L'ateneo di Lugano nell'anno accademico in corso è primo a livello svizzero per numero di studenti ticinesi iscritti. Cantoni: ‘Una scommessa vinta’.
Non il Politecnico federale di Zurigo, e nemmeno l'Università di Friborgo. L'ateneo svizzero con il maggior numero di studenti ticinesi iscritti è – per la prima volta – l'Università della Svizzera italiana. «Si tratta della conclusione di un processo importante», ha spiegato il Prorettore vicario Lorenzo Cantoni alla vigilia del 27° Dies Academicus dell'Usi, l'appuntamento annuale per fare un bilancio tra passato e futuro dell'ateneo, che quest'anno sarà incentrato sul rapporto fra cultura e università. Querllo che sta per concludersi è stato anno “di transizione” dal punto di vista amministrativo – iniziato con l’addio 12 mesi fa del rettore Boas Erez e che si concluderà a luglio con l'entrata in carica della sua sostituta, Luisa Lambertini – e che ha visto anche un ulteriore aumento studenti. Di questi aspetti e del ruolo di un'università internazionale sul territorio ticinese ne abbiamo parlato con il Prorettore vicario, che a breve lascerà il suo incarico di traghettatore alla testa del?università della Svizzera italiana.
Professor Cantoni, l’Usi è diventato nell’anno accademico in corso – per la prima volta – l’ateneo svizzero con il più alto numero di studenti ticinesi, superando anche il Politecnico federale di Zurigo e l’Università di Friborgo. Questo cosa significa?
Che i ticinesi vedono l’Università della Svizzera italiana come un’offerta di qualità, la sentono come la loro università. Possiamo quindi dire, a 27 anni dalla fondazione dell’Usi, che si è completato un processo importante. L’ateneo ticinese è ora il più scelto dai ticinesi. È giusto che sia servito del tempo per acquisire la fiducia della popolazione e allo stesso momento è la dimostrazione che la scommessa di un’università a sud della Alpi è stata vinta. Anche perché, è utile ricordarlo, c’era anche chi era legittimamente scettico.
A luglio, con l’entrata in carica di Luisa Lambertini in qualità di Rettrice, si completerà anche un processo di rinnovamento ai vertici dell’Università…
Abbiamo vissuto un anno in qualche modo di transizione. In parte già completata ad aprile con la nomina del nuovo direttore operativo, Marvin Blumer, che ha preso il posto del Comitato di transizione. L’ateneo negli anni è cresciuto e si era reso necessario un aggiornamento anche dal punto di vista dell’organigramma.
Anno di transizione che ha rallentato la crescita dell’Usi e lo sviluppo di nuovi progetti?
Non direi. L’ateneo ha continuato a funzionare, non solo a “velocità di crociera”, ma c’è stata addirittura un’accelerazione. È aumentato il numero di studenti, che ha raggiunto un nuovo record con 4’116 iscritti fra bachelor, master e dottorato. Sono cresciuti in modo importante i debuttanti, ovvero gli studenti al primo anno, e questo avrà un effetto onda anche sugli anni futuri. Per quanto riguarda i progetti, l’unico ambito ‘sospeso’ sono state le nuove nomine. È una delle attività maggiormente strategiche per un’università e ritengo giusto che a occuparsene sia la futura Rettrice.
L’Usi è al primo posto fra le università svizzere per quanto riguarda il tasso di studenti internazionali. Il motivo è dovuto alla vicinanza con l’Italia?
Non esclusivamente. Essendo un ateneo italofono non distante dal confine è normale che un certo interesse arrivi dall’Italia, come accade anche ad altre università svizzere rispetto a Francia e Germania. Per noi è un buon segnale, vuol dire che siamo concorrenziali con la Lombardia che ha ottime Università. A livello di master il pubblico è invece decisamente più internazionale: abbiamo studenti da oltre 100 nazioni, dall’Afghanistan allo Zimbabwe. In questo ambito va anche considerato l’elemento dei doppi diplomi (double- e joint-degrees) con università non elvetiche, come la Sorbona di Parigi, e questo attira molto. L’internazionalità, inoltre, non è solo legata al passaporto degli studenti.
In che modo?
Movetia – l’agenzia nazionale svizzera per gli scambi e la mobilità – mette l’Usi al primo posto per quanto riguarda l’indice d’internazionalizzazione. Per il suo calcolo rientrano anche la provenienza dei docenti, i programmi di studi, le collaborazioni in ambito di ricerca e un approccio strategico all’internazionalizzazione. Viene quindi a cadere la critica secondo cui saremmo i più internazionali solo perché vicini all’Italia e con molti studenti italiani.
Ma tutta questa “internazionalità”, espressa nei numeri e rivendicata dall’ateneo, non rischia di rendere più difficile la comunicazione con il territorio e la società, tra le missioni di un’università insieme a insegnamento e ricerca?
È un rischio, certo, ma che dobbiamo assolutamente evitare. Le università sono fin dalla loro origine nate come organizzazioni internazionali. Un ateneo non deve però nascondersi dietro alla sua internazionalità per non dialogare con il territorio, correndo quindi il rischio di porsi con distacco o addirittura con arroganza. Anzi, deve essere proprio l’arrivo di persone da fuori a stimolare il contatto con il territorio e la sua valorizzazione. Certo non dobbiamo solo ascoltare e rispondere alle richieste locali, impegnandoci solo per formare persone impiegabili nel contesto economico ticinese. Un esempio: lo scorso anno avevamo 34 studenti nel Master in Digital Fashion Communication. Naturalmente i più non resteranno qui a lavorare, ma l’opportunità per il territorio è di avere a disposizione talenti da tutto il mondo, da trattenere se e quando opportuno. In ogni caso saranno professionisti che porteranno nel cuore la Svizzera e il Ticino, con cui vorranno collaborare, anche in futuro.
Sempre parlando di giovani e lavoro. Il 96% dei laureati all’Usi un anno dopo l’ottenimento del diploma ha trovato un impiego. Dimostrazione che la storia “se vai a studiare in Svizzera interna troverai più facilmente lavoro” è falsa?
Questo dato è in linea con gli altri atenei elvetici. Ovviamente sappiamo che c’è un delta nei salari tra il Ticino e il resto della Svizzera, ma questo non dipende dalla formazione. Se un ticinese che ha studiato a Zurigo viene assunto qui per la prima volta non guadagnerà più di un giovane che ha fatto l’Università a sud delle Alpi. È un fattore che dipende dal tessuto economico.
Posizionamenti nelle classifiche che comparano i vari atenei: l’Usi negli ultimi anni ha avuto sempre buoni “piazzamenti”. Ma qual è il risvolto pratico di questi ranking?
Siamo naturalmente contenti di avere un buon piazzamento negli ultimi anni, ma sappiamo che rappresentare un’intera università con un numero è però un esercizio molto difficile. Il risvolto pratico è proprio l’attrattività internazionale: se un ticinese o uno svizzero vuole avere informazioni sull’Usi ha tanti strumenti, dalle conoscenze personali a servizi di orientamento. A livello internazionale è invece più difficile e i ranking diventano un elemento importante nell’orientare la scelta di un’università.