I conti d'esercizio 2017 dell'Azienda elettrica ticinese sono stati chiusi con un disavanzo - 13 milioni di franchi - ridotto rispetto all'anno precedente
La domanda delle domande se l’è posta ieri mattina Giovanni Leonardi, alla testa del Cda dell’Azienda elettrica ticinese (Aet). Il rialzo dei prezzi dell’elettricità ci dice che siamo alla fine del tunnel? «S’intravvede una debole fiammella» si è risposto il presidente di Aet. Una cosa però va detta. L’azienda cantonale è uscita dal profondo rosso degli ultimi tempi (31 milioni il disavanzo 2016) registrando, lo scorso anno, certo ancora un bilancio in perdita (meno 13 milioni), ma con tinte che inducono al cauto ottimismo. La cifra d’affari 2017 (871 milioni), per dire, è in crescita (48 milioni in più il confronto col 2016) e il capitale proprio resta solido (oltre il 40 per cento), come ha evidenziato Flavio Kurzo, responsabile finanze Aet. Ma soprattutto, ha aggiunto Roberto Pronini, direttore, lo scorso anno i prezzi hanno segnato una ripresa, «per quanto non ancora sufficiente a coprire i costi di produzione».
Il settore, va ricordato, ha subito un vero tsunami, che si è generato assai lontano da Monte Carasso, sede dell’Azienda elettrica cantonale. Una serie di concomitanze d’origine politica ed economica (la caduta dei prezzi del petrolio, l’euro debole, il boom delle rinnovabili) hanno abbattuto il valore dell’energia idroelettrica. Aet in ogni caso non è rimasta con le mani in mano. Attuato un piano di risparmi, si è continuato a investire «rinnovando le centrali del parco produttivo» come ha ricordato Pronini, ma anche realizzando un centro di comando per Ofima/Ofible direttamente nella sede di Monte Carasso «che ci ha permesso di salvare i posti di lavoro» altrimenti a rischio.
Ora, come detto, il vento si direbbe stia cambiando anche grazie al rafforzamento dell’euro sul franco. Ma non solo. «Vi è l’accordo fra Francia e Germania per la riduzione dell’inquinamento dato dagli ossidi di carbonio – osserva Pronini – e il mercato ha subito registrato il segnale, come la conferma dell’uscita dal nucleare della Germania. Non ultimo, i problemi rinati in Medio Oriente» che fanno lievitare il prezzo del greggio. Un quadro internazionale che porta valore all’energia, non importa di che tipo. Ma il cammino resta irto d’incognite. «Il mercato energetico svizzero sta vivendo ancora una forte incertezza – ha riferito Christian Vitta, direttore del Dfe – per i non pochi temi in agenda. Su tutti, l’accordo Svizzera-Unione europea che aprirà il mercato alla libera concorrenza», ma anche la sicurezza di approvvigionamento e la produzione idroelettrica indigena. «L’economia tutta ha la necessità di poter sempre contare sull’energia elettrica e l’accordo con l’Ue ci permetterà anche di evitare black-out. La contropartita – ha ricordato il consigliere di Stato – è l’accesso libero per tutti i distributori». Una prospettiva che apre nuove sfide, prima fra tutte «la messa in rete delle sinergie di tutti gli operatori ticinesi» ha aggiunto il direttore del Dfe. Un nuovo quadro, dunque, che verrà regolato dalla nuova legge federale; il progetto è atteso per il prossimo anno. Non ultimo, Vitta ha manifestato la sua soddisfazione per la proroga (sino al 2024) concessa dal Consiglio federale ai canoni d’acqua. E il futuro? Leonardi ha presentato la strategia Aet che vede in primo luogo il rinnovo di tutto il parco idroelettrico, la nuova centrale Ritom, il parco eolico del S.Gottardo, lo sviluppo del fotovoltaico: «Tutti investimenti per il Ticino» ha precisato il presidente del Cda. Come dire, sono finiti i tempi delle “scorribande” europee. Anche perché oggi vanno piuttosto difese le posizioni.