette). Una generosità più contenuta rispetto agli altri partiti di governo che però si è rivelata comunque troppa per confermare i seggi in parlamento: seppure in termini di percentuali il partito di Fiorenzo Dadò ha tenuto, ha perso in termini di schede circa quattromila elettori. Ciò che si è tradotto nel calo di deputati in Gran Consiglio.