Cosa spinge uomini e donne ad andarsene? Cattaneo (Telefono Amico): ‘La solitudine nel problema in un preciso momento’.
Chissà se la porta di casa fa un altro rumore, quando la chiudi per andartene. Sparire. Senza lasciare traccia. Quel suono tanto familiare si trasforma in un tumulto, a sua volta spazio libero per altri sentimenti. Liberazione, frustrazione, disperazione.
Quanta unicità in un gesto che, invero, sta diventando sempre più comune. Ben 90 gli annunci di persone scomparse l’anno scorso, e la tendenza è all’aumento, come attestano le statistiche della Polizia cantonale (vedi tabella). A metà del 2018 i casi sono già 48, a cui vanno aggiunti gli ultimi due, ossia i ragazzi allontanatisi da casa durante il weekend nel Luganese (e già rientrati a domicilio).
Cosa porta una persona ad andarsene? «Direi la solitudine nel vivere il problema in quel preciso momento», risponde Claudia Cattaneo, responsabile delle pubbliche relazioni di Telefono Amico, il 143. Linea aperta sulla società e soprattutto ascolto di chi, a un certo punto, decide di chiedere una mano. «Sì, chi compone il nostro numero ha già fatto un passo importante. Che è quello di riconoscere il bisogno di domandare aiuto. Perciò la prima cosa che la persona fa al telefono è esprimere il proprio disagio. L’allontanamento in quanto tale può semmai essere un elemento che emerge durante il colloquio, ma non è la questione principale. Ciò che conta sono le motivazioni che ci stanno dietro».
E quindi il riferimento è a un altro tipo di allontanamento: «Quello emotivo – prosegue Cattaneo –. Un allontanamento che spesso nasce dalla non comprensione di un problema da parte di chi ci sta vicino». Crisi relazionali, stress, violenza domestica, depressione. Le tematiche dei colloqui del 143 – che garantisce l’anonimato sia di chi chiama che di chi risponde – sono molto variegate. «Noi lavoriamo con quello che la persona racconta, ed è per questo che non per forza veniamo a sapere se ha lasciato il proprio domicilio. Non sta a noi chiederlo».
I volontari del 143 durante il colloquio telefonico offrono ascolto, e se richiesto possono fornire informazioni utili sugli enti cantonali o su specifici servizi a cui rivolgersi (ad esempio nei casi di violenza). «Anche con la polizia la collaborazione è ottima e se chi chiama fa una richiesta d’aiuto in questo senso noi ci attiviamo. Ma lo ribadisco: solo se richiesto – sottolinea Cattaneo –. Il 143 non è uno sportello sociale. Il nostro obiettivo è portare la persona che telefona a prendere coscienza di ciò che le accade e riconoscere le proprie forze, senza esprimere giudizio alcuno». Per i minorenni, è bene specificarlo, c’è il 147. «Ma è chiaro che se un ragazzo telefona al 143 non appendiamo la cornetta». Anzi, durante le crisi più acute è fondamentale tenere un contatto. «È importante far sapere che in caso di bisogno il 143 c’è – conclude Cattaneo –. Pronto all’ascolto 24 ore su 24, anche delle persone che risultano scomparse. Non sta a noi riconoscerle. Il nostro compito sta nel loro ascolto».