Dalla parte del loro ‘sore’, un gruppo di quasi 200 alunni ed ex alunni lamenta il mancato interesse del Decs. ‘Persa la fiducia nel sistema scolastico’
Il mondo degli adulti li ha delusi, profondamente. L'istituzione scolastica non si è rivelata all’altezza delle attese. E il pensiero ricorrente (pure nei giovani in generale) è che la società li abbia «in qualche modo ‘abbandonati’». È un ‘j'accuse’ dolente quello che un nutrito gruppo di ragazzi del Centro professionale tecnico (Cpt) di Mendrisio questa mattina, martedì, ha reso pubblico. Al tavolo dell'incontro con i media erano in tre – Luka, Luca e Alex –, ma la loro è la voce di quasi 200 studenti ed ex studenti della vecchia Spai. Dal giugno scorso vanno chiedendo ai vertici dell'Istituto e del Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport (Decs) ‘solo’ due cose: una «maggiore trasparenza» e «una scuola degna di tale nome». La proverbiale goccia che ha fatto traboccare il loro vaso è stata la sospensione, prima, e il licenziamento, poi, del docente di elettrotecnica (per anni anche docente mediatore). Per i ragazzi usciti allo scoperto è stato «un duro colpo». Ma i disagi, ammettono, sono presenti da tempo. Sul ‘caso’ del professor Roberto Caruso adesso si pronunceranno – sul piano civile e penale – i giudici, ai quali l'insegnante si è appellato. Sul clima che si respira tra i banchi, invece, di risposte concrete, lamentano i tre giovani, non ne sono ancora state date. Ecco per quale motivo hanno voluto accendere una Scintilla... Studentesca.
Spettatori inermi delle vicissitudini del loro ‘sore’, studenti ed ex studenti confidavano, infatti, nell'incontro, il 13 settembre scorso a Bellinzona, con la direttrice del Decs Marina Carobbio Guscetti e alcuni suoi alti funzionari per imprimere una svolta alla situazione di malessere già ‘denunciata’ dai ragazzi; alimentando così la speranza del cambiamento. Invece, non è stato così. «In effetti, non è andata come speravamo. Abbiamo avuto la chiara percezione – ci dicono – che ci fosse poco interesse per le nostre testimonianze. Che fosse una attenzione più formale che di sostanza».
E un indizio, ai loro occhi, è stata la difficoltà di ricevere, come concordato, il verbale della riunione: giunto, annotano, quasi due settimane dopo e incompleto. «Ci ha deluso – fanno sapere – il trattamento che noi stessi abbiamo ricevuto dal Dipartimento. Come abbiamo già detto alle nostre prime richieste di spiegazioni, siamo stati ignorati, e il supporto che abbiamo espresso, di nostra spontanea volontà, verso il professore, è stato distorto, interpretato come il risultato di una manipolazione. Il che rappresenta una accusa ingiusta e offensiva nei confronti di noi alunni».
Sollecitato, di recente e in più occasioni, un riscontro, lunedì, aggiornano i tre giovani, dalla direzione del Dipartimento è arrivata una email. Una missiva nella quale si è informato di aver attivato al Cpt delle persone di fiducia e al contempo un servizio di monitoraggio delle direzioni. Ebbene, si rimprovera, è proprio a quelle persone di fiducia – ovvero mediatori, docenti di classe, insegnanti – che gli studenti si sarebbero dovuti rivolgere. E qui si innesta una delle parole chiave della vicenda, fiducia, appunto. «Che non è solo una etichetta – osservano i portavoce –: un rapporto di fiducia tra allievi e corpo docente va costruito. La questione non è potersi rivolgere a qualcuno, ma avere qualcuno di fiducia a cui rivolgersi. Noi l'avevamo, ma ci è stato tolto».
In effetti, tengono a dire i tre giovani, da settembre «la mancanza del professor Caruso si è fatta sentire molto in classe. Per tanti di noi, se non per tutti, è stato l'unico docente che ha offerto realmente un supporto di carattere didattico e umano, aspetto troppo spesso trascurato nella nostra sede». Ecco perché questi ragazzi sono determinati a continuare a lottare. Del resto, ribadiscono, «ci stiamo battendo per il professore, come lui si è battuto per noi e per il bene della scuola». Uno spiraglio, comunque, c’è: «Da parte nostra continuiamo a rimanere aperti al dialogo e speriamo nella consigliera di Stato Carobbio affinché ci ascolti concretamente e possa sanare le problematiche esistenti al Cpt di Mendrisio».
In realtà all'Istituto qualcosa è mutato. I tre ragazzi (due ex studenti del Cpt, e un diplomando) non usano giri di parole. «Nella direzione si è osservato un cambiamento repentino di atteggiamento. Prima era molto assente, quasi ‘spettrale’; adesso l'attitudine è pari a quella di una vespa impazzita attorno al suo nido. Il che alimenta una grande confusione negli alunni. Tanti si interrogano su cosa accadrà: c’è grande preoccupazione e incertezza, soprattutto tra chi deve preparare gli esami finali». Quanto basta, si sottolinea, per «nutrire seri dubbi sull'attuazione dei miglioramenti chiesti e far crescere la sfiducia nel sistema scolastico».
L'esperienza degli allievi ora in prima linea riporta alla figura di un vicedirettore – oggi vacante dopo essere finita al centro di una inchiesta amministrativa, l'ormai ex dirigente però continua a insegnare al Cpt – con comportamenti sopra le righe (soprattutto nel linguaggio) e protagonista di alcuni «spiacevoli episodi» e rimanda a una direzione poco comunicativa.
In controluce poi resiste una sensazione tra i ragazzi: che segnalare, dire come stanno le cose (come ha fatto in questi anni il loro docente), non paga; anzi. Lo ha fatto capire, fra le righe, anche lo stesso vicedirettore rispondendo per iscritto alle domande di una giornalista Rsi: "Se dovessi vuotare il sacco rischierei di perdere il posto di lavoro". «Avevamo fatto presente pure noi il timore che altri insegnanti potrebbero guardarsi bene dal segnalare problemi interni per paura di possibili reazioni a loro pregiudizievoli. Ma paura di chi o di che cosa? – si domandano –. Noi invitiamo gli studenti a parlare della loro esperienza. Siamo pronti anche a farci loro portavoce se si hanno dei timori a esporsi».
Luka, Luca e Alex si sono dovuti armare di coraggio, ma non si sono tirati indietro quando si è trattato di metterci la faccia. Certo i primi due, spiegano, il loro pezzo di carta se lo sono già conquistato; mentre il loro compagno ancora no. Quindi qualche preoccupazione c’è. «La mia famiglia, in effetti, ha paura di possibili ripercussioni – confida Alex –. Io? Ho paura anch'io. Allo stesso tempo, però, credo in una scuola giusta. E qualcuno deve pur accendere la luce, o resteremo al buio».
Vi è una parte del Centro professionale tecnico di Mendrisio, però, che difende con tenacia l'Istituto e intende controbilanciare la narrazione. Per ribadirlo l'agosto scorso era stata recapitata alla redazione una lettera, firmata da oltre un quarantina di docenti e collaboratori della sede, decisi, si leggeva, a "ricontestualizzare la questione partendo da dati oggettivi, che illustrano la percezione del clima di lavoro all'interno del nostro istituto". Ora a distanza di mesi, sullo fondo gli ulteriori sviluppi della vicenda, si conferma, di nuovo, che "anche in base ai sondaggi svolti, una netta maggioranza degli allievi e del corpo docente valuta ottimale il clima di collaborazione tra docenti, direzione e allievi". Come dire che la soddisfazione non manca.
Di fatto dentro l'Istituto coesistono e si contrappongono due visioni?, rilanciamo ai tre portavoce di ‘Scintilla Studentesca’. «Tempo fa era stata manifestata una certa preoccupazione anche da parte dei responsabili del Cpt. Eppoi non si sondano i pareri in un'aula chiusa ma nei corridoi della scuola. Domandandosi come mai c'è chi chiede dei cambiamenti e quasi un terzo degli studenti si preoccupa in nome di soluzioni a favore di un migliore insegnamento».