Tre mesi di disdetta e mensilità supplementari; ma i tagli (circa 65 impieghi) restano inevitabili
Si è conclusa la fase di consultazione riguardante la crisi della Bally di Caslano, recentemente comprata dal fondo di investimento americano Regent Lp, e dove sono prospettati circa 65 licenziamenti. Le trattative tra la dirigenza e i lavoratori, rappresentati da due commissioni e accompagnati dal sindacato Ocst, sono scaturite nella messa a punto di un piano sociale per chi verrà toccato dalle disdette. In particolare, vengono assicurati un termine di disdetta di tre mesi per tutte le maestranze, e una buonuscita pari a ulteriori tre mensilità, questo anche in caso di partenze anticipate.
Si tratta di un consistente ‘dimagrimento’ per la Bally, che a Caslano impiega 95 persone nell'area produzione e altre 167 nell'area uffici: 262 impiegati dei 306 attivi complessivamente in Svizzera. Il motivo di questa misura viene spiegato con il calo degli affari pari a 26% nel giro di un anno: hanno particolarmente inciso le difficoltà in un mercato-chiave come quello cinese, che rappresenta il 40% del fatturato.
Non è per contro stato possibile contenere il numero di licenziamenti. «Noi ci siamo dovuti concentrare principalmente sulle misure di accompagnamento, perché la società conferma la necessità di dimagrire per un costo complessivo pari a 65 impieghi. Il problema nasce da lontano, e che ora si scontra con un fattore oggettivo, come la chiusura del mercato cinese» ci spiega Paolo Coppi del sindacato Ocst. «Il management si sta impegnando per mantenere la presenza del marchio in Ticino, e questo lo abbiamo percepito. Del resto il made in Switzerland ha comunque un suo appeal, specialmente per Bally che è una società svizzera». I tagli riguarderanno sia la parte produttiva che quella degli uffici; il numero esatto degli stessi non è ancora stato precisato.