In occasione della festa nazionale svizzera il Municipio ha dato la parola a Luisa Lambertini, che ha raccontato cosa apprezza e ammira del nostro Paese
Sulle note della Civica filarmonica di Mendrisio, il Municipio ha accolto l’ospite d'onore di quest’edizione del primo d’agosto: la rettrice dell’Università della Svizzera italiana, la professoressa Luisa Lambertini. L’intrattenimento ricreativo e culinario è stato garantito dalla Società benefica Risotto Urano.
Ma lasciamo spazio all’allocuzione di Lambertini, che ha raccontato quali sono i valori tipicamente svizzeri che ha imparato a conoscere e apprezzare in questi anni. Valore della coesione, approccio democratico alle decisioni e qualità, questi alcune delle caratteristiche che la rettrice dell’Usi ha voluto raccontare in occasione della festa nazionale svizzera.
Dopo una vita da «accademica giramondo», come lei stessa si è definita, Lambertini da Bologna è passata all'Inghilterra, poi a Boston, Berkeley e Los Angeles. Luogo dal quale ha deciso di intraprendere la sua nuova avventura professionale in Svizzera, un paese che conosceva poco. Oggi, ha raccontato, «so di aver fatto la scelta giusta soprattutto perché ho imparato ad amare molto questo Paese, ho capito di condividere i suoi valori di fondo e dal primo luglio, in qualità di Rettrice dell’Università della Svizzera italiana, mi impegnerò a fondo per avere un impatto positivo sia sull’ateneo, sia sul territorio che lo ospita e lo sostiene».
Ma quali sono quei valori tipicamente svizzeri che ha imparato a conoscere e ad apprezzare in questi anni? Innanzitutto, «sottolineo il valore della coesione. Mi ha sempre stupito e affascinato il concetto tedesco di “Willensnation”, quasi intraducibile in italiano, che letteralmente significa ‘nazione che si basa sulla volontà’». La Svizzera «non si basa su confini naturali, geografici, né tanto meno linguistici o culturali. Per qualcuno che come me arriva da un’esperienza internazionale è stupefacente e motivo di ammirazione: in questo Paese si è deciso che è più importante cosa accomuna gli uni agli altri, nonostante in mezzo ci siano addirittura le Alpi e quattro diverse lingue nazionali». A unirci «sono la volontà e i forti principi democratici. Trovo bellissima questa determinazione nello stare insieme, nell’essere coesi e di riconoscersi nell’altro. È qualcosa che mi affascina e che mi ispira anche per ciò che concerne il mio ideale di comunità universitaria, che deve saper restare unita nelle differenze e deve saper valorizzare le diversità per poter perseguire il progresso e gli obiettivi comuni che si pone a favore della società».
Un altro valore tipicamente elvetico, «che condivido, è quello di un approccio democratico alle decisioni, in cui la Svizzera è esemplare grazie alla sua democrazia diretta. Da economista, ritengo che un processo decisionale condiviso sia semplicemente migliore di uno calato dall’alto. Porta frutti migliori».
Un terzo valore tipico «è quello della qualità. È questa reputazione di eccellenza a livello internazionale, soprattutto in ambito scientifico, che 20 anni fa ha attratto me e mio marito all’EPFL. Questo approccio caratterizzerà anche il mio lavoro qui in Ticino. Desidero infatti dare il mio contributo all’Università della Svizzera italiana, e più largamente al territorio che la ospita, nel modo più qualificato possibile. Finora mi sono rimboccata le maniche cercando soprattutto di capire quali sono i punti di forza e quelli più deboli dell’Usi, di conoscere i colleghi e il personale amministrativo, e di capire quali sono le sfide del territorio, perché le università devono anche intraprendere quelle attività che sono rilevanti per la regione in cui vivono». Dai valori «che ci accomunano, passiamo agli obiettivi che possiamo porci».
Dopo «le tre Facoltà iniziali del 1996 – Architettura, Comunicazione e Economia – negli ultimi anni sono nati il polo della biomedicina e la Facoltà di scienze informatiche, che hanno creato una serie di attività collegate e di startup, con ricadute su tutta la società e tutti i settori economici. Siamo anche alla vigilia di nuove rivoluzioni dettate dai sistemi di intelligenza artificiale. Anche in questo settore in Ticino siamo all’avanguardia». L’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale 3 Usi-Supsi, motore della ricerca sull’intelligenza artificiale in Ticino, «è un centro d’eccellenza riconosciuto a livello nazionale e internazionale da ben 35 anni. In Ticino si trova anche il Centro svizzero di calcolo scientifico Cscs».
Su questa «ottima base, in collaborazione tra università, imprenditori, Cantone e realtà in esso esistenti, dovremo saper identificare i progetti più promettenti ai quali i nostri ricercatori dovranno partecipare e contribuire. In estrema sintesi, credo che il modo migliore per riuscirci sia di creare condizioni favorevoli affinché chi ha conoscenze e competenze di alto livello – dal Ticino, dal resto della Svizzera e dall’estero – possa metterle in pratica sul nostro territorio».
Le realtà accademiche e di ricerca si sono sempre più affermate internazionalmente e viene anche sempre più riconosciuto il loro ruolo, cruciale, nel plasmare il futuro del territorio. Il governo ticinese adotta misure volte a promuovere l'innovazione e l'imprenditorialità. È notizia di qualche settimana fa che il Governo ticinese per il periodo 2024-2027 ha rinnovato l’impegno finanziario con 60 milioni di franchi a favore dell’innovazione e della politica economica regionale. Le interazioni tra imprese, accademici e investitori si fanno sempre più fruttuose e lo saranno ancora di più grazie al Parco dell’innovazione e ai centri di competenza presenti sul territorio.
«Riassumo quanto detto finora in una sorta di ‘patto’ tra mondo accademico e territorio, ossia: se riusciremo a non dimenticare i valori tipicamente svizzeri che ho ricordato prima – la coesione, l’approccio democratico alle scelte e la qualità – e se resteremo aperti al mondo che ci circonda favorendo l’arrivo di imprenditorialità innovativa, allora potremo regalare un futuro positivo a questo territorio e alle generazioni che seguiranno».
La rettrice dell’Usi ha concluso con un ringraziamento particolare alla regione del Mendrisiotto, che ha fin subito creduto alla bontà del progetto universitario. Appena arrivata all’Usi «mi sono chiesta perché l’Accademia di architettura fosse stata ubicata a Mendrisio e non a Lugano, insieme alle altre Facoltà. Una scelta molto peculiare che ha poi contribuito a definire la crescita multipolare del sistema universitario ticinese, con Bellinzona che si sarebbe aggiunta di lì a poco. Ho trovato risposta – ha indicato Lambertini – in un recente volume di Montorfani e Baranzini che ripercorre la storia dall’ateneo. Cito: “Nel 1993 Mario Botta esaminava nel dettaglio alcune sedi sparse sul territorio cantonale [...] Dal punto di vista strettamente logistico la soluzione di Palazzo Turconi non svettava sopra le altre [...] Se questa divenne la casa della nuova scuola si dovette a diverse ragioni: dalla vicinanza al confine con l’Italia, alla pronta e generosa disponibilità del Comune di Mendrisio, cui si aggiungevano i valori simbolici ed estetici dell’edificio neoclassico disegnato dall’architetto Fontana”».
Botta «ha quindi scelto Mendrisio per la sua apertura, la generosità della sua gente, la sua storia e la sua bellezza: caratteristiche che contraddistinguono il Mendrisiotto e che ne fanno la sede ideale per una scuola che in soli 26 anni si è guadagnata un ruolo di primo piano nel panorama internazionale, portando il mondo a Mendrisio – con oltre 800 studentesse e studenti che scelgono di studiare qui ogni anno – e il nome di Mendrisio nel mondo».