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Urban Art Chiasso: ‘È stato scritto un pezzetto di storia’

Queste le parole del capodicastero Davide Lurati a commento della prima edizione. A raccontarci l’ultima opera è invece l’artista Atentamente una Fresa

L’intervistata con alle spalle ‘Ventanas abiertas’
(Ti-Press)
9 ottobre 2023
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Atentamente una Fresa, è questa la firma che compare sull’ultimo murales della manifestazione Urban Art Chiasso. È il nome d’arte dell’artista messicana che ha donato forme e colori alla parete dell’Acquedotto Pra’ Tiro con l’opera il cui titolo riprende l’immagine principale: ‘Ventanas abiertas’ (finestre aperte). E per poterne capire il messaggio, ci siamo affacciati al mondo dell’artista, chiedendole direttamente cosa si cela dietro alla sua creazione surrealista pop.

‘Un dialogo tra culture’

«Il titolo, come l’opera, è andato costruendosi pian piano. La finestra è diventata la parte centrale del murales e così ho scelto di intitolarlo ‘Ventanas abiertas’. Attraverso quest’immagine ho cercato di cogliere gli aspetti caratteristici di questa cittadina di confine che appartenessero a entrambe le culture: svizzera e italiana. La finestra simboleggia apertura. Verso il futuro, verso nuove possibilità, verso uno scambio. È un dialogo tra le due realtà». Ad ogni modo «è stato uno sforzo congiunto tra gli artisti, Art Trust e gli organizzatori di Urban Art. Sono loro ad avermi parlato dell’importanza di questa cittadina. Sono loro ad avermi raccontato come vive la gente del posto». Attraverso i loro racconti e il soggiorno in città «ho capito che Chiasso è un confine controllato, ma di mentalità aperta. Alcuni lavorano da una parte e vivono dall’altra e viceversa. Mi ha molto coinvolta il fatto che è un posto in cui convergono più culture». Ma nel murales, oltre alla finestra c’è di più. «Ho creato anche un personaggio a due facce, due maschere con colori distinti. Nonostante ci siano diversi tratti distintivi della cultura messicana – che è dove entra in gioco la mia identità – questo personaggio non appartiene a nessuna cultura in particolare. Dalla finestra esce poi una terza maschera che rappresenta l’unione tra la cultura svizzera e italiana: insomma, una nuova identità che nasce dall’essere aperti verso nuove opportunità, nuovi modi di pensare. È un discorso di inclusione». Sì, perché per la giovane artista uno dei temi cardine è proprio ciò che quel termine racchiude in sé: vicinanza, accoglienza e condivisione.

Inoltre, ci spiega, «cerco sempre di dare una connotazione neutra alle mie opere. Non voglio essere invasiva, perché mi piace che le persone, a prescindere dall’età, dall’ideologia, dal sesso, non si sentano attaccate o a disagio a causa della mia arte». Secondo Atentamente una Fresa, «c’è sicuramente un aspetto proprio della street art che è quello di provocare riflessioni e generare consapevolezza». Lo dimostrano le opere politico-sociali di Banksy per esempio. «Comunqe affrontare certi temi può essere rischioso, ecco perché cerco di operare sempre nella legalità. Lo faccio perché mi piace condividere senza mettere in pericolo la mia vita o quella di qualcun altro. Mi piace che le persone mi si avvicinino e che ci sia uno scambio costruttivo di pensieri. È importante per me capire le opinioni della gente, cosa provano, che impatto ha su di loro l’arte».

Scambio e dialogo che a Chiasso non è mancato. A rimanere impressi nella memoria dell’artista sono anche gli anziani della cittadina. «La verità è che sono rimasta molto affascinata dal fatto che le persone anziane hanno una grande apertura che seminano per le generazioni future. Molte persone si sono avvicinate a me per parlare, confrontarsi, raccontarsi. Ho potuto notare che sono tutti in armonia gli uni con gli altri e che c’è molto rispetto». Ma ad aver caratterizzato l’esperienza di Atentamente una Fresa sono stati anche i più piccoli. «Accanto al punto in cui dipingevo, c’erano moltissimi ragazzini di diverse età e di diverse culture che si riunivano a giocare. Ciò che mi ha fatto riflettere è il modo in cui abbattevano ogni barriera attraverso il gioco». C’è un altro scambio «che ho trovato arricchente: quello con gli altri artisti. Ho cercato di trovare anche ispirazione dai loro lavori. Ognuno ha saputo rappresentare il concetto di confine e identità urbana con il proprio stile. Trovo che tutti i murales abbiano una coerenza».

Per l’artista messicana quest’occasione è stata una prima. «Non ho mai avuto l’opportunità di dipingere in un confine come questo prima d’ora. L’ho fatto in Messico, per un progetto tra messicani e statunitensi, sul confine tra Tijuana e San Diego. Ma i confini lì sono estremamente diversi, sono un luogo di conflitto. Non ho mai conosciuto un confine così unito, né un rapporto così stretto tra due Paesi la cui coesistenza è così bella: è un esempio per il mondo avere buona relazioni diplomatiche, culturali e familiari. Quindi anche se cerco sempre di parlare di inclusione, in quest’esperienza ho potuto farlo come mai prima». Svuotati dunque i barattoli di pittura, qualcos’altro si è riempito: «Ho salutato Chiasso con il cuore completamente colmo».

Il bilancio

‘Un successo supportato dalle cifre’

«È stato un successo. Lo dimostrano le cifre e lo dimostra la visibilità che quest’iniziativa ha portato per la nostra città». È sulla linea di queste parole che Davide Lurati, capodicastero Sport e tempo libero traccia il bilancio della prima edizione di Chiasso Urban Art, una manifestazione dedicata all’arte urbana che ha dato vita alla mostra ‘From Tag to Art. Dai graffiti all’artivismo di Banksy... e oltre’ allo Spazio Officina e che ha lasciato alla cittadina opere murali che riflettono sul concetto di ‘confine e identità urbana’. Tre oltre ad Atentamente una Fresa gli artisti che si sono impegnati nel dipingere alcune pareti di Chiasso: Truly Design, in vicolo dei Calvi; Mona Caron, in via degli Albrici e Sir Taki, in via Odescalchi. Artisti (di casa e internazionali) che, secondo il capodicastero, hanno potuto lasciare, come Carlo Basilico sulla facciata del Cinema Teatro, «un segno (quasi) indelebile sui muri della nostra cittadina». Ed è «questa la parte emozionante. Con tutta umiltà, magari un pezzetto di storia per i prossimi decenni è stato scritto». Motivo per cui, oltre al successo riscontrato dalla mostra, «Urban Art Chiasso è in prospettiva: non vogliamo fermarci a un’unica edizione. L’anno prossimo cercheremo ancora due o tre spazi, magari anche con un significato particolare, così da poter dare continuità a questa bella iniziativa». Infine, ci dice, «possiamo affermare che abbiamo lanciato un messaggio che è stato colto e accolto sia dagli artisti sia dalla popolazione che si è mostrata curiosa e interessata».

Nel mese di apertura infatti, ci segnala Lurati, «ci sono stati circa 1’500 visitatori alla mostra, 70 al giorno più una trentina di visite guidate tra scuole, partner privati e cittadini». Inoltre, «il lavoro di Mona Caron per esempio è stato ripreso da dei droni e il video, una volta pubblicato, ha ottenuto oltre 70mila visualizzazioni». Il comune «si è poi confermato, per certi versi, all’avanguardia nel documentare e dare testimonianze di settori di nicchia». «Inizialmente era un evento non facile da inserire nel programma già stabilito dello Spazio Officina, però il Municipio di Chiasso, e in particolare i dicasteri di cultura e tempo libero, ha intravisto un’opportunità. Quindi abbiamo un po’ insistito affinché si riuscisse a creare questa sinergia tra i murales esterni e la mostra. L’ideatrice – prosegue – è Francesca Cola Colombo, responsabile della promozione e del marketing del Comune. Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice dello Spazio Officine e Patrizia Cattano Moresi direttrice di Art Trust hanno invece identificato i muri e gli artisti dei murales. C’è stata una grande collaborazione».