Per ora situazione tranquilla nei consultori, ma il rimanere a casa per il Covid-19 può acuire situazioni delicate e pericolose per alcune donne
«È un problema che ci poniamo, però posso assicurare che per il momento la situazione è tranquilla, non c’è un aumento di casi». Ha risposto così a Ticinonews, sabato in conferenza stampa, il comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi in merito al delicatissimo tema della violenza domestica. Perché stare a casa va bene, ma per alcune persone è molto più difficile rispetto ad altre. E più pericoloso, soprattutto per le donne che vivono già nella quotidianità situazioni problematiche in casa e che il dover rimanere tra le mura domestiche non fa che acuire.
Lo conferma, interpellato dalla ‘Regione’, l’avvocato Daniele Jörg, presidente dell’associazione Consultorio delle donne: «Al momento, e mi sono appena sentito con la collaboratrice di picchetto, non vi sono aumenti. Però, purtroppo me li aspetto». Tutto tranquillo, per ora. Ma il fatto che lo sia non vuol dire niente. «Può darsi - riprende Jörg - che sia perché non c’è la possibilità di uscire per recarsi al consultorio, alla Casa delle donne o in polizia. O che, per il troppo controllo in casa, una donna non può neanche prendere in mano il telefono e chiedere aiuto».
Ed è qui che entra in campo la solidarietà: «Se si è in casa e, magari, dall’appartamento di fianco sentiamo urla o percepiamo atti di violenza è bene chiamare subito la polizia», conclude. Un appello ripreso anche da Pepita Vera Conforti, che a nome del gruppo ‘Vivere senza violenza’ rinnova il bisogno «di creare una rete solidale. Se siamo a conoscenza di casi, denunciamo subito. Se una parente, un’amica, una vicina di casa non riesce a far sentire la sua voce di vittima dobbiamo essere noi ad aiutarla, tutti noi. Stando ai dati del 2019, ci sono tre casi al giorno di interventi per violenza domestica: in questo momento così critico dobbiamo fare di tutto per aiutare le donne che subiscono».
Come ha tenuto a ricordare la scorsa settimana l'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo, la situazione attuale "non ha ripercussioni sul perseguimento penale: per i corpi di polizia la protezione delle vittime è come sempre la prima priorità". Ovvero: la polizia "può continuare a ordinare l'allontanamento di una persona violenta dalla propria abitazione e segnalare alle autorità competenti i casi in cui sono minacciati bambini". Inoltre, "possono ancora essere emanati divieti di contatto e di avvicinamento" e le autorità cantonali "continuano a occuparsi dei casi a elevato rischio di violenza". Non solo: la Confederazione, prosegue la nota, ha convocato "una task force delle autorità competenti diretta dall'Uffico federale per l'uguaglianza fra donna e uomo": è incaricata "di valutare regolarmente la situazione in stretta collaborazione con le conferenze cantonali competenti" - quelle dei direttori cantonali delle opere sociali e dei direttori di giustizia e polizia, nonché la Conferenza svizzera contro la violenza domestica - e "di adottare provvedimenti adeguati in caso di un aumento della violenza domestica".
In Ticino, afferma dal Dipartimento istituzioni la responsabile della Divisione giustizia Frida Andreotti, numeri telefonici e servizi sono sempre operativi, fra cui «il 117 della Polizia cantonale, il 144 per le urgenze mediche, l'aiuto alle vittime, la presa a carico degli autori di violenza da parte dell'Ufficio dell'assistenza riabilitativa e le due case di accoglienza per le donne maltrattate».
Domani mercoledì, intanto, entra in carica la persona che in seno alla Divisione giustizia, e in collaborazione con Andreotti, coordinerà il dossier riguardante la violenza domestica: è Chiara Orelli Vassere, nominata lo scorso novembre dal Consiglio di Stato.