Ecco i cinque nomi individuati dalla commissione cerca. Ma il presidente non figura. Lui non ha ancora sciolto le riserve: 'Se corro, lo faccio per davvero'
Cinque nomi. Non uno di più. In casa Ppd sta prendendo forma la lista per il Consiglio di Stato che la ‘commissione cerca’ intende proporre nei prossimi giorni, forse già entro questo fine settimana, all’Ufficio presidenziale per le elezioni cantonali 2019. A quanto risulta alla ‘Regione’, i papabili individuati dalla ‘Cerca’ sono il consigliere di Stato in carica Paolo Beltraminelli, il granconsigliere in carica e già presidente cantonale Fabio Bacchetta-Cattori, il deputato e sindaco di Riviera Raffaele De Rosa, l’avvocato e delegato per le relazioni esterne della Camera di commercio Michele Rossi e la sindaca di Castel San Pietro Alessia Ponti.
La commissione attende dai cinque la loro definitiva disponibilità a candidarsi. Inoltre, si sta ancora ragionando su un paio di nomi. Un paio di variabili insomma. Se ne saprà di più a breve. E il presidente del partito Fiorenzo Dadò? La commissione riterrebbe più opportuno che il presidente cantonale guidi e motivi la squadra dei candidati. Se questa posizione dovesse essere vidimata dall’Ufficio presidenziale, troverebbe conferma quanto pubblicato dalla ‘Regione’ nelle scorse settimane. I giochi comunque non sono ancora fatti. L’Ufficio presidenziale potrebbe rivedere alcune proposte della ‘Cerca’ , che ha limitato a cinque il numero dei papabili, escludendo di fatto le cosiddette primarie. Una posizione di principio di cui ieri sera la direttiva riunita a Rivera ha preso atto. Dadò, da noi contattato, spiega intanto di non aver ancora sciolto le sue riserve: «Molti mi chiedono di candidarmi, altri preferirebbero che continuassi a fare solo il presidente». Di certo, aggiunge, «se entrassi non lo farei per fare melina». Detta altrimenti, se Dadò deciderà di correre, lo farà soprattutto contro l’uscente Beltraminelli. «O perlomeno mi rendo conto che questo è il messaggio che passerebbe». La decisione «sarà comunque presa in base a come vorremo impostare la campagna».
Alcune indicazioni utili per riorientare il partito in vista di aprile, il Ppd spera di trarle dall’esito del sondaggio interno commissionato a fine giugno. I risultati sono stati messi ieri sera sul tavolo della direttiva. Come anticipato sul nostro sito laregione.ch, il 2% delle 1’200 persone che hanno risposto (su un totale di formulari spediti pari a circa tremila) ha indicato di non essere più intenzionato a votare Ppd. Un 11/12% si dichiara indeciso. Cifre di cui abbiamo chiesto lumi a Dadò: «Sono perfettamente in linea con i dati degli ultimi anni», con un «calo fisiologico» dovuto anche alle difficoltà che il partito incontra «non solo in Ticino». In generale «stiamo tenendo», chiosa Dadò, pur utilizzando tutte le pinze per prendere i risultati, visto che «le domande sono state inviate a una lista di indirizzi che potrebbe includere anche persone che già da anni non votano più per noi».
Sia come sia, dai risultati sembra emergere pure una certa avversione della base nei confronti dei bilaterali e un giudizio solo ‘discreto’ per il Dipartimento sanità e socialità diretto da Beltraminelli. «Non si tratta comunque di una stroncatura», precisa Dadò, puntualizzando che «si tratta comunque di un dipartimento che non è necessariamente facile rendere popolare». E lui, Dadò, è soddisfatto di quante volte il suo nome è stato citato nella domanda aperta sui nomi da mettere in lista? «Non è stato fatto un conteggio di quante volte appare uno o l’altro nome. Ne sono stati indicati una ottantina, di cui una quarantina sono stati passati alla ‘Cerca’. Il mio c’era».