L'ex consigliera di Stato liberale radicale: ‘Per una sintesi equilibrata della società è positiva la presenza dei socialisti in Consiglio di Stato’
«Non ritengo auspicabile che il Partito socialista perda il proprio seggio in Consiglio di Stato». È netta l’ex consigliera di Stato liberale radicale Laura Sadis sulla possibilità che, dopo quasi un secolo dal suo ingresso, il Ps esca dal governo.
Per un motivo molto semplice. In Canton Ticino si vota con un sistema proporzionale puro e, di conseguenza, credo che un rappresentante di un partito con la storia e la cultura politica del Ps sia qualcosa di positivo. In questo modo si ha una sintesi equilibrata – non annacquata, equilibrata – di quella che, con questo sistema elettorale, diventa una lettura del Paese.
Quello che avverrà la sera del 7 aprile non lo so. Questo rischio potrebbe portare, però, a una riflessione ponderata da parte non solo degli aderenti al Partito socialista, ma a tutti i simpatizzanti d’area.
Nel senso che la consapevolezza di questa possibilità potrebbe portare le persone di area, prima di cambiare idea e mettere una crocetta altrove, a dare un voto di scheda ai socialisti. Portando quindi un effetto positivo sulla tenuta del Ps stesso.
Nella storia del Plr ci sono state figure importanti, autorevoli sia più di destra, sia più di sinistra. C’era anche un certo livello culturale nel confronto, che creava vivacità e un interesse verso il partito. Ho sempre detto che la forza del Plr, come partito, era quella di fare anche un esercizio di discussione e confronto al suo interno. Arrivando così a una sintesi qualitativamente interessante, che poteva essere un valore aggiunto nel confronto con le altre forze politiche. Questo è sempre stato a mio avviso il valore dell’anima radicale e liberale.
Tutti i partiti, a ogni livello, col tempo sono diventati un po’ orfani di figure che, forti della loro consistenza culturale, erano voci davvero ascoltate. Nel Plr svizzero ai tempi c’erano fior di personaggi che era un piacere ascoltare. Oggi la politica è cambiata. Forse anche con la complicità dei mezzi di comunicazione, o con l’avvento dei social media che hanno cambiato il linguaggio e forse ridotto i momenti di vero dibattito, scambio e cultura politica.
Perché la politica deve rimanere attrattiva. Quando smette di attrarre curiosità, interesse, voglia di mettersi a disposizione la politica perde, e con lei la società. La grossa sfida negli anni a venire deve essere mantenere questa capacità di creare curiosità, piacere di occuparsi di politica anche a livello attivo, non come semplici lettori di giornali o semplici interessati. Abbassare l’asticella non fa bene, perché non fa che abbassare il livello di tutto e di tutti. Non è mito del passato, è importante che la politica attragga forze positive.