La sua base era in Polonia. Intanto, in aula è stato condannato uno dei suoi uomini per una truffa non riuscita
Da decine di telefonate al giorno agli anziani per incutere terrore e successivamente truffarli, a quasi la calma piatta. Si può riassumere così il risultato ottenuto negli scorsi giorni grazie all’arresto di un 37enne apolide residente in Polonia. L’uomo è sospettato di essere coinvolto in un’organizzazione criminale specializzata nelle truffe agli anziani. Le indagini sono iniziate a seguito dell’aumento di questo tipo di truffa nel 2023. Dopo diversi mesi di lavoro, il 20 dicembre è stato possibile arrestare l’uomo nella periferia di Poznan, grazie all’assistenza delle unità speciali della polizia polacca. Attualmente, il principale reato ipotizzato nei confronti del 37enne è quello di ripetuta truffa aggravata.
Nel frattempo, venerdì pomeriggio è stato, invece, processato un suo ‘cavallino’. Questa volta, per fortuna, la truffa non è andata in porto. Grazie a un funzionario di banca che ha allertato la famiglia di una 86enne mentre stava prelevando i soldi, un 35enne della Repubblica Ceca è finito davanti al banco degli imputati della Corte delle Assise correzionali di Mendrisio in Lugano. In aula il presidente della Corte Mauro Ermani lo ha condannato a 12 mesi sospesi per due anni e all'espulsione dalla Svizzera per cinque anni per truffa tentata. Una sentenza scaturita anche da un accordo tra le parti, l’avvocato della difesa Ugo Mantoan e la procuratrice pubblica Chiara Buzzi.
Il modus operandi di questi truffatori pare sempre lo stesso. E anche in questo caso gli autori del raggiro, con base in Polonia, non si sono smentiti: dall'abitazione della ‘mente’, due telefoniste hanno contattato la vittima sul numero fisso di casa. Approfittando della sua fragilità, una delle truffatrici le ha fatto credere di essere la figlia, annunciandole di essere all’ospedale a causa della scoperta di un tumore maligno e che vi era la necessità impellente di 54mila franchi per potersi sottoporre a un’iniezione.
Anche se la base si trova in Polonia, ci precisa la pp Buzzi, «chi chiama parla molto bene l’italiano. Queste bande hanno un forte legame con Novara (Italia) e molti di loro sono cresciuti in quella zona prendendo anche l’accento del Norditalia», non tanto diverso da quello del sud del Ticino. L’altra telefonista, invece, fingendosi il medico, interveniva durante la chiamata a sostegno della tesi fraudolenta. L’86enne, sotto shock e presa dal panico, si è così diretta immediatamente in banca e ha chiesto di prelevare 50mila franchi.
Normale prassi per i criminali fin qui. Ma ancora non avevano fatto i conti con un bancario particolarmente perspicace. Come ci spiega la procuratrice, «la donna aveva un limite di 15mila franchi per il prelievo di contanti dal suo conto bancario. Alla richiesta molto superiore rispetto alla soglia fissata, il funzionario di banca si è allertato rendendosi conto che c’era qualcosa che non andava: di conseguenza ha chiamato il figlio dell’86enne e la polizia». Quest’ultima, prosegue la pp, «giunta nei pressi della casa dell’anziana ha fermato il 35enne ceco mentre era al telefono con il polacco e si dirigeva verso la casa dell’anziana», dove sperava di ritirare la refurtiva. E invece sono scattate le manette ai polsi.
Il processo odierno si è svolto con la forma del rito abbreviato e solo a poche settimane dall’arresto. Questo perché «l’imputato è stato molto collaborativo e ha fornito tutti i nomi del caso – continua la pp –. Un fatto non comune per questi tipi di reati». Durante la sua sentenza il giudice Ermani ha espresso tutto il suo disappunto nei confronti del 35enne, ma ha anche tenuto in considerazione l’aiuto che ha fornito, soprattutto per aver identificato il polacco, la mente della banda.
«La truffa è un reato contro il patrimonio. Questo tipologia è però quella più fastidiosa perché con un comportamento meschino si prendono di mira le persone più deboli – ha rimarcato il giudice –. Quindi è giusto che la risposta dello stato sia ferma. In questo caso però condivido quanto proposto dalla pp perché lei (l’imputato, ndr) ha collaborato fornendo nomi reali e non inventati o alias, come spesso accade in questi contesti. Ora abbiamo informazioni molto utili che difficilmente avremmo ottenuto con facilità».
Grazie alla sua testimonianza, quando verrà processato il 37enne residente in Polonia, le autorità potranno imputargli un caso dimostrato e con i dettagli necessari per identificarlo almeno come correo. Un plauso al bancario lo ha espresso anche il giudice: «Questa truffa non è andata a buon fine perché il funzionario di banca, al quale vanno fatti i complimenti, è stato attento. Grazie a lui, oltre al furto, si è potuto evitare che la anziana subisse degli strascichi che vanno ben al di là del danno patrimoniale».