Da inizio anno a segno 43 truffe del falso nipote. Pene detentive per due imputati che hanno sottratto 192mila franchi a quattro anziani nel Sottoceneri
Sono 43 le truffe del falso nipote riuscite in Ticino quest'anno, per un totale di circa due milioni di franchi sottratti alle vittime. Le cifre, aggiornate a giovedì 23 novembre, sono state illustrate dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo durante il processo che ha portato davanti alle Assise criminali due cittadini italiani condannati per il reato principale di truffa per mestiere (in parte tentata) ai danni di quattro anziani. «La Polizia ha riscontrato una recrudescenza preoccupante delle telefonate shock, meglio note come truffe del falso nipote». Oltre a queste «non si contano le telefonate che giornalmente raggiungono le nostre abitazioni». Nella sua analisi «di questo fenomeno sociale», Lanzillo ha aggiunto che «il metodo utilizzato è ben collaudato e permette di operare con estrema facilità dall'estero e con un'alta possibilità di riuscita». Persone che «hanno fatto dell'arte dell'imbroglio la loro stessa vita». Nella maggior parte dei casi «gli autori sono membri di famiglie rom che vivono in Italia, Germania e Polonia». Lo schema è ormai noto anche alle nostre latitudini: «Ci sono i direttori che decidono le zone d'azione e danno informazioni ai telefonisti che, a loro volta, ricercano le vittime sugli elenchi prestando attenzione ai nomi in auge nel passato. Il collettore si sposta invece nel luogo identificato in attesa di indicazioni più precise». I collettori «sono pedine facilmente sostituibili, alla stessa stregua dei cavallini nei traffici di stupefacenti».
La Corte delle Assise criminali presiedute dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti ha esaminato il caso di due cittadini italiani, un 47enne e un 57enne incensurati in Svizzera, ma con una serie di reati alle spalle in Italia, come detto riconosciuti colpevoli di truffa per mestiere e condannati a 30 e rispettivamente 24 mesi di detenzione interamente da scontare. Entrambi sono stati espulsi dalla Svizzera per sette anni. I fatti risalgono ai primi mesi di quest'anno. I casi inseriti nell'atto d'accusa sono quattro e sono stati commessi nel Mendrisiotto e nel Luganese e il modo di agire è quello ormai noto: un familiare che chiede soldi e gioielli per far fronte a una malattia o alle conseguenze di un incidente. Il 47enne ha partecipato alle quattro truffe, ottenendo denaro e gioielli per un valore denunciato di 192mila franchi e tentando di ottenerne altri 220mila. «Non ho mai parlato con le vittime – ha detto in aula –. Era un'altra persona a farlo: al mio arrivo mi veniva consegnato quanto stabilito e me ne andavo». Le trasferte in Svizzera hanno permesso all'uomo di guadagnare 4mila franchi. Il 57enne ha fatto da autista («perché non ho la patente – ha spiegato l'altro imputato – gli ho dato 400 euro») nelle ultime due occasioni (ottenuti 125mila franchi e 170mila tentati). I due sono stati fermati qualche giorno dopo, mentre stavano entrando in Svizzera. «Sapevamo di dover andare a Zurigo – hanno spiegato alla giudice –. L'indirizzo ci sarebbe stato comunicato durante il viaggio».
Gli imputati sono arrivati in aula sostanzialmente reo confessi. A essere contestate sono state la ricostruzione di un caso e la somma sottratta in un altro: la vittima ha affermato di aver consegnato 110mila franchi al 47enne, mentre quest'ultimo ha raccontato che nella busta ne ha trovati solo 10mila, contati anche dal 57enne mentre stavano rientrando in Italia. Una tesi che non ha convinto la Corte. «Alla linearità delle dichiarazioni dell'accusatore privato e dei suoi familiari si uniscono le informazioni per nulla coerenti dei due imputati che denotano mancanza di credibilità». Tutte le ipotesi dell'atto d'accusa sono quindi state confermate. Quella messa in atto, ha sottolineato la giudice, è stata «un'azione in spregio delle più elementari regole del buon vivere, facendo leva su quello che più conta come la salute di un familiare e sottraendo i risparmi di una vita in pochi minuti». Quella dei due imputati è stata una «totale e riprovevole mancanza di umanità solo per facili guadagni». Nella sua decisione la Corte ha comunque tenuto conto della «collaborazione fornita» nel corso dell'inchiesta.
La procuratrice pubblica ha chiesto condanne da scontare di 36 mesi per il 47enne e di 30 mesi per il 57enne evidenziando un'azione «per scopo di lucro» e sottolineando che i due «eseguivano le istruzioni di chi organizzava le truffe telefoniche. Non erano i referenti – ha precisato Lanzillo – ma la loro funzione non si può banalizzare». Il numero di casi che li ha portati alla sbarra «non è elevato, ma non avevano intenzione di smettere: prova ne è il loro arresto mentre stavano andando a Zurigo».
Per i legali il ruolo dei due imputati è stato quello di «complice e non correo». Nella sua arringa, l'avvocato Enrico Germano ha evidenziato «la collaborazione attiva» fornita dal 57enne, per il quale ha proposto una condanna a 12 mesi sospesi. Il suo «è stato un ruolo delimitato nel tempo e circoscritto». Per l'avvocato Marco Frigerio, legale del 47enne per cui ha proposto una pena contenuta in 24 mesi parzialmente sospesi, queste truffe «sono un fenomeno sociale da combattere anche aggiornando la legge». L'avvocato ha evidenziato il «ruolo secondario: non è lui che ha deciso o ha avuto voce in capitolo su queste operazioni. Il ruolo del mio cliente era quello di ritirare la busta o il sacchetto, portarlo in Italia e avere la sua retribuzione». Per la Corte i due imputati hanno agito in correità. «A essere determinante è la misura del loro agire nell'attività illecita», ha concluso la giudice.