La Giornata sulla salute mentale nella sua edizione numero 75 richiama l'attenzione sui diritti universali in un'era in cui essere ‘estranei’ è una colpa
Ci sono tanti modi di sentirsi ‘stranieri’ in un Paese o nella società. Chi fugge da guerre, fame e da un ambiente diventato ostile conosce bene quel modo di essere percepito. Mai come oggi, del resto, ai nostri confini sud - come alle altre frontiere d'Europa - è cambiato lo sguardo verso chi arriva ‘da fuori’. Ma non serve venire da lontano, però, per essere etichettati come ‘forestieri’ in casa. A ricordarcelo alla vigilia della Giornata mondiale della salute mentale, il prossimo martedì 10 ottobre, quando cadrà il suo settantacinquesimo anniversario, sono l'Organizzazione sociopsichiatrica cantonale e il Servizio di socioterapia Osc, il Centro competenze psicologia applicata della Supsi e il Club ‘74. Non a caso quest'anno ci si focalizzerà sulla salute mentale come diritto universale.
"La malattia, e la malattia mentale in modo particolare – si richiama in una riflessione corale – ha la capacità di rendere stranieri: nella propria casa, nel proprio contesto sociale e a volte perfino a sé stessi". Una lettura che rimanda alla "universale necessità di cura". Un bisogno, si ribadisce, che va riconosciuto a chi varca la soglia di una struttura, ma pure ai loro familiari, agli operatori e a chi accompagna nell'esperienza della malattia. Non solo, rendono attenti il direttore Osc Daniele Intraina, il responsabile del Centro competenze psicologia applicata della Supsi Lorenzo Pezzoli, Mauro Durini e Valentino Garrafa del Servizio di socioterapia Osc e i presidenti del Club ‘74 Rio Tonini e Consuelo Rigamonti, occorre prendersi cura anche "dei pensieri, della vita e della sua qualità, come premessa per accrescere e migliorare il benessere in una società dove nessuno si senta straniero per le condizioni in cui versa".
Chi lavora a stretto contatto con chi soffre di problemi di salute mentale, d'altra parte, lo va ribadendo da tempo: chi ritiene queste problematiche come altro da sé, ma soprattutto come una questione che riguarda gli altri, dimentica che nessuno è immune e tutti sono chiamati a curarsene. E qui si inserisce, appunto, il tema della salute mentale come diritto universale. Che fa appello a ciascuno di noi; e ci esorta, come rendono attenti i nostri interlocutori, a "considerare che non ci può essere nessuno escluso da tale diritto, che nessuno può essere discriminato e reso ’straniero‘ per la propria condizione di salute". Al contrario, si rilancia, "occorrono tempi e spazi di accoglienza dove esercitare inclusione e cura, una cura che non parli solo il linguaggio della tecnica ma anche quello della relazione umana, della presenza, dell’ascolto".
Tempi e spazi, dunque i servizi, richiedono, però anche risorse. Un nodo quest'ultimo non proprio alla Giornata che sarà celebrata il 10 ottobre, ma legato intrinsecamente al settore delle cure sociopsichiatriche. Un passaggio delicato che, esso stesso, interroga oggi la società e la politica. Soprattutto con all'orizzonte risparmi e tagli che appaiono inevitabili e che da anni mobilitano chi opera in quesito ambito.
Tornando alla tematica dell'estraneità’, pure questa, si annota, non è nuova per chi si confronta con la realtà della salute mentale e per chi si rapporta, sul piano professionale, dei legami e del territorio, a coloro che hanno bisogno di un supporto. "Possiamo azzardare un paragone fra chi vive un disagio psichico e sociale e le persone che cercano un destino migliore per sé e i propri figli. Sì, perché essere stranieri è anche ‘parlare’ un altro linguaggio, estraneo ai modi e ai luoghi comuni, sentirsi ed essere fuori dal comune viene vissuto a volte anche come una colpa".
D'altro canto, si tiene ancora a rammentare, "l’esperienza della perdita della propria casa, così come tante persone oggi sperimentano nel mondo per povertà, guerre, privazioni e che vediamo nei flussi migratori che sempre più testimoniano l’attualità di queste realtà, l’esperienza della perdita delle personali sicurezze piuttosto che dei propri punti di riferimento, solleva il tema universale dei diritti, anche (e forse soprattutto) nei momenti di fragilità e vulnerabilità a cui la vita espone".
E allora a volte bisogna scendere in piazza per mostrare l'orgoglio delle diversità. Il Club ’74 di Mendrisio, assieme ad altre associazioni, lo ha fatto la prima volta l'anno scorso a Berna partecipando in nome del Ticino e con una folta rappresentanza al Mad Pride. Una manifestazione nata a Toronto nel 1993 proprio per dare una risposta ai pregiudizi e alla discriminazione nei confronti delle persone affette da malattie mentali. E questo sabato si replicherà, questa volta a Losanna. Per l'edizione 2023, come ci spiega Valentino Garrafa, oltre a prendere parte al corteo, il Club sarà presente con la Compapgnia teatrale e lo spettacolo ‘Orbite’, firmato alla regia da Diego Willy Corna.